Premessa: la parola yoga significa unione. Questa disciplina rappresenta il legame che mette in equilibrio gli opposti, il corpo e la mente ma anche gli individui fra loro; tutte le persone con la coscienza universale.

Le località dove si svolgono i retreat non sono scelte a caso: sono luoghi caratteristici, dove si respira energia positiva: Tolfa è uno di questi. E’ un antico paesino che ricade nella provincia di Roma al confine con la Tuscia e dal 2013 è membro di Slow Cities International, un Network che riunisce circa 200 città del “buon vivere”, di 30 Paesi del mondo. È il primo e unico comune della provincia di Roma ad essere insignito di questo prestigioso riconoscimento.

Il Convento dei Cappuccino di Tolfa

Tolfa è una città con radici antiche

Anche se le prime costruzioni risalgono al IX secolo, solo nel 1400 Tolfa raggiunge la sua massima espansione,grazie alla presenza di miniere di allume (minerale che trovava impiego nell’industria tessile, nella concia delle pelli e nella depurazione dell’acqua).  Dal XVIII secolo subisce un lento declino con l’inizio dell’era industriale, indipendente dall’allume.

Le miniere erano di proprietà della Chiesa che, con i proventi della vendita dell’allume, nel 1600 realizzò il Convento dei Cappuccini. E’ un’imponente costruzione che si trova sulla sommità del paese; si sviluppa intorno ad un bellissimo chiostro rettangolare e un pozzo al centro.

Il Chiostro con il pozzo al centro

E’ costituito da un grande corpo che ospitava i frati, da una biblioteca e da un parco adiacente, il Parco della Pace.

Il convento è stato abbandonato nel 1980; solo grazie all’intervento di un Gruppo Archeologico fu ristrutturato e utilizzato come campo scuola di archeologia e ostello. Dal 2017 è gestito dal Centro Studi Italo-Norvegese che lo utilizza per le sue attività culturali.

Il convento all’interno ha mantenuto la struttura originale; le stanze che ci hanno ospitato sono rimaste fedeli per forma e dimensioni alle celle dei frati: dormirci è stato molto emozionante.

Partecipare a un retreat di yoga é un’opportunità per distrarsi e per curare la propria anima, per controllare i pensieri ricorrenti che affaticano la nostra mente, esercitandosi con le tecniche di rilassamento.

È un’occasione di condivisione di spazi, di tempo, di pensieri e di emozioni con persone spesso mai viste prima, con le quali però si crea subito un legame sinergico.

Ognuno arriva con il suo fardello più o meno pesante per trovare un po’ di sollievo. 

Questi eventi aiutano a essere inclusivi, a considerare noi e gli altri come persone appartenenti a una comunità, senza competizione. Aiutano a far emergere il meglio che è in ognuno di noi.

Arrivo a Tolfa di sabato e, dopo le presentazioni, mangio insieme al gruppo di partecipanti: una grande tavolata, dove gustiamo cibi rigorosamente vegetariani.

Iniziamo con la prima sessione: Pratica vinyasa flow yoga.

Questa attività ha lo scopo di sciogliere i nostri blocchi energetici. Cosa sono? Sono tutte quelle situazioni che ci impediscono di andare avanti nella nostra vita, che non vogliamo o non possiamo affrontare, che non ci fanno avere fiducia negli altri e nel futuro. Ci fanno restare nella nostra sofferenza.

La pratica si basa su una sequenza di movimenti fluidi, coordinati con il respiro. Insieme all’aria entra energia e quando espiro, faccio uscire i miei pensieri.

Una posizione dopo l’altra si completa l’intera sequenza di asana: sembra una danza, dove il respiro è la musica di sottofondo.

La pratica Vinyasa può essere considerata una metafora della vita:

Lasciare fluire gli eventi, non opporre resistenza.

Lasciare che ogni cosa accada e rappresenti una lezione per passare alla fase successiva della nostra vita. Nessuna forzatura.

Dopo aver svolto questa intensa attività ci riuniamo per preparare la cena e ognuno porta il suo contributo: un gioco di gruppo molto divertente. Prepariamo degli ottimi gnocchi di ricotta e curcuma, guidati dallo chef del convento.

Prima di andare a dormire passiamo alla seconda sessione: Pratica yoga nidra.

Questo tipo di attività ha lo scopo di farci raggiungere un sonno cosciente.

Yoga Nidra significa yoga del sonno. Al contrario di quanto si pensi, prima di addormentarci la mente diventa più recettiva; se siamo ansiosi o stressati, non riusciamo a riposare bene. Questa pratica ci induce rallentare e a controllare i pensieri.  

In cosa consiste? Ci si stende sul tappetino in posizione comoda (solitamente in Shavasana o posizione del cadavere). Si abbassano le luci. Si può mettere una musica lieve di sottofondo. Si consiglia di coprirsi bene con una coperta, per non sentire freddo. Molto piacevole è anche poggiare un asciugamano sul viso, profumato con aromi essenziali.

La pratica segue uno schema ben preciso, indicato da una voce guida che induce a pensare al rilassamento di ogni nostra parte del corpo e ci indica a cosa dobbiamo pensare. Con lo yoga nidra si raggiunge uno stato di sonno vigile. Se ben eseguita, 40 minuti di questa pratica equivalgono a 4 ore di sonno profondo.

La prima giornata è finita e ci si appresta al riposo. Dalla finestrella della mia piccola cella posso guardare il cielo. La notte è limpida e mi perdo a guardare le stelle.

La finestrella sul mondo

L’essenza del retreat: la fiducia

La mattina s’inizia presto con un’appetitosa colazione.

La giornata prosegue con altre pratiche che svolgiamo all’aperto, sotto un caldo sole primaverile: risveglio energetico e Bandha (tecniche di contrazione volontaria della muscolatura profonda) e con la pratica Hatha Yoga Backbending (tecniche per aumentare la flessibilità della colonna).

Dopo un gustoso pranzo vegetariano affrontiamo l’ultima pratica: Inarcamenti e Asana di coppia. Quest’ultima parte è stata la più emozionante non tanto per le posizioni sfidanti che abbiamo cercato di fare, ma perché le Asana sono state eseguite in coppia.

Ci siamo fidate l’una dell’altra perché senza questa fiducia non avremmo potuto eseguire correttamente nessun esercizio.

Abbiamo iniziato mettendoci una di fronte all’altra, le mani sul cuore dell’altra per sincronizzare battito cardiaco e respiro. Ci siamo guardate negli occhi per qualche minuto (all’inizio con imbarazzo ma poi con la consapevolezza di avere di fronte un’altra noi) .  Abbiamo eseguito le Asana al meglio che potevamo, senza competizione ma con la massima collaborazione e fiducia. Quest’ultima parte è stata l’essenza del retreat. Quando riesce un’Asana di coppia si raggiunge un bilanciamento: senza fiducia nell’altro è impossibile mantenere l’equilibrio.

Il retreat finisce e tutti ci portiamo a casa un po’ di pace. Contenti di ciò che siamo riusciti a fare con il nostro corpo.

Con la massima umiltà cerco di applicare la disciplina yoga alla mia professione  nella sanità, per cercare di alleviare il dolore dell’anima e quello fisico di chi deve affrontare quotidianamente l’insicurezza del futuro per problemi di salute.

Voglio terminare citando dei versi di Elena Bernabè tratti da I tocchi dell’anima:

“Voglio rendere omaggio ai moti dell’anima.

Ai Sali e scendi che ci conducono continuamente in luoghi diversi di noi stessi.

Che nessuno più osi scambiare i miei oscillamenti per problemi, le mie altalene di umore per pazzie, le mie cascate interiori per malattie.

Sono invece la firma della mia anima, le impronte del mio spirito,

 il marchio autentico di me stessa.

Questo timbro speciale lo può vedere solo chi sa andare nelle profondità di se stesso.

Che siano benedetti allora gli alti e bassi delle sensazioni, gli animi mai in equilibrio,

le emozioni sempre in movimento.

Non sono fatta per i rettilinei, preferisco le curve del mio cuore”.

Per chi volesse informarsi e partecipare a prossimi eventi, ecco le pagine facebook delle organizzatrici (indipendenti): Francesca Corti e Benedetta Polacchini.

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