Mentre nel mondo emergono avvisaglie concrete dell’arrivo di una importante crisi economica che, dalla Silicon Valley, si sta avvicinando a noi, mentre Russia e Ucraina sono ancora in guerra, in Italia quale sembra la priorità numero uno? La trascrizione dei certificati di nascita dei figli delle Famiglie Arcobaleno.

Il video di Saverio Tommasi sulle Famiglie Arcobaleno

E’ da 15 giorni che non si parla d’altro e ogni trasmissione televisiva ha al suo interno un momento in cui fazioni opposte, più o meno sguaiatamente, si contrappongono.

Ma cosa è successo? Con una circolare della prefettura, emessa per iniziativa del ministero dell’Interno, il governo ha richiesto al comune di Milano di interrompere il riconoscimento delle cosiddette famiglie arcobaleno, tramite trascrizione dei certificati di nascita esteri o tramite diretta registrazione con entrambi i genitori se i bambini sono nati in Italia.

In contemporanea la commissione Politiche europee del Senato ha bocciato la proposta di regolamento UE che prevede il certificato europeo unico di filiazione, in modo da consentire a ogni bambino di avere riconosciuti i propri genitori in maniera univoca in tutti i Paesi dell’UE.

Sabato 18 marzo scorso, a Milano, Famiglie Arcobaleno, con il supporto di Arcigay Milano e Sentinelli, ha radunato oltre 10.000 persone, guidate da rappresentanti della politica con in testa Elly Schlein e Giuseppe Conte, della cultura e dello spettacolo.

Una nuova piazza è convocata per oggi, domenica 26 a Roma in piazza Santi Apostoli alle ore 16. E nel frattempo è stata lanciata la petizione #DisObbediamo che si rivolge proprio ai sindaci e alle sindache per chiedere di sostenere le famiglie omogenitoriali riconoscendo ai loro figli e figlie la piena identità familiare.

Famiglie Arcobaleno ha anche depositato in Parlamento una proposta di legge che propone di regolamentare la vita familiare delle coppie formate da persone dello stesso sesso e lo stato giuridico dei figli, nonché prevedere l’accesso all’adozione e alla procreazione medicalmente assistita.

Ma quale è l’argomento principale che i rappresentanti della maggioranza di governo stanno in questi giorni portando a supporto delle loro azioni? La maternità surrogata, ovvero la pratica, svolta in alcuni Paesi in modo etico e regolamentato severamente, in altri con modalità non etica e possibilità di sfruttamento della donna, con cui coppie sterili riescono a diventare famiglie grazie alla collaborazione con una donna che si offre di ospitare per 9 mesi l’embrione concepito dalla coppia (a volte con gameti di donatori e donatrici) e aiutarlo a trasformarsi da embrione a bambino.

Si parla di questo in televisione, nei giornali, nel furioso e infuriato dibattito ideologico che regna sovrano, dove chiunque si sente in dovere di parlare, intervenire.

Perché non si parla di altro? Perché le mamme lesbiche che non ricorrono, quindi, alla maternità surrogata, sono invisibili in questo dibattito laddove sono la stragrande maggioranza delle coppie omogenitoriali a cui, in questi giorni, vengono negati o tolti diritti?

Ho una mia opinione precisa.

Se il problema fosse realmente quello della maternità surrogata, si risolverebbe facilmente introducendo il matrimonio egualitario, adozioni comprese per le coppie dello stesso sesso. Questo taglierebbe la testa al toro.

Ma ho la netta impressione che in realtà a nessuno importi più di tanto della surrogacy. Ai più interessa negare che i partner di una coppia gay o lesbica possano voler diventare genitori. Questo crea un disgusto immotivato che solo Martha Nussbaum ha saputo spiegare bene.

La surrogacy esiste perché la praticano le coppie etero (il 95% delle surrogacy) che, tra l’altro, possono andare a praticarla anche in Paesi dubbi (India, Ucraina, …) dove è proibito alle coppie dello stesso sesso. Ma, guarda caso, i provvedimenti presi dal governo non vogliono trattare questo tema, ma negare la registrazione all’anagrafe di un bambino con due papà o due mamme.

Meglio che sia figlio di un genitore solo, con meno tutela, piuttosto che sia macchiato della “vergogna” di essere registrato con i due genitori che lo hanno desiderato e voluto. Tra l’altro, la circolare del ministero non e’ applicata solo alle coppie di papà ma anche a quelle di mamme che, sempre guarda caso, non accedono alla surrogacy e sono la maggioranza delle famiglie omogenitoriali.

La grande ipocrisia di Stato sulla GPA


L’associazione Famiglie Arcobaleno chiede allora a sindaci e sindache di fare obiezione di coscienza in nome della giustizia sociale: pronta la legge in Parlamento.

Ma seguiamo l’onda e rimaniamo un secondo sul tema della gestazione per altri (GPA). Io e mio marito abbiamo 3 figli che sono nati in Canada proprio con la GPA, o Embryo Sitting, come viene chiamata spesso in Nord America. Quindi posso dire di avere una certa competenza esistenziale sul tema.

E mi sembra paradossale che in Italia si parli di questo tema senza che chi ne parla (provate a chiedere in giro) abbia mai neanche sfogliato una delle leggi in vigore nei Paesi in cui la GPA è regolamentata seriamente, come il Canada che ha pubblicato l’Assisted Human Reproduction Act. Le cose che si leggono e si sentono in giro, infatti, sono spesso lontane anni luce da cosa avviene.

Cerco di fare un minimo di chiarezza. In Canada il processo è complesso, lungo e interamente tracciato. Le coppie che desiderano diventare genitori devono passare per un assessment piuttosto complesso, che indaga la salute psichiatrica e le motivazioni reali. Superato questo assessment, simile a quello che si potrebbe passare per un’adozione internazionale, ci si può recare in una clinica (ah, per i canadesi sarebbe gratuito ma per gli stranieri a pagamento) dove possono depositare i loro gameti.

Dai loro gameti (eventualmente con l’ausilio di gameti di donatori o donatrici anonimi se uno o entrambi i partner sono sterili) vegono creati gli embrioni che quindi passano ad essere crioconservati.

Rimarrebbero embrioni per sempre se, ad un certo punto, come previsto dalla legge canadese, una donna non contatti la coppia per proporsi come gestante volontaria in una scelta altruistica. Per la legge canadese, questa donna deve essere già madre con figli suoi, essere indipendente finanziariamente e aver anch’essa superato un assessment psichiatrico e motivazionale.

Qui potete ascoltare dalla viva voce di una donna canadese la sua esperienza: https://www.instagram.com/reel/CqGTpI5JK94/?utm_source=ig_web_copy_link

La testimonianza di Rachel, donna canadese, gestante per altri

Chi avrà la fortuna e il piacere di incontrare una di queste donne vedrà immediatamente che l’esperienza di gravidanza per altri è da loro percepita nettamente distinta da quella di maternità. Si sentono alla fine complici di bambini che aiutano a venire al mondo. Sono donne che agiscono in libertà e sanno decidere perfettamente cosa è giusto o non è giusto per loro.

L’embrione viene quindi custodito dalla donna per 9 mesi e solo così riesce a passare dallo stato di embrione a quello di bambino. In pratica tutto questo clamore, che evoca “bambini strappati alla mamma”, è attinente a bambini che, senza questa tecnica ben regolamentata, rimarrebbero embrioni per sempre e non nascerebbero mai.

Alla fine della gravidanza il bambino viene affidato ai genitori intenzionali e si procede con il test del DNA che deve dimostrare che non esiste legame genetico tra il bambino e la gestante ma che esiste invece tra il bambino e almeno uno dei genitori intenzionali.

Non tutti i Paesi dove è possibile la GPA hanno un approccio etico. Molti dubbi vengono pensando al meccanismo un po’ frammentato con cui viene praticata ad esempio in India o Ucraina, paesi dove, tra l’altro, possono recarsi solo coppie etero. E, infatti, l’approccio corretto sarebbe distinguere tra GPA etica e non etica e fare muro compatto nel combattere la GPA non etica. Anzi, come ricordavo all’inizio dell’articolo, fare muro compatto per il matrimonio egualitario.

Ma torniamo a Milano, alla circolare del Ministero, alla bocciatura del provvedimento UE. Quando si avrà il coraggio di dire che sono le famiglie omogenitoriali, di qualunque tipo, il problema? Che il modello patriarcale lo abbiamo interiorizzato fino al midollo e scostarcene anche solo di un pizzico ci dà l’impressione che la nostra identità si disgreghi e che, quindi, siamo disposti a tutto per non correre questo rischio, incluso preferire che un bambino, desiderato, progettato, voluto da due genitori dello stesso sesso sin dal primo momento, abbia un solo genitore, invece di entrambi?

E quindi che ci sia qualcuno (la circolare del Ministero?) che decida per lui che deve essere orfano?

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