Tucidide, storico greco, nel 430 a.C. scriveva a proposito della Peste di Atene:

“coloro che si erano salvati dall’epidemia […] per se stessi non avevano più nulla da temere, il contagio infatti non colpiva mai due volte la stessa persona almeno non in forma così forte da risultare mortale”.

In tutto l’oriente si diffuse piano piano la consapevolezza che aver contratto una malattia infettiva proteggeva dal successivo contagio fu così che nacque il principio empirico della vaccinazione o più esattamente dell’immunizzazione.

 In Cina, Turchia e India nacque cioè la variolazione una pratica di prevenzione che consisteva nell’infettare volontariamente le persone per provocare una malattia di forma lieve che conferiva poi l’immunità

Era nato il concetto di vaccinazione. Non è un caso che già Ippocrate parlava di due mezzi di guarigione attraverso il principio dei contrari e il principio dei simili, principio dei simili che fu poi acquisito da Samuel Hahnemann fondatore della medicina omeopatica che si basa su un principio molto simile a quello dei vaccini. 

Nell’antica Cina durante la dinastia Sung si usava una tecnica, che oggi potremmo etichettare di variolizzazione, per proteggere i membri della famiglia imperiale dal vaiolo, si aspiravano dal naso croste secche di pustole del vaiolo.

In Occidente intorno al 1600 i principi della variolizzazione si diffusero tra gli abitanti del Caucaso che infettavano le loro donne sottocute con materiale prelevato dalle pustole di malati per evitare che si sfigurassero.

Questo tipo di inoculazione si diffuse poi anche in Grecia e in Tessaglia.

Dobbiamo a due medici di Costantinopoli, Jacopo Pylarino di Cefalonia ed Emanuele Timoni, di origine italiana, che aveva studiato medicina sia a Padova che ad Oxford, la diffusione in ambito medico della pratica della variolizzazione.

Fu proprio il Timoni a scrivere nel 1713 al presidente del Royal College of  Physicians di Londra John Woodward la lettera “Historia variolarum quae per institutionem excitantur” per metterlo al corrente della pratica della variolizzazione, affinché potesse illustrarla ai componenti del Royal College.

Lo stesso, otto anni dopo, pubblicò un testo completo sull’argomento: Tractatus de nova… variolas per transmutationem excitandi metodo. Jacopo Pylarino che aveva indagato e studiato i metodi in uso in Tessaglia per immunizzare le donne scrisse un opuscolo nel 1715: “Nova, et tuta variolas excitandi per transplantationem methodus; nuper inventa et in usum tracta: qua rite peracta, immunia in posterum preservantur ab hujusmodi contagio corpora”, pubblicato a Venezia da Gabriele Hertz. 

Lady Montagu: curiosità e determinazione

A questo punto entra in scena la moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, Lady Mary Wortley Montagu, colta e poliglotta, che nel marzo del 1718 aveva fatto variolizzare il suo primo figlio dal medico chirurgo dell’Ambasciata, Charles Maitland. Sulla vicenda Maria Teresa Giaveri ha scritto un bellissimo libro che ne ricostruisce le tappe quasi come un romanzo d’avventura. 

Lady Montagu, essendo entusiasta della pratica della variolazione dopo averla toccata con mano, fece pressione sul Royal College of  Physicians di Londra affinché la provassero e la diffondessero in Inghilterra.

Fu lo stesso chirurgo dell’ambasciata, Charles Maitland, a sperimentare la tecnica su sei prigionieri delle carceri londinesi di Newgate il 9 agosto 1721. Nel 1756 invece in Italia in Toscana all’Ospedale di S. Maria degli Innocenti, furono variolizzati sei bambini.

I medici Angelo Gatti (1724 – 1798), professore di medicina all’Università di Pisa, e Gianmaria Bicetti Buttinoni (1708-1778), furono i primi a praticare l’innesto a cui il Parini dedicò persino un’ode. 

Il salto di qualità si ha però nel momento in cui invece di utilizzare materiale proveniente da pustule di vaiolo umano si cominciò ad inoculare il materiale estratto dalle pustule sulle mammelle delle vacche malate.

Tutti pensano che questo salto di qualità sia avvenuto con Edward Jenner, ma in realtà già da oltre vent’anni altri medici stavano sperimentando il metodo.

Uno di questi fu John Fewster, chirurgo-farmacista, che esercitava in un villaggio a sette miglia dalla città natale di Jenner, Berkeley. Nel 1763 Fewster aveva notato che un ragazzo non recettivo alla variolizzazione era stato infettato precedentemente con il cow-pox, il vaiolo vaccino. 

Fu allora che Fewster formulò l’ipotesi che l’infezione da vaiolo vaccino potesse in qualche modo lasciare una protezione verso il vaiolo umano. Due anni dopo presentò una relazione alla London Medical Society dal titolo “Cow-pox and its ability to prevent small-pox”, che però non venne mai pubblicata.

Anche un agricoltore Benjamin Jesty  di Yetminster, zona rurale del Dorset nel sud dell’Inghilterra aveva notato come due sue contadine, Ann Notley e Mary Reade, addette alla mungitura, avessero contratto il cow-pox ed in seguito non si fossero ammalate durante un’epidemia di vaiolo pur accudendo alcuni parenti stretti affetti dalla malattia. Fu così che durante l’epidemia di vaiolo del 1774, oltre vent’anni prima di Jenner, inoculò alla moglie Elizabeth ed ai figli, Robert e Benjamin jr., materiale raccolto da vesciche di mucche malate di cow-pox.

Jenner e i suoi rivali

Cinque anni dopo l’uscita della fondamentale pubblicazione di Edward Jenner sulla vaccinazione (An Inquiry Into Causes and Effects of the Variolae Vaccinae, London 1798), il vicario dell’Isola di Purbeck, Andrew Bell, nel 1803 scrisse una lettera alla neo-costituita Royal Jennerian Society di Londra per illustrare gli esperimenti già portati avanti dal Jesty. Bell creò, senza volerlo, una lunga diatriba sulla primogenitura della vaccinazione, in cui intervenne George Pearson, rivale di Jenner, invitando Jesty con tutti gli onori nel suo “Original Vaccine Pock Institute”

In parallelo agli esperimenti inglesi dobbiamo ricordare in Germania nel 1700 il maestro di scuola Peter Plett, che lavorava come precettore presso famiglie facoltose della provincia agricola di Probstei. Il Plett aveva avuto modo di osservare che alcune mungitrici ed alcuni mungitori, che avevano contratto l’infezione del vaiolo vaccino, avevano presentato una sintomatologia modesta per due settimane, ma erano poi rimasti immuni nelle successive epidemie di vaiolo umano.

A seguito di questa osservazione nel 1791 Plett vaccinò con esito positivo i tre figli del  suo datore di lavoro di nome Martini, ad Hasselburg. Il Plett tentò di riferire le sue osservazioni all’Università di Kiel, ma venne sottovalutato e le sue relazioni oscurate.

Successivamente, coadiuvato dal dottor Heinze suo concittadino, vaccinò oltre 1000 persone, ma fu poi costretto a sospendere le vaccinazioni in seguito all’insorgenza di reazioni gravi in alcuni bambini. Solo nel 1802, dopo i successi di Jenner, le relazioni sulla attività di vaccinatore del Plett vennero rese note  e pubblicate dall’Istituto di Cultura Germanica di Copenaghen. 

Un altro personaggio che ebbe un ruolo politico importante durante la rivoluzione francese, Jacques-Antoine Rabaut intorno al 1780, ipotizzò che il vaiolo umano, quello ovino e quello vaccino fossero verosimilmente dovuti ad un agente simile.  Anche lui aveva osservato che la malattia era meno grave nei bovini e che i mungitori che venivano infettati dal cow-pox sembravano contrarre una sorta di immunità nei confronti dello small-pox o vaiolo umano.

Concluse pertanto che una procedura analoga alla già nota inoculazione, eseguita con materiale ricavato da mucche affette da cow-pox anziché con materiale proveniente dalle vesciche del vaiolo umano, fosse meno pericolosa ed ugualmente protettiva nei confronti dell’infezione naturale.

Attraverso un amico comune, un mercante di Bristol di nome James Ireland, ebbe un colloquio con Richard Pew, al quale comunicò le sue osservazioni. Pew, che esercitava la professione medica nel Dorset,  promise che ne avrebbe parlato con l’amico Edward Jenner, che si stava interessando allo stesso problema.

Quando nel 1798 uscì la comunicazione di Jenner sulla vaccinazione, il Pommier fu molto sorpreso ed irritato per la mancata citazione delle sue precedenti osservazioni, ma solo nel 1810 decise di scrivere al Comitè Centrale de Vaccine per rivendicare la paternità delle prime ipotesi sulla vaccinazione con cow-pox. Non ottenne però alcuna soddisfazione.

Luigi Sacco lo Jenner italiano, nel suo Trattato sulla vaccinazione …  pubblicato nel 1809, scrisse:

“… il merito non consiste nel veder un fenomeno, ma nel cavarne costrutto, scoprendone le relazioni … cadevano i gravi abbandonati a sé anche prima del secolo di Galileo, ma Galileo solo scoprì le leggi della loro caduta, per cui ne derivò tanto vantaggio alla fisica …”. “Ci vollero, perciò, l’impegno, la curiosità e la perspicacia di Edoardo Jenner perché questa realtà venisse a galla e da essa potesse nascere la prima grande rivoluzione della storia in fatto di profilassi immunitaria contro una malattia infettiva”.

Oggi sappiamo che vaiolo umano e vaiolo vaccino sono causati da virus simili, appartenenti alla famiglia dei poxvirus, e quindi il virus animale può immunizzare contro la temibile malattia umana.

L’obbligatorietà delle vaccinazioni

È interessante notare che, a parte il vago timore che l’inoculazione di una malattia animale potesse avere effetti pericolosi nell’uomo – alcuni, persino, paventarono il timore di acquisire i vizi delle vacche – e a parte alcune timide, a dire il vero, perplessità teologiche, secondo le quali il vaccino contravveniva i piani di Dio, la questione maggiormente dibattuta in diversi Stati europei nel corso dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento fu quella dell’obbligatorietà della vaccinazione

L’Inghilterra, patria delle dottrine liberali contrarie a qualsiasi azione governativa che potesse interferire sulle libere scelte dei cittadini, vide l’avvicendarsi di società e leghe anti-vaccino che influirono, in particolare, l’opinione pubblica americana. E proprio qui avvenne una battaglia legale che, a suo modo, fece scuola, perlomeno in territorio statunitense.

Nel 1902, in seguito a un’epidemia di vaiolo, la città di Cambridge, Massachusetts, obbligò tutti i cittadini a vaccinarsi.

Henning Jacobson si rifiutò sulla base dell’idea che questa legge violasse il suo diritto di curare il proprio corpo. Vi fu un procedimento legale fra Jacobson e la città a seguito del quale il cittadino fu condannato. Jacobson si appellò alla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, nel 1905, confermò la sentenza di Cambridge, elaborando il principio secondo cui, in caso di minaccia alla salute pubblica, il bene pubblico fosse superiore alla libertà individuale. 

Tale sentenza rappresenta ancora oggi una pietra miliare nella giurisprudenza americana in caso, appunto, di conflitto fra diritti individuali e public good

Fra il 1967 e 1979, l’Organizzazione mondiale della Sanità condusse una campagna di vaccinazione a livello mondiale grazie alla quale, il 9 dicembre 1979, questa malattia fu trionfalmente dichiarata eradicata.

Ancora oggi, il vaiolo è la sola e unica malattia del tutto scomparsa nella popolazione umana. E questo, appunto, grazie alla vaccinazione.

Vaccini e autoimmunità 

Vaccini: guida per una scelta informata
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