(English translation below)
Il viaggiatore, e ancora meglio il nomade, sa bene che tutto quello che davvero occorre in una vita dovrebbe essere contenuto in un baule – quegli abiti, libri, oggetti irrinunciabili, e nulla di più. E quel baule, trascinato dietro nelle nostre peregrinazioni, perché questa valigia da metro cubo non è auto-trasportabile ma è pur sempre il più grande dei bagagli a seguito, lo si carica nella stiva di un aereo o nel retro di molte auto. Ma a differenza della valigia – con o senza ruote (io senza, ne scrissi su Rewiters un anno fa) – sono in pochi a possederne uno, perché tanto si accumula ben più di quanto possa stare dentro un baule. 

Eppure questo feticcio da trasmigratore non passa di moda, e io ne conservo tre. Uno era di mio padre quando faceva l’ufficiale, sobrio nel suo marrone e con le sue iniziali stampate sopra; un secondo più basso, rimediato da qualche soffitta, verde scuro con delle chiusure in ottone; e un terzo trovato in una calle veneziana abbandonato e pieno d’acqua. Mia moglie mi guardò storto quando lo trascinai a casa ammuffito, ma ripulito e tinto soprattutto in rosso, anche lui con le sue vecchie chiusure in ottone, svolge bene la sua funzione. 

Perché i bauli sono utili utili per tenerci abiti non di stagione, o la biancheria dei letti, e fungono da tavolini o divanetti, magari con un paio di cuscini sopra. Ma seppure versatili, non sono mai soluzioni stile Ikea, e piuttosto evocano sogni, la mobilità di un’intera vita, la magia delle casse dalle quali i prestigiatori tirano fuori chissacché. E soprattutto un’idea di lusso, perché il baule è la valigia che si fa portare ai facchini, è la valigia di chi viaggia con un signor guardaroba. 

Non a caso, di questo lusso solido e utile e mai futile, Louis Vuitton è stato il principale dei pionieri e ancora oggi non rinuncia a produrre bauli che hanno il mercato delle opere da collezionisti, degli oggetti unici,  che si aggiornano con nuove idee.

È un’epopea antica e duratura, raccontata da un catalogo in rete  che si può sfogliare come un viaggio nel nomadismo di alta gamma, e come un catalogo di sogni proibiti per la maggioranza delle tasche, e anche da un libro adeguato a questi bauli, 100 malles de légende Louis Vuitton  non propriamente un tascabile (gran formato in cofanetto, 101€), ma un romanzo storico con un formidabile apparato iconografico di illustrazioni.

Una storia cominciata col senso della praticità – i bauli su misura per i cofani delle auto d’epoca o per contenere l’armamentario completo per esercitare una determinata attività. La dimensione del lusso si è in buona parte aggiunta col tempo, anche per la qualità dei materiali e della confezione – perché non è ammissibile che in viaggio, le cose, e il loro contenitore, si possano rompere.

Inoltre, la costruzione artigianale rendeva possibile la personalizzazione del baule, ben oltre le iniziali del nome o stemmi della ditta e per soddisfare le esigenze, o i capricci o le manie, di qualsiasi viaggiatore.

Ci sono bauli che contengono una doccia montabile, altri che si aprono trasformandosi in tavolino con macchina per scrivere e scaffali per una libreria di volumi irrinunciabili, alcuni nascondono un vero e proprio ufficio volante con tutto l’occorrente, altri ancora contengono tavolo e flaconi per truccarsi e profumarsi come si deve – ovunque si sia.

Ci si stupisce al cospetto di quelli dedicati a ogni sorta di strumento musicale, agli archivi, ai farmacisti e ai medici, sempre con l’uso attento di ogni centimetro disponibile per non dimenticare niente a casa. Un baule nasconde di tutto, anche una sala da gioco, trasformandosi nel fatidico tavolino con panno verde, roulette, fiche, oppure in impianto stereofonico per iPod, o nel più classico nécessaire da picnic.

Un caso limite fu quello di Brazzà, che si avventurò nel Congo con un baule dal quale veniva estratta una brandina da campo, e che conteneva anche un cassetto segreto per documenti confidenziali – e dopo la sua morte, i servizi francesi dovettero ricorrere a Vuitton in persona per trovare l’arcano e recuperare i preziosi fogli dell’esploratore italo-francese.

In molti si accontentano volentieri dei tipici bauli-armadio, con grucce su misura e cassetti per camicie, ma anche in questi casi vi sono design con firme d’eccezione – come quelli di Sharon Stone. Ma accontentarsi non è mai parola giusta, perché bauli così sono sempre una conquista – quello da tè va sugli oltre 40.000€. 

Vuitton fu il primo a utilizzare al posto del cuoio la più solida,  economica e leggera tela rivestita, e a concepire il baule come uno strumento di identità personale adattabile ai tempi che cambiano. Borse, e abiti, arrivarono dopo, figli diretti di una moda che non ha mai smesso di fare proseliti – anche altre case di moda hanno avviato la loro produzione di bauli, da Prada a Gucci.

Perché questo ingombrante oggetto, nato per il trasporto ma che può anche restare a fare bella mostra di sé a casa, è un’affascinante antologia di viaggio, di eleganza, di esclusività, di aneddoti –  e chissà quanti bauli così evocativi erano a bordo del Titanic e sono stati accolti dagli abissi. Una chimera per i più, e spesso anche inutile, ma legittima. Perché era proprio vero lo slogan di una pubblicità di Vuitton del 1938: “Mostrami i tuoi bagagli, e ti dirò chi sei”

ENGLISH VERSION

The timeless epic of the trunks:
a book and an online catalog
on the hundred and one trunks of Vuitton

The traveler, and even better the nomad, knows that everything you really need in life should be contained in a trunk – the clothes, books, the few items that are essential, and nothing more. And we can take everywhere this stuff because this cubic meter suitcase is not self-transportable, but it is still the largest of traveling luggage, loadable on an airplane or in the back of many cars. But unlike the suitcase – with or without wheels (I without it, I wrote about it in Rewiters one year ago) – few people own one, because we accumulate much more than can be fit inside a trunk.

Yet, this migratory fetish does not go out of style, and I have three of them. One was from my father when he was an officer, sober in his brown color and with his initials printed on it; a second one is lower, and taken from a basement, in dark green with brass lockers; and a third found full o water in an abandoned Venetian street. My wife glared at me when I dragged him home moldy; but once cleaned and painted mostly in dark red, and with his old brass fasteners, it too does well its function.

Because trunks are useful for keeping out-of-season clothes, or bed linen, and can serve as tables or sofas, perhaps with a couple of cushions on them. But although versatile, they are never Ikea-style solutions, and rather evoke dreams, the mobility of a whole life, the magic boxes out of which magicians bring out all kinds of unexpected objects. Above all, a trunk shared an idea of ​​luxury, because it is the suitcase that only porters carry, it is the suitcase of those traveling with a large wardrobe.

Not surprisingly, Louis Vuitton was the main pioneer of this solid and useful and never futile luxury, and still, today does not give up producing trunks for collectors, often as unique objects, updated with new ideas. It is an ancient and lasting epic, told by an online catalog which can be browsed as a journey into a sort of upper-class nomadism, and as a catalog of forbidden dreams for most pockets, and also by a book suitable for these trunks, 100 malles de légende Louis Vuitton not really a paperback (large format, in slipcase, € 101), but a historical novel with a formidable iconographic apparatus of illustrations. 

A story that began with a sense of practicality – tailor-made trunks to fit on old cars or to contain the complete paraphernalia of specific activity. The dimension of luxury has largely been added over time, also due to the quality of materials and manufacturing – because it is not permissible that indispensable items and their container can break while traveling. Furthermore, the handcrafted construction made it possible to customize the trunk, well beyond the initials of the name or a corporate brand, and to satisfy the needs, or the whims or obsessions of any traveler. 

There are trunks that contain a mountable shower, others that are transformed into a table with a typewriter and shelves for a library of essential volumes; some hide a real flying office with everything you need, others still contain a table with accessories for a decent make-up and perfume – wherever one is. 

We are amazed by trunks dedicated to all sorts of musical instruments, archives, pharmacists, and doctors, always with the careful use of every available centimeter so as not to forget anything at home. A trunk hides everything, even a playfield, transforming itself into the fateful table with green cloth, roulette, chips, or into a stereo system for iPod, or into the more classic picnic kit. 

An extreme case was that of Brazza, who ventured into the Congo with a trunk from which a camp cot was extracted, and which also contained a secret drawer for confidential documents – and after his death, the French services had to resort to Vuitton in person to find the location of the secret box in the trunk and recover the precious sheets of the Italian-French explorer. Many are happy just with more ordinary wardrobe trunks, with tailored hangers and drawers for shirts, but even in these cases, there are designs with exceptional signatures – such as the one of Sharon Stone. But just and ordinary here are never appropriate words, since Vuitton trunks, these are always a sort of individual achievement – the tea one goes for over € 40,000.

Vuitton was the first to use the more solid, cheaper, and lighter coated canvas instead of leather, and to conceive the trunk as an instrument of personal identity adaptable to changing times. Bags, and clothes, came later and other fashion houses have also started their production of trunks, from Prada to Gucci. Because this cumbersome object, created for transport but which can also remain to show off at home, is a fascinating anthology of travel, elegance, exclusivity, anecdotes – and who knows how many evocative trunks were on board the Titanic and were greeted from the depths. 

A chimera for most, and often useless, but legitimate. Because the slogan of a 1938 Vuitton advertisement was revelatory: “Show me your bags, and I’ll tell you who you are”.

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