C’è una componente delle guerre che troppo spesso non viene considerata ed è il ruolo delle donne. Madri, mogli, figlie, compagne ma anche rivoluzionarie e combattenti capaci di imbracciare le armi e di asciugare le lacrime allo stesso tempo.

Nella settimana dell’8 marzo, giorno che dobbiamo, è bene ricordarlo, proprio alla manifestazione delle donne di San Pietroburgo per chiedere la fine della Grande Guerra, dando il via alla cosiddetta Rivoluzione Russa di Febbraio, è d’obbligo guardare al comportamento delle donne di due Stati tanto diversi ma tanto simili e intendo farlo raccontando storie ed episodi.

La storia di Anna e Nataliya

Anna è una giovane madre ucraina di 33 anni che vive in Italia per lavoro senza i suoi figli, lasciati in patria. Nataliya di anni ne ha 58 ed è anch’essa madre di due figli, un medico e un poliziotto, lasciati in Ucraina a combattere mentre lei cerca di mettersi in salvo.
Al confine con l’Ungheria il compagno di Anna decide di fidarsi di Nataliya, una sconosciuta per lui, e le affida i suoi figli con tanto di passaporto, chiedendole di attraversare il confine con loro e di affidarli alla madre, che nel frattempo è in viaggio dall’Italia. Nataliya accetta e su una panchina, nei pressi di una tenda allestita per gestire il flusso di rifugiati alla frontiera di Beregsurány, li riconsegna ad Anna in un pianto comune e profondo.

La fioraia disarmata

Poi c’è la storia della fioraia di Cherson, una donna, sola e disarmata che va incontro a un soldato russo di pattuglia e gli chiede cosa siano andati a fare lì in Ucraina, per poi offrirgli in dono dei semi di girasole. “Tienili in tasca” gli dice “così i fiori cresceranno quando morirai”. Pochi secondi, immortalati in un video, che ci dimostrano la fierezza di chi sa che la vittoria non appartiene ineluttabilmente a chi sulla carta sembra più forte.

Il Movimento Femminista Russo

Ma quella della guerra all’Ucraina è anche la storia del Movimento Femminista Russo che, proprio come quell’8 marzo 1917, decide di scendere in campo per dire No alla guerra.

Questa volta lo fa nella piazza virtuale di un canale social come Telegram e dal quale diffonde il proprio manifesto. Un testo duro contro Putin e contro quella che loro chiamano senza mezzi termini “invasione dell’Ucraina con il pretesto della liberazione”.

Il Movimento Femminista Russo è uno dei pochi movimenti di opposizione che non è stato tranciato di netto dalla politica repressiva del Governo di Putin. Per questo, nel manifesto, si fa appello alle più di quarantacinque diverse organizzazioni femministe sparse per il paese, da Kaliningrad a Vladivostok, da Rostov-on-Don a Ulan-Udė e Murmansk e anche alle singole femministe per “unirsi alla Resistenza femminista contro la guerra e unire le forze per opporsi attivamente alla guerra e al governo che l’ha iniziata”.

Ma non basta: il movimento femminista fa di più, chiama a raccolta le attiviste di tutto il mondo ad utilizzare quella che è ormai un’arma alla portata di tutti: i social.

“Chiediamo alle femministe di tutto il mondo – si legge nel loro manifesto – di partecipare a manifestazioni pacifiche e lanciare campagne offline e online contro la guerra in Ucraina e la dittatura di Putin, organizzando le proprie azioni. Sentitevi libere di usare il simbolo del movimento femminista di resistenza contro la guerra nei vostri materiali e pubblicazioni, così come gli hashtag #FeministAntiWarResistance e #FeministsAgainstWar”.

E la solidarietà delle donne russe alle donne ucraine è ribadita con forza e determinazione:

“Sosteniamo le donne ucraine – si legge nel documento in lingua originale Femministe contro la guerra – nel loro desiderio di ristabilire l’ordine nel loro paese. Sosteniamo la loro protesta contro l’aggressione russa”.

Uno dei simboli del Movimento Femminista Russo

Donne combattenti che intonano l’inno con la paura nel cuore

Quella ucraina è la storia anche delle donne stanche, impaurite, disperate ma non arrese. Delle donne che fanno nascere i bambini nella metropolitana sotto i bombardamenti e di quelle strette insieme, a compiere gesti apparentemente normali, nel rifugio antibombe allestito a Čerkasy mentre intonano con fierezza l’inno ucraino Šče ne vmerla Ukraïny (Non è ancora morta l’Ucraina).

Donne ucraine cantano Šče ne vmerla Ukraïny

Le donne partigiane

E poi c’è la storia delle donne che combattono, sul campo, al fianco dei loro uomini, padri, figli e compagni. Che sanno che la resistenza si farà nelle strade, tutti i giorni, porta a porta, che sarà dura, faticosa e pericolosa, che invece di pensare a come mettersi in salvo decidono che questo è il momento di passare le notti a raccogliere bottiglie vuote per aiutare i miliziani a preparare bottiglie molotov artigianali.

le donne di Dnipro preparano le molotov

Queste sono le donne della guerra russo–ucraina. Tante saranno le storie che ci troveremo a raccontare nei prossimi giorni, molte le conosceremo solo a conflitto finito. Quello che possiamo fare oggi, qui, nel tepore delle nostre case, è condividerle e ricordarci che, in ogni parte del mondo, ogni giorno, ci sono donne che in diversi modi lottano per la propria libertà, senza paura.

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