Qualche giorno fa, il 29 luglio 2021, è stato l’Earth Overshoot Day, ovvero la giornata a partire dalla quale abbiamo consumato tutte le risorse che il nostro pianeta riesce a generare in un anno. A partire da questo momento, stiamo rubando risorse al futuro.

Secondo il dizionario inglese Cambridge, il termine overshoot, tra i suoi diversi significati, ha “andare oltre o al di là di un limite o di un punto di arresto”. Sembra molto calzante parlare della mancanza di limite per parlare dello sfruttamento delle risorse.

L’Earth Overshoot Day viene calcolato ogni anno dal Global Footprint Network dividendo la biocapacità del pianeta (ovvero la quantità di risorse che la Terra riesce a generare in quell’anno) per l’impronta ecologica umana (i consumi dell’umanità in quell’anno) e moltiplicando tutto per 365. Ovvero: biocapacità del Pianeta/l’impronta ecologica x 365= Earth Overshoot Day.

Qui è possibile vedere quando cadeva l’Earth Overshoot Day negli anni passati. Per esempio, nel 1970 era nel mese di dicembre. A partire dal 1961 (prima non si possiedono i dati) l’Earth Overshoot Day degli anni precedenti viene ricalcolato secondo i dati e le modalità di conteggio dell’anno corrente. Questo perché non avrebbe senso paragonare i risultati ottenuti in diversi anni secondo i sistemi propri di quel momento lì, poiché cambiano i dati presi in considerazione e le tecnologie utilizzate.

Sul sito del Global Footprint Network è inoltre possibile calcolare la propria impronta ecologica. È, chiaramente, una stima generica che tiene conto di alcuni elementi di massima, ma è interessante vedere quali indicatori modificano maggiormente l’impronta (per esempio, se sono molto attenta agli sprechi e al tipo di cibo che consumo, ma poi prendo tantissimi aerei, la stima sarà inevitabilmente molto alta). Il test si può provare diverse volte e notare, così, quali variabili fanno aumentare maggiormente la propria impronta ecologica.

Alcune voci riguardano i consumi (quanti derivati animali consumi ogni settimana?Quanti rifiuti produci?), altre invece riguardano cambiamenti più strutturali (di che materiale è fatta la tua casa? Quanti chilometri fai a settimana in macchina?).
La scelta di prendere la macchina per andare al lavoro, per esempio, dipende solo in parte dal singolo individuo poiché se non esiste una buona rete di trasporti quell’individuo si troverà costretto a prendere la macchina.

Trovo molto interessante la voce sul tipo di abitazione perché, tra i vari materiali di cui potrebbe essere fatta, un’opzione indica paglia/bambù, mentre, tra le varie risposte alla domanda “che tipo di abitazione descrive meglio la tua casa?” c’è anche “casa indipendente senza acqua corrente”. Lo trovo interessante perché fa riflettere su chi vive davvero in case in bambù o senza acqua corrente. Ovvero, che non è la normalità vivere in una casa di mattoni. Chi vive in case di paglia o bambù o senza acqua corrente contribuisce in misura nettamente minore all’impronta ecologica. Ed è, con molta probabilità, tra le popolazioni che saranno più colpite dalla crisi climatica, o che lo sono già.

È possibile avere un impatto visivo della questione guardando questa mappa, dove in rosso sono raffigurati i Paesi in deficit ecologico (diverse gradazioni di rosso a seconda della gravità del fenomeno, l’Italia è nel gruppo con il rosso più carico) e in verde quelli con una riserva ecologica. Ai primi posti di quest’ultima categoria ci sono: la Guinea francese, il Suriname, la Guyana, il Gabon, il Congo.

Questo riporta ad un’altra immagine dell’Earth Overshoot Day nel mondo, ovvero quando cade l’Overshoot Day nei diversi Paesi. Si va dal 9 febbraio del Qatar al 18 dicembre dell’Indonesia e al 7 dicembre dell’Ecuador passando per il 14 marzo degli Stati Uniti e il 13 maggio di Italia e Portogallo.

Chi sta inquinando meno non è chi sta guadagnando di più.

Se torniamo indietro al test sull’impronta ecologica, c’è la domanda riferita ai viaggi in aereo: “Quante ore viaggi in aereo ogni anno?”. Dietro a questa domanda si possono nascondere, in alcuni casi, frequenti voli intercontinentali. Voli verso mete come l’Indonesia, per esempio. Viaggi verso luoghi rimasti come erano, incontaminati, naturali, non inquinanti, luoghi osservati con sguardi da turista a bordo di aerei inquinanti che aggraveranno la crisi climatica, i cui effetti colpiranno per primi quei Paesi.

Valeria Belardelli

Condividi: