Quando si pensa alla persecuzione delle streghe del passato, la mente e gli stereotipi cinematografici ci rimandano spesso al Medioevo, un’epoca spesso bistrattata proprio a causa dei falsi luoghi comuni. In realtà, come ricorda La palude delle streghe di Jarka Kubsova (Neri Pozza, 2024), le torture e le vessazioni contro donne e uomini considerati fuori dalle regole o semplicemente scomodi si acuiscono e cambiano significato tra il XVI e il XVII secolo. Se il Medioevo non si risparmia la violenza, la persecuzione in quelli che siamo abituati a chiamare secoli bui riguardava per lo più apostati ed eretici, persone che si distaccavano dal credo egemone.

Il romanzo di Jarka Kubsova punta invece l’occhio su un vero caso di caccia alle streghe rifacendosi ad alcune ricerche su quanto la persecuzione tra fine del 1500 e 1600 si sovrapponga con le prime forme di capitalismo e su come i due fenomeni possano essere collegati, in Germania ma non solo.

La palude delle streghe, copertina

“La palude delle streghe”, la trama

Abelke Blenken, bruciata sul rogo nel 1583 ad Amburgo, possedeva una fattoria considerevole in una zona paludosa poco lontana dalla città. Una proprietà ereditata dal padre, in quanto figlia unica: Abelke non si sposò mai e, insieme alla sua proprietà, questi erano già due motivi sufficienti per alienarsi parte del vicinato.

Nel 1570 la regione di Ochsenwerder fu colpita da una grave alluvione, che tra le conseguenze sfondò l’argine tra la fattoria di Abelke e quella del suo vicino, che furono incaricati dalle autorità locali di riparare la diga per proteggere il territorio da altre inondazioni.

Era un compito dei proprietari terrieri mantenere gli argini, pena l’esproprio delle fattorie, tuttavia, vista l’eccezionalità dell’alluvione, il balivo avrebbe dovuto mandare aiuti per concludere rapidamente e al meglio i lavori. Il fatto che ciò non avvenne mai, una decisione sospetta, osservano oggi alcune storiche, considerando che qualche anno dopo le due fattorie furono rilevate e unite proprio da un amico del balivo. Potrebbe essere quindi un caso di speculazione sulle spalle di contadini senza protezione, in particolare una donna sola.

Dalla perdita della terra al rogo: la fragilità delle donne nel XVI secolo

Sei anni dopo aver perso la fattoria, Abelke fu imprigionata e sottoposta a tortura, per le varie accuse di stregoneria ricevute. Senza famiglia, senza un marito e ormai senza proprietà, la donna confessò di aver causato danni ai suoi vicini, dall’aver fatto ammalare alcune persone vicine al balivo, tra cui la moglie, e di aver ucciso il bestiame dell’uomo che aveva rilevato la sua terra – un ricco consigliere di Amburgo, che però probabilmente non sapeva molto di agricoltura. Abelke fu bruciata sul rogo nel 1583 e sei mesi dopo altre cinque persone – tra cui alcune che aveva indicato come suo complice – fecero la stessa fine.

Il romanzo La palude delle streghe e gli studi a cui si rifà però osservano come l’intensificarsi della caccia alle streghe coincida con il periodo in cui le grandi famiglie di tradizione feudale tedesche cominciano ad accaparrare sempre più terre ai danni dei piccoli proprietari e dei contadini, per accumulare ricchezza, e come spesso molti degli espropriati, rimasti senza nulla e costretti a vivere di espedienti, venivano poi accusati di stregoneria. Le donne sole come Abelke erano probabilmente le prime della lista, facili vittime in un sistema culturale che andava a limitare sempre di più il ruolo femminile entro le mura domestiche e alla cura della famiglia.

Nei cosiddetti secoli bui infatti le donne avevano più libertà di quanto si pensi (in Germania, la produzione della birra al tempo era una mansione femminile), oltre a occuparsi di casa e dei propri cari. È proprio il diffondersi dal capitalismo, osserva l’autrice, che comincia un processo di degradazione del lavoro domestico, mentre la morale sociale obbliga le donne a limitarsi proprio in quelle mansioni. Al tempo stesso, la caccia alle streghe contribuì a cambiare in peggio molte dinamiche nelle piccole comunità come quella rurale in cui viveva Abelke: bastava una voce anonima o un pettegolezzo per portare in prigione e agli strumenti di tortura, per cui gruppi sociali un tempo molto uniti e basati sulla collaborazione si spezzarono per la paura e il sospetto.

Oggi come allora, le donne devono rimanere unite per uscire dalla Palude delle streghe

La storia di Abelke si intreccia con quella di Britta, una donna del XXI secolo che si trasferisce con la famiglia nella zona in cui sorgeva la sua fattoria. Britta è una moglie e una madre in crisi, una storia anche troppo banale: una donna brillante che a un certo punto è costretta a rinunciare alla propria carriera accademica per l’impossibilità di gestire i figli da sola, un marito concentrato sulla propria professione che da per scontato il ruolo di supporto della sua compagna, figli che stanno crescendo e iniziano a essere indipendenti. Britta si sente persa, non sa più chi è: anche il trasferimento è una decisione del marito, che sembra non rendersi conto della sua stanchezza e del suo bisogno di aiuto.

Una storia normale, eppure costellata di piccoli episodi di microviolenza apparentemente innocui e banali, che tuttavia scavano il solco in Britta, in difficoltà anche per la lontananza fisica con le sue amiche, con cui riesce però sempre meno a raccontarsi per le differenti scelte di vita. Non sorprende però se la donna ritrova un po’ di se stessa e della sua forza appassionandosi alla storia di Abelke e stringendo nuove relazioni con le donne che vivono intorno a lei.

Non le risolvono la vita, non subentrano nelle sue responsabilità, eppure le stanno vicino, l’aiutano al momento di trovare una casa e di concretizzare la separazione e a combattere quando il marito decide di combatterla e lasciarla in povertà. Anche solo ascoltare può essere già un aiuto fondamentale, la consapevolezza di non essere sole e di non essere folli né sconsiderate a gettare all’aria una vita dall’apparenza perfetta in un palazzo di ghiaccio (come i vicini chiamano la casa futuristica acquistata dal marito di Britta), eppure terribilmente fredda e crudele.

L’unione delle donne è una forza incredibile, che genera cambiamento e comunità. Ed è una forza che spesso fa paura. Un fattore da non scordare mai. La Palude delle streghe potrebbe anche essere una metafora da tenere a mente: per quanto nel romanzo la terra in questione in realtà sia ricca e preziosa al punto da uccidere per averla, e il paesaggio contribuisca in modo importante al risveglio di Britta, sono molte le donne che ieri come oggi si sentono impaludate in una società che non le vede o le incastra in stereotipi, dove strega rimane un termine comune per denigrare chi non si accontenta dei ruoli canonici. Insieme, però, ne possiamo uscire.

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