Sicuramente ne avrete già sentito parlare. E se qualche volta vi è capitato di imbattervi in notizie ambientali questo nome vi sarà senz’altro familiare. Da quando venne introdotto in commercio negli anni ’70, il glifosato, quello che oggi potremo considerare come il re degli erbicidi, è stato sempre considerato come un prodotto miracoloso per l’agricoltura. Tuttavia, recenti studi hanno portato a galla anche il suo lato oscuro.

L’origine di un problema globale

Il glifosato è l’ingrediente principale di molti erbicidi ad ampio spettro, il più famoso dei quali è il Roundup, prodotto dalla Monsanto, oggi Bayer. Questo potente erbicida ha trasformato il modo in cui gli agricoltori combattono le piante infestanti, in quanto agisce inibendo un enzima chiamato EPSPS, cruciale per la sintesi di aminoacidi essenziali nelle piante, nei funghi e nei batteri. Questo meccanismo, che inizialmente sembrava essere senza conseguenze per gli esseri umani e gli animali, potrebbe avere degli effetti indiretti, soprattutto in relazione al microbioma intestinale e al sistema endocrino.

Citando l’Enciclopedia Treccani, il sistema endocrino è un insieme di ghiandole e cellule specializzate, come la tiroide, le paratiroidi, il timo e le capsule surrenali, che rilasciano ormoni nel sangue, ed è essenziale in quanto regola numerosi processi fisiologici tra cui la crescita, il metabolismo e la riproduzione.

A questo proposito, numerosi studi hanno iniziato a rivelare come il glifosato possa agire come interferente endocrino.

Gli interferenti endocrini possono mimare o bloccare gli ormoni naturali, causando una serie di problemi di salute. In particolare, il glifosato potrebbe portare alla comparsa di disfunzioni tiroidee, alterazioni della fertilità e persino al cancro.

Non ci vuole molto a capire la serietà della situazione, considerando che la contaminazione da glifosato è ormai ampiamente diffusa nelle acque, nel cibo e persino nell’aria che respiriamo.

Conseguenze sul microbioma intestinale 

Un’altra area su cui si potrebbero riscontrare importanti conseguenze in seguito all’esposizione da glifosato è l’intestino, più precisamente il microbioma intestinale, ovvero l’insieme di batteri e microrganismi che si occupano della digestione degli alimenti, la protezione contro le infezioni e la regolazione del sistema immunitario. Recenti studi hanno evidenziato che circa il 54% delle specie batteriche fondamentali per il nostro intestino potrebbe essere sensibile al glifosato. Questo significa che l’erbicida potrebbe alterare l’equilibrio del microbioma, con conseguenze potenzialmente gravi per la nostra salute. In questo caso, basti considerare che spesso le alterazioni del microbioma sono state collegate a una serie di condizioni croniche, tra cui obesità, diabete, malattie autoimmuni e persino disturbi mentali.

Il caso di Théo Grataloup e di Dewayne Johnson

Un caso esemplare delle conseguenze da esposizione a glifosato è il francese Théo Grataloup. Sua madre, durante la gravidanza, usò il glifosato per diserbare un maneggio, inconsapevole dei rischi a cui lei e il suo bambino andavano incontro. Qualche mese dopo, Théo nacque affetto da una poli-malformazione che ha intaccato anche la trachea, la larige e l’esofago. Nel 2022, un’équipe medica specializzata in effetti sanitari dei pesticidi, in correlazioni tra salute e ambiente, e in malformazioni congenite, è riuscita a dimostrare che le malformazioni di cui soffre Théo sono state causate dall’esposizione a pesticidi ed erbicidi impiegati prima ancora della sua nascita.

Un altro caso simile a quello di Théo è quello che vede come protagonista Dewayne Johnson, un giardiniere statunitense che, in seguito all’uso massiccio di glifosato (dalle 20 alle 40 volte all’anno, ha contratto un linfoma. Nel 2016 denunciò la Monsanto, la quale aveva cercato di nascondere al pubblico la pericolosità del prodotto. La sua storia fece il giro del mondo in pochissimo tempo puntando i riflettori sulla pericolosità e la tossicità del glifosato, arrivando al 2022 quando venne prodotto il film Into the Weeds.

Trailer “Into the Weeds”

Non solo gli esseri umani: gli effetti del glifosato su flora e fauna

Oltre ai rischi per la salute umana, il glifosato rappresenta una minaccia anche per l’ambiente. Le sue proprietà persistenti fanno sì che rimanga nel suolo e nelle acque per periodi prolungati, danneggiando così sia flora che fauna. Le api e altri impollinatori, già sotto pressione per la perdita di habitat e i cambiamenti climatici, sono particolarmente vulnerabili agli effetti del glifosato. Così come accade per l’essere umano, il glifosato può interagire anche con il microbiota intestinale delle api, così come con il sistema nervoso e il sistema riproduttivo.

Nel 2015, anche l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato come probabilmente cancerogeno per gli esseri umani.

Differentemente da quello che si pensa, coltivare senza l’uso di pesticidi ed erbicidi è possibile. Ne è un esempio l’agricoltura biologica, promossa anche dall’Unione Europea, che consentirebbe di preservare la biodiversità, migliorare la fertilità del suolo e mantenere un buon livello qualitativo delle acque.

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