Lei è Irene, 44 anni, mamma di Giacomo, 12 anni. Autistico o, come piace a me pensare, un ragazzino con sensibilità differente. Giacomo frequenta ora le scuole medie e la sua mamma ha voluto rispondere ad alcune mie domande che hanno il solo fine di dare voce a chi vive ed ha vissuto quotidianamente il tema dell’inclusione nella scuola pubblica.

Ciao Irene, so che abiti con la tua famiglia in un centro della periferia milanese. In questi anni come giudichi la scelta di aver iscritto tuo figlio Giacomo ad una scuola pubblica?
Ciao Catia, mi fa molto piacere portare il mio vissuto personale. Ringrazierò sempre il fatto di aver iscritto Giacomo in una scuola del mio paese. Questo perché, grazie ai compagnə di classe, è migliorato molto: sia nel linguaggio che nello stare in relazione con gli altri…i bambini-e lo coinvolgevano e, nell’ultimo periodo delle elementari, le maestre hanno confermato che riusciva ad ascoltare meglio i compagnə e che quindi erano loro che, ad esempio, gli spiegavano “come” doveva fare un esercizio. Ogni giorno lo spronavano nel linguaggio cercando di fargli dire una parola nuova e, se vi riusciva, erano loro i suoi primi fan. È mia opinione che eventuali classi con solo disabili non saranno un miglioramento per questi ragazzə ed anche per la comunità intera.

Inclusione, la grande capacità dei compagni/e di scuola

Ti chiedo, Irene, visto che mi hai raccontato dei compagni-e e della loro grande capacità di inclusione, c’è un episodio in particolare che ti è rimasto impresso e che senti porterebbe contributo, come esperienza, ad altri genitori?
È bello ricordare tramite le tue domande! Si, me ne vengono in mente sopratutto due, di episodi. Il primo. Agli inizi delle elementari Giacomo entrava in aula poco dopo gli altrə, questo per evitargli il troppo rumore e caos… un giorno la mamma di una sua compagna mi ha detto che la figlia aveva espresso il desiderio di accompagnarlo in classe mano nella mano e mi ha chiesto il permesso… insomma, da quel giorno, è sempre entrato con i suoi “angeli” mano nella mano… e questa cosa continua anche ora nelle medie. Sia con chi già lo conosceva dall’elementari che dai nuovi compagnə. Se trovo una foto te la invio… eccola!

Ecco il secondo aneddoto. Nel periodo del Covid, quando hanno iniziato a fare lezione online, dovevi vedere la faccia di Giacomo quando ha rivisto sullo schermo i suoi compagnə che lo salutavano, come era contento e sorridente! Quando poi hanno fatto rientrare a scuola prima loro, i bambini “speciali”, mentre gli altri ancora seguivano la lezione da casa, ricorderò sempre che ogni giorno accompagnando Giacomo a scuola mi chiedeva: “compagni?”… e io: no amore ci sei solo tu a scuola. Questa cosa a lui faceva tanta tristezza! Ed ecco la foto del momento in cui ha potuto riabbracciare i suoi amici ed amiche.

Unione e non divisione

Comprendo molto bene ciò che hai raccontato, Irene. È l’unione e non la divisione che crea gioia e felicità! Hai dei suggerimenti che nascono dalla tua personale esperienza di vita e che desideri condividere? Vuoi dirci il titolo di un libro che, per te, è stato fondamentale?
Come suggerimento voglio dire ai genitori di non arrendersi mai e di lottare sempre per i diritti dei propri figli. Personalmente riguardo l’autismo e l’inclusione ho letto diversi libri perché non ne sapevo niente. Quello che più mi è piaciuto è “L’autismo spiegato ai non autistici” di Brigitte Harrisson e Lise St-Charles.

Ringrazio te, Irene, abbraccio tuo figlio e tutti quei bambinə e ragazzə che sono stati Maestri di Vita usando Empatia, Amore, Contributo, Amicizia, Rispetto. Valori fondanti di una società sana.
Sono convinta che il condividere assieme il percorso scolastico li formi come persone vincenti. Persone che sapranno aprire le loro mani per prendere le mani di chi, in quel particolare momento, è in difficoltà. Che sia una difficoltà emotiva, fisica o psichica. Chi sa aiutare, sa anche chiedere aiuto… e quante volte abbiamo assistito a situazioni in cui le vittime non  avevano la comprensione e/o l’abilità nel “chiedere aiuto”?

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