Cats Between art, media, meme and AI. Una mostra per comprendere il gatto oggi
A Trento fino al 12 dicembre la mostra "Cats Between art, media, meme and AI" ci espone l'importanza che ha il gatto nell'immaginario umano.

A Trento fino al 12 dicembre la mostra "Cats Between art, media, meme and AI" ci espone l'importanza che ha il gatto nell'immaginario umano.

«Essere gatto si può dire in molti modi» scrive Marchesini nel suo testo L’identità del gatto.
Magico quanto malefico, amato quanto odiato, ricercato e scacciato, mai a un animale è stato conferito così tanto valore simbolico e narrativo dall’uomo. Questa immagine mitica legata alla figura del gatto si è tradotta, nella nostra epoca, nella più triste banalizzazione: grassi, rinchiusi in appartamenti e messi nella condizione di non poter esprimere la loro “gattitudine”: quella dimensione che sta in mezzo tra essere a tutti gli effetti un animale selvatico che tuttavia sceglie di condividere una dimensione sociale con l’animale umano.
La “gattitudine” viene intesa dall’etologo Roberto Marchesini come sensazione in grado di produrre delle particolarissime rappresentazioni mentali. Dire che il gatto sente il mondo non è affatto un’esagerazione: ogni parte del corpo è votata a misurare la realtà in ogni suo piccolo aspetto, sismografo del mondo è in grado di coglierne ogni minimo aspetto metamorfico.
Il felino è un enigmista che racchiude nella sua dimensione d’essere le qualità del solista, di colui che attraverso il suo ingegno e a causa di esso può annodare e snodare la sua tela d’interesse nei confronti del mondo, risolvere situazioni enigmatiche, ma al contempo ficcarsi dentro a guai insormontabili. Nonostante la sua vocazione da solista egli è in grado di intraprendere dei momenti conviviali con l’essere umano di grande qualità; Marchesini lo paragona a un amico che ha piacere di rilassarsi con te, senza pretendere in cambio nulla se non la sua libertà.
Proprio una mostra dal titolo Cats Between art, media, meme and AI presso la Meow Factor in Via San Martino, 52 a Trento, attraverso le immagini esposte ci parla dei molteplici modi di essere gatto, dalla sacralità delle icone feline alle gif virali contemporanee e di come il gatto sia, oggi più che mai, una figura centrale nell’immaginario collettivo. Questa mostra esplora come il felino, attraverso arte, media e intelligenza artificiale, sia divenuto catalizzatore di nuove estetiche, pratiche partecipative e riflessioni postumane.

Al piano superiore, la mostra presenta opere che mettono in dialogo la raffigurazione felina con opere d’arte e i linguaggi visivi della comunicazione contemporanea. Dai riferimenti a Hello Kitty o ai flash meme cat, i gatti vengono indagati come icone fluide e intermediali, capaci di connettere l’alto e il basso della cultura visiva globale. Al piano inferiore, una sezione multimediale propone una serie di video generati da software di intelligenza artificiale, in cui i gatti sono ricreati, modificati e immaginati secondo nuove logiche algoritmiche.
L’esposizione abbraccia una prospettiva antispecista e postumana: attraverso opere, esperienze e pensiero critico, invita a considerare il gatto non solo come oggetto d’affetto o simbolo culturale, ma come soggetto co-esistente, partner sensibile e figura di dissenso. Seguendo il pensiero di Donna Haraway, Jacques Derrida e altri, si propone una lettura del gatto come “companion species”, capace di sfidare le gerarchie tra umano, animale e macchina.

Sono andata ad incontrare il curatore, Carlo Chiusi, per fargli alcune domande.
Come si è generato in te il desiderio di dedicare una mostra ai gatti?
Fin da quando ero bambino, il gatto è sempre stato l’animale a me più vicino. Il primo che ricordo è Ciocorì, il gatto della mia bisnonna, a cui ero molto legato. Da allora, il gatto è rimasto una presenza costante nei miei immaginari, prima infantili e poi adolescenziali: dai cartoni animati ai film, dai fumetti ai meme, è sempre stato lì, in varie forme e linguaggi.
L’idea di farne una mostra è nata più recentemente, in un periodo tra la primavera e l’inverno del 2025, quando un fenomeno di AI art generativa chiamato MeowMeowAIart ha praticamente preso il controllo del mio algoritmo su Instagram. Mi trovavo costantemente di fronte a questi video di gatti antropomorfi che vivevano in una sorta di realtà parallela alla nostra, dove dinamiche sociali e culturali venivano esasperate e reinterpretate in chiave felina-digitale.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere su quanto il “cat content” sia diventato un linguaggio a sé stante, capace di attraversare media, estetiche e tecnologie. Da lì è nata la voglia di costruire una mostra che esplorasse proprio questi immaginari: il gatto come figura centrale nell’arte contemporanea, nei meme, nella media art e nei fenomeni legati all’intelligenza artificiale. Una mostra che avesse il gatto non solo come soggetto, ma come vero e proprio protagonista.
La seconda che vorrei porti è che valore simbolico ha per te oggi il gatto? Cosa richiama? Chi è per te il gatto?
Oggi il gatto rappresenta per me una molteplicità di valori e significati. È legato alla quotidianità, alla pigrizia, al benessere, alla dimensione domestica. Abita e contamina gli spazi della casa, ma anche quelli digitali: è una creatura adattiva, capace di trasformarsi e di muoversi con naturalezza tra ambienti fisici e virtuali.
Il gatto è multiforme, attraversa linguaggi e codici: esistono perfino stringhe nei software che lo richiamano. Le sue immagini sono state usate per la propaganda, per la protesta, e allo stesso tempo i gatti sono noti per i loro effetti benefici sulla salute mentale e fisica. Sono simboli culturali, strumenti espressivi, e in certi casi veri e propri status.
Con questa mostra voglio esplorare proprio questa stratificazione di significati: il gatto come figura che attraversa arte, cultura, media e tecnologia. L’obiettivo è anche quello di offrire ai visitatori uno spazio aperto, in cui possano sviluppare una propria visione generativa del gatto. Una mostra in divenire, proprio come gli immaginari felini: sempre in trasformazione ed in espansione.
Direi che è proprio il caso di recarci a Trento per non perderci questa interessantissima mostra!
