In epoca di covid 19 è fondamentale prendere in considerazione i criteri di fragilità dell’essere umano che peggiorano con l’avanzare dell’età biologica. Il nuovo virus è infatti un opportunista in grado di determinare patologie serie nelle persone con infiammazione cronica e malattia metabolica

Il 50% della popolazione dei paesi industrializzati è sovrappeso o obesa. Circa 1,6 miliardi di esseri umani sono in questa situazione, e questa popolazione è in costante aumento. 300 milioni di persone sono considerate come obese con un BMI (indice di massa corporea) superiore a 30.

Anche il numero di ragazzi in aumento ponderale è in costante aumento e questo dato è fortemente preoccupante in quanto il numero di adipociti che possediamo si determina nell’infanzia e adolescenza, e resta relativamente costante nell’età adulta, altrettanto bene nei magri come negli obesi con peso stabilizzato.

Alcune cause sono state identificate, come squilibri alimentari precoci, un cattivo bilanciamento tra calorie ingerite e spese, o uno stato socio-economico sfavorevole, ma anche cause genetiche e ambientali.

Gli stili di vita contemporanei si prestano molto facilmente alle influenze della pubblicità, dei pasti rapidi, già pronti, senza discernimento. Diviene quindi sempre più evidente che l’educazione sanitaria nutrizionale in senso largo dovrà prendere un posto preminente nell’educazione.

Per molto tempo abbiamo considerato il grasso come un settore di stoccaggio pressoché inerte. Sappiamo ora che si tratta di un organo estremamente vivo, che influenza sfortunatamente il cervello, i reni, il cuore ed altri organi. 

  Il grasso dialoga con tutto il sistema PNEI (Psico-Neuro-Endocrino-Immunitario) e può contribuire notevolmente alla nostra rovina.

Secondo il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) il 78% degli uomini e il 68% delle donne con più di 60 anni sono in sovrappeso o obesi (BMI ≥ 25 Kg/mq).

Le donne mobilizzano naturalmente molto peggio il loro grasso rispetto agli uomini, perché hanno meno testosterone, e soprattutto le loro cellule grasse sono metabolizzate molto più lentamente rispetto agli uomini, da 3 a 7 volte meno.

Ma un eccesso leggero di grasso è necessario alla donna come tessuto di riserva in gravidanza. D’altro canto il grasso aumenta anche normalmente un po’ dopo la menopausa; in effetti secerne degli estrogeni, la qual cosa compensa parzialmente la secrezione di estrogeni da parte delle ovaie.

La leptina, ormone della sazietà, è secreta dagli adipociti. Potremmo quindi supporre che gli obesi ne possiedono molta; ciò è vero. Ma il problema è che la leptina non gioca più il suo ruolo, si assiste a una resistenza alla leptina che non riesce più a penetrare il cervello per dare informazione di sazietà, e non sappiamo ancora perché ciò accade.

In caso di sovraccarico di grasso è un po’ come se il dialogo del grasso non si faccia più con il cervello, ma sfortunatamente con gli altri organi, che divengono sensibili, all’inverso del cervello che diviene insensibile.

A fianco dell’obesità e della malattia metabolica si colloca quella che da tempo viene etichettata come “inflam-aging, una infiammazione molecolare che può considerarsi a pieno titolo una caratteristica biologica dell’invecchiamento. Il leggero aumento dei marker infiammatori è associato con varie condizioni croniche d’invecchiamento, come: malattie cardiovascolari, diabete, sarcopenia, fragilità, disabilità fisica e declino cognitivo. 

Un certo numero di marcatori infiammatori, in particolare l’interleuchina-6 (IL-6), il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa) e la proteina C-reattiva (PCR), sono regolarmente presenti nelle malattie croniche legate all’età e alla disabilità. Numerosi studi hanno dimostrato che i livelli di diverse citochine ma soprattutto di IL-6 e TNF-alfa aumentano con l’età anche in individui apparentemente sani e in assenza di infezione acuta. 

Questo fenomeno con l’età è determinato dall’aumento del grasso totale e dell’adiposità viscerale, dallo squilibrio multi-ormonale dopo la menopausa e l’andropausa, dai disturbi del sonno, da infezioni subcliniche croniche e sovraccarico antigenico, da dolore cronico e sindromi infiammatorie, dal fumo, dalla malnutrizione e dall’inattività fisica.

Anche il danno ossidativo caratteristico dell’invecchiamento amplifica ulteriormente la risposta infiammatoria, essendo un altro meccanismo che produce aumento del livello di questi marcatori.

L’invecchiamento è accompagnato anche da una dis-regolazione generale della funzione del sistema immunitario, comunemente indicata come senescenza del sistema immunitario che aumenta le condizioni di fragilità dell’essere umano ed apre le porte ai virus opportunisti.

per approfondire: Anti Aging donna e menopausa

Sistema immunitario e prevenzione nel tempo del Covid

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