La notizia è di quelle che fanno il botto in un territorio che da anni combatte contro l’insidia della geotermia: il 31 ottobre la regione Toscana ha notificato, con un preavviso di diniego, la decisione di fermare il procedimento di autorizzazione per un progetto di geotermia nel territorio di Scansano portato avanti da Terra Energy.

Ci spiega tutto la Sindaca di Scansano Maria Bice Ginesi che raggiungiamo al telefono. E’ una grande soddisfazione oggi, vero Sindaca?
Questa è una battaglia che ci prende allo stomaco, sono otto anni che combattiamo per proteggere quest’area, un territorio a vocazione agricola e turistica che è la culla del Morellino, vino apprezzato in tutto il mondo. Il progetto fermato dalla Regione Toscana avrebbe causato problemi di perforazione, dispendi di acqua… mettendo in crisi tutto un comparto economico.

A cosa è dovuta la decisione della Regione?
In senso lato alla nostra caparbietà e alla bravura del nostro avvocato Stefano Pasquini, che ha saputo far valere le ragioni di un distretto biologico in cui si è investito per decenni con grandi sacrifici. In senso stretto alla incapacità economica dell’azienda Terra Energy, che con un capitale sociale di diecimila euro voleva affrontare un investimento di trenta milioni di euro. Una discrepanza che la Regione Toscana ha rilevato e riconosciuto.

Come può un’azienda con un capitale sociale così limitato far fronte a investimenti di milioni? E’ questa la grande domanda, forse speravano di trovare finanziamenti. Ora devono dimostrarlo carte alla mano. Ma è difficile credere che in dieci giorni possano confutare i rilievi della Regione che sembrano inscalfibili.

Possiamo dire che la battaglia si è conclusa? Non ancora, perché il verbale ci è stato comunicato il 31 ottobre, e loro hanno dieci giorni di tempo per produrre le controdeduzioni, in cui devono appunto dimostrare la sostenibilità dei progetti. Inoltre noi abbiamo ancora ricorsi al Tar sospesi, perché la nostra zona è stata deliberata dal consiglio comunale e dalla Regione come non idonea allo sfruttamento geotermico. E l’assurdo è proprio questo: i permessi di ricerca mineraria vengono comunque rilasciati, anche in zone non idonee allo sfruttamento come la nostra, ma non si capisce come uno possa spendere 20 o 30 milioni per poi richiudere i pozzi perché comunque quel territorio non può essere sfruttato. Sarebbero ricerche finalizzate a nulla.

Il Comitato Scansano Sos Geotermia

Ad affiancare la Sindaca Ginesi in questa lunga battaglia, anche il Comitato Scansano Sos Geotermia, di cui fa parte Teresa Bartoli, a cui chiediamo quando è iniziata questa battaglia.
Il Comitato Scansano Sos Geoermia è stato fondato sette anni fa, quando c’è stato il primo sondaggio, perché la prima tappa per ogni progetto di ricerca geotermica è un sondaggio fatto in profondità, a 500 metri, per vedere le temperature. Da allora è nato il comitato attraverso un lungo periodo di studio: ci siamo prima informati noi, perché era importante capire a fondo questa tecnologia, poi abbiamo lavorato a informare la popolazione, con assemblee nelle frazioni, chiamando esperti e esponenti di altri comitati, attrezzati con un ricco bagaglio di conoscenze.

Poi avete iniziato la raccolta firme, giusto? Esatto, in un paese di 3mila abitanti abbiamo raccolto 1500 firme, un risultato straordinario. E abbiamo informato le realtà economiche del paese dei danni che avrebbero subito. Nessun membro del comitato infatti ha interessi economici con aziende o produzioni direttamente interessate, ma abbiamo incontrato le realtà economiche per renderle consapevoli dei rischi.

Di quali realtà stiamo parlando? Vino e olio sono i prodotti di punta, siamo andati alla Cantina dei vignaioli di Scansano, al Consorzio di Tutela del Morellino, alla Cooperativa di Pomonte che promuove l’agricoltura e la zootecnia di qualità. Loro producono grani, carne, formaggi, occupandosi della trasformazione e commercializzazione dei prodotti locali. La cooperativa si è anche dotata di un proprio frantoio recentemente rinnovato con un investimento importante. Tutte le attività di questi intraprendenti produttori potevano essere messe a rischio dai progetti geotermici.

Una battaglia impegnativa anche sul piano economico. Come siete andati avanti con le spese? Jacopo Biondi Santi, del Castello di Montepo’ è stato fondamentale per il sostegno economico, perché c’era il problema del costo dei ricorsi, di cui si è fatto carico lui con i suoi legali di fiducia, tra cui Stefano Pasquini, che è l’avvocato che ha curato il ricorso al Tar e ha rappresentato il comune di Scansano all’ultima Conferenza dei servizi, facendo un grande lavoro.

In un territorio in cui convivono tante diverse sensibilità, come siete riusciti a restare uniti nella battaglia? Questa è la nostra più grande soddisfazione: il comitato ha raccolto tante persone, c’erano voci diverse e preoccupazioni diverse. Questo risultato è stato ottenuto informando molto ma mantenendo sempre un equilibrio tra la fermezza granitica dell’obiettivo da raggiungere (cioè qui non si fa perforazione!) e l’esclusione di ogni estremismo. Siamo stati fermi e risoluti nel fine, ma moderati e ragionevoli nei modi, raggiungendo l’obiettivo in maniera politica senza doverci ridurre ad incatenarci ai cancelli.

Questi dieci giorni sono definitivi? Loro potrebbero presentare controdeduzioni e documenti, ma ci sembra difficile che riescano a smantellare un rilievo grosso come un macigno. In pratica la Regione Toscana gli ha detto che non sono in grado né economicamente né organizzativamente di sostenere questa impresa. Quando la Conferenza dei Servizi ha discusso le carte ulteriori che la Regione aveva chiesto a Terra Energy a sostegno dell’impresa, ha riscontrato che la documentazione era ridicola.

E poi c’è il capitolo del piano di ripristino, il cui costo sarebbe ingente, vero? Esatto, l’avvocato Pasquini ha portato tra i suoi argomenti anche l’insufficienza dei piani di ripristino: se finiscono i soldi e si arenano, chi rimette a posto tutto? L’aspetto del ripristino è stato uno dei punti più critici di tutto il progetto.

La regione ha notificato la decisione con preavviso di diniego, cosa significa?
Significa che ad oggi non sussistono le condizioni per procedere alla conclusione favorevole del procedimento perché

“Terra Energy non è in possesso di capacità economiche adeguate ai lavori programmati”.

Dunque il discrimine è stato nell’incapacità economica, non nell’eventuale rischio di inquinamento o rischio sanitario? Noi non abbiamo mai usato argomenti di questo tipo: non siamo in grado di dire oggi se le ricerche geotermiche fanno male, inquinano, o sono pericolose, perché non abbiamo abbastanza documentazione a riguardo. Noi abbiamo battuto il tasto sul danno economico, perché siamo in una zona tutta ricoperta da produzioni di pregio. Tutte queste produzioni agricole sono state realizzate su importanti investimenti pubblici (tra cui sgravi fiscali e investimenti a fondo perduto) e privati di cittadini e imprese che hanno investito.

Ma se quindi la società Terra Energy avesse avuto la solidità economica, avrebbe potuto andare avanti nonostante la non idoneità del territorio? E’ il corto circuito tra area non idonea, confermata dal no della regione alle centrali per il pregio del territorio, e il permesso di ricerca geotermica, regolato dal Decreto Regio sulla ricerca mineraria del 29 luglio 1927, per il quale il permesso non può essere negato.

Alle parole decreto regio mi è saltata la mosca al naso, e sono andata a controllare. In effetti il decreto di cui parla Teresa Bartoli, è il n. 1443 nel quale, all’articolo 5, si precisa che

il permesso è accordato a chi ne faccia domanda ed abbia, a giudizio insindacabile della Amministrazione, la capacità tecnica ed economica necessaria.

Il futuro è condizionato da un decreto regio del 1927

Dunque qui arriviamo al nocciolo della questione: possibile che nel 2023 lo sfruttamento del sottosuolo debba essere ancora regolato da un decreto regio di un secolo fa, epoca in cui non solo non esisteva ancora neanche l’ombra della sensibilità ambientale e paesaggistica raggiunta oggi, ma non esistevano neanche le pregiate realtà produttive che sono il vanto di questa regione collinare, in provincia di Grosseto, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo?

A nessuno sorge il dubbio che quel decreto regio così anacronistico vada rivisto e modulato alla luce delle trasformazioni che il nostro territorio ha vissuto nell’ultimo secolo di storia?

La battaglia condotta dalla Sindaca Maria Bice Ginesi, dal Comitato Scansano Sos Geotermia e da tutti i produttori e cittadini del territorio di Scansano è una battaglia da vincere: non si possono contrapporre le ragioni di un’economia contro quelle di un’altra. Non si può distruggere un’intera economia di successo, come quella che caratterizza questo splendido pezzo di Maremma toscana, per avviare un’altra economia, quella della produzione di energia da calore geotermico, di cui molti concordano nel sottolineare le caratteristiche di attività ancora sperimentale.

Inoltre non possono escludersi danni ulteriori per la salute e l’ambiente oltre quelli economici, come dimostrano altre disastrose esperienze riscontrate in altri territori. Se nel territorio di Scansano si è preferito non portare avanti questa tesi perché ancora non sufficientemente corroborata, altrove invece i danni ambientali o sanitari sono già contestati. La regione di Strasburgo e dell’Alsazia in Francia ad esempio lo hanno già dimostrato da tempo che l’attività geotermica può provocare terremoti indotti.

Nel dicembre di due anni fa la zona intorno a Strasburgo era stata attraversata da numerose scosse sismiche indotte, tra cui una di magnitudo 3,5, dopo che una società geotermica che stava effettuando dei test aveva iniettato acqua ad alta pressione nel terreno all’inizio dell’autunno.

Si trattava dell’impianto geotermico gestito da Fonroche, una società energetica francese, e i terremoti indotti – così si definiscono quei terremoti causati dall’attività umana – erano iniziati proprio a partire dai primi test fatti dalla Fonroche nella regione dell’Alsazia.

La Fonroche aveva confermato che le scosse erano direttamente collegate all’avvio delle attività dell’impianto, ma aveva precisato che queste sarebbero andate a cessare una volta che l’impianto fosse diventato pienamente operativo perché la pressione dell’acqua sarebbe stata costante.

Tuttavia ormai la popolazione di quella zona è spaventata dai movimenti tellurici continui e dalle continue nuove crepe che si aprono nei muri di casa. L’Alsazia è una regione a sismicità media, e a detta dei vulcanologi proprio i territori soggetti naturalmente a sismicità dovrebbero essere esclusi dalla perforazione profonda.

Disastrose esperienze sono state anche quella di Kamen, vicino Dortmund, o di Staufen, entrambe in Germania, dove la trivellazione del sottosuolo con sonde geotermiche ha provocato un innalzamento del terreno di oltre 50 centimetri, con conseguenti scosse che hanno causato danni agli edifici per un totale di 50 milioni di euro, come si evince da uno studio del geologo Ingo Sass.

“Oltre al sollevamento dovuto ai processi di rigonfiamento – spiega il geologo Sass nell’abstract del suo studio – futuri problemi potrebbero sorgere dal fatto che il gesso formatosi dall’anidrite rigonfiata è solubile in acqua. Pertanto possono verificarsi doline e altri fenomeni legati al carsismo”.

Lo stesso potrebbe dirsi per il lago di Bolsena, che è un territorio di origine vulcanica in cui possono svilupparsi forti terremoti, come spiega la classificazione sismica. Eppure anche nel territorio del lago di Bolsena è ancora presente il rischio di un progetto di geotermia contro il quale si sono attivati cittadini, istituzioni, esperti come il vulcanologo Mastrolorenzo, già intervistato da noi di recente su questo tema, e associazioni come il Biodistretto del Lago di Bolsena, secondo il quale i progetti di geotermia a media ed alta entalpia porterebbero a rischi gravi di depauperamento e inquinamento di falde acquifere superficiali, di inquinamento di aria, acque e suolo, e di terremoti distruttivi.

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