E’ la ricercatrice Lilach Hadany ad annunciare la scoperta, frutto di una ricerca che prosegue da anni: se le piante sono in sofferenza, per mancanza di acqua o perché le radici sono state recise, emettono dei suoni come grida di dolore.

I suoni sono non percepibili dall’orecchio umano, e la ricercatrice ha dovuto elaborarli per renderli ascoltabilli da noi. Sono come dei clic molto brevi, che aumentano di frequenza con l’aumentare delle sofferenze della pianta.

Che le piante mostrino cambiamenti significativi in risposta allo stress è un dato consolidato. Cambiano nel colore e nella forma se non innaffiate, emettono anche composti organici volatili se esposte alla siccità o al morso degli erbivori. Sappiamo da tempo che le piante producono segnali visivi, chimici e tattili, a cui altri organismi possono rispondere.

Ma la straordinarietà dei risultati della ricerca di Lilach Hadany, pubblicata sulla rivista Cell, è nel fatto che per la prima volta si dimostra la capacità delle piante di emettere suoni nell’aria, che potrebbero essere potenzialmente uditi da altri organismi.

Il metodo di studio di Lilach Hadany

Per studiare le emissioni sonore nell’aria delle piante, i ricercatori guidati da Lilach Hadany hanno costruito un sistema di registrazione affidabile, in cui ogni pianta viene registrata simultaneamente da due microfoni. Le piante sono state registrate all’interno di una cassa acustica e poi sono stati sviluppati algoritmi di apprendimento automatico per classificare i suoni registrati. Successivamente Lilach Hadany ha testato il sistema in serra, monitorando i parametri fisiologici delle piante registrate.

Sono state registrate piante di pomodoro (Solanum lycopersicum) e tabacco (Nicotiana tabacum) sotto diversi trattamenti come stress da siccità e taglio dello stelo all’interno di una scatola isolata acusticamente. Ci si è concentrati sulla gamma del suono ultrasonico (20–150 kHz).

L’aspetto più interessante della ricerca è che le emissioni delle piante potrebbero essere rilevate da una distanza di 3–5 millimetri da molti mammiferi e insetti (data la loro sensibilità uditiva, come ad esempio, topi o falene) dimostrando che esiste una comunicazione nel mondo animale non percepibile dall’essere umano. Questi suoni quindi possono fornire informazioni sulla presenza di acqua o meno nel terreno.

Inoltre lo studio dimostra che i suoni si differenziano in base alle diverse condizioni di stress – piante secche o recise – con una precisione del 70%, distinguendo tra piante stressate dalla siccità e piante di controllo in una serra. Questo dimostra che le piante comunicano diversamente a seconda del tipo di disagio che provano.

Ma come fanno le piante ad emettere suoni se non hanno corde vocali?

Le piante non hanno corde vocali o polmoni. Liliach Hadany afferma che l’attuale teoria su come le piante emettono rumori si concentra sul loro xilema, i tubi che trasportano acqua e sostanze nutritive dalle loro radici ai loro steli e foglie.

L’acqua nello xilema è tenuta insieme dalla tensione superficiale, proprio come l’acqua aspirata attraverso una cannuccia. Quando una bolla d’aria si forma o si rompe nello xilema, potrebbe emettere un piccolo rumore di scoppio e la formazione di bolle è più probabile durante lo stress da siccità. Ma il meccanismo esatto richiede ulteriori studi, sostiene Liliach Hadany.

Lo studio apre grandi possibilità circa la comprensione del regno vegetale, e nell’attesa di nuovi interessanti sviluppi, non ci resta che tuffarci nelle atmosfere fantastiche del film di Frank Oz La piccola bottega degli orrori, in cui, con ironia e truculenza, si immagina un mondo nel quale le piante prendono il sopravvento sull’essere umano.

Il film vanta anche due versioni del finale, una davvero drammatica e crudele verso il genere umano, l’altra più ottimista, ma che lascia intravedere un seguito carico di inquietante ambiguità. Un capolavoro dal quale è tratto poi un celebre musical di cui abbiamo parlato qui su Rewriters.

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