Una tempesta inaspettata ha cambiato il mondo, i due anni caratterizzati dalla pandemia e poi dalla guerra non hanno sconvolto soltanto un modello di società, un pensiero economico e culturale, ma hanno messo a dura prova l’essere umano, il suo essere simbolo di relazione tra gli altri e per gli altri.

L’epidemia ha denudato l’essere umano, ha messo in luce l’atavica paura della malattia e della morte e, simile all’epidemia da virus, si è creata una psicopandemia che ha determinato una paralisi profonda del pensare, del sentire e dell’agire.

In questo periodo i giovani sono stanchi di vivere nella paura e chiedono risposte al loro profondo disagio interiore: la loro sofferenza non è quella dell’inquietudine confusa degli adulti, è quasi un urlo di disperazione per non essere ascoltati, forse amati.

I problemi dei disturbi alimentari, delle dipendenze da sostanze e da internet hanno avuto un effetto domino disastroso, la pandemia ha lasciato molti ragazzi isolati, ansiosi rispetto al futuro e con la sensazione di non avere il controllo della propria vita.

L’isolamento, in particolare, ha agito come detonatore di disturbi che, per loro stessa natura, nell’isolamento nascono e prosperano. A questo bisogna aggiungere il generale peggioramento delle condizioni economiche di una gran parte della popolazione, soprattutto quella che già viveva nella precarietà. 

Ai casi nuovi e a quelli già esistenti, vanno aggiunte le ricadute di chi aveva già combattuto e vinto il proprio disturbo e a cui la pandemia ha fornito un nuovo e potente trigger. 

Vicino ai giovani, compare la visione della sofferenza del mondo degli anziani, anch’essa drammatica: l’età più vulnerabile e fragile è la più colpita. 

Riconosciamo che l’esperienza pandemica ha provocato modificazioni radicali nei nostri stili di vita, nella relazione con noi stessi e con gli altri, nelle relazioni di cura, nel senso di comunità; quanto durature non sappiamo, ma abbastanza incisive per immaginare che non saranno così facilmente eliminate e che lasceranno un segno. 

Non cerchiamo più di dare un senso alla morte dando un significato reale alla vita, poiché essa è già terrore; viviamo nel terrore perché la persuasione non è più possibile. Non siamo più consegnati alla storia perché l’essere umano non riesce più a confrontarsi con quella parte profonda di sé dove è consegnata la memoria della bellezza del mondo e dell’umanità. 

Ci sentiamo vuoti e precari. Per uscire da questo terrore, bisognerebbe saper riflettere ed agire secondo riflessione, ma il terrore, appunto, non è un clima favorevole alla riflessione. 

Ma come possiamo orientarci verso una meta se non capiamo il significato della nostra esistenza? Come possiamo indirizzarci verso un obiettivo se alla paura come sintomo si è sostituito la paura dell’altro come diverso da noi? Se a una relazione sociale si è sostituito un sospetto sociale? 

A tutto questo si è aggiunto un crollo repentino del quadro economico a cui ha fatto riscontro una ripresa veloce, dopo alcuni mesi, che ha causato importanti difficoltà dovute all’aumento improvviso della domanda e al conseguente incremento dei prezzi dei beni e delle risorse, soprattutto energetiche. 

Ne è derivata una spirale inflazionistica che costituisce al momento uno dei maggiori pericoli per l’intero ordine economico e finanziario mondiale, un rischio diventato realtà col peggiorare improvviso del quadro geopolitico internazionale a causa della guerra in Ucraina

Alla paura della sofferenza, della malattia e della morte, si aggiunge quella dei ricordi della guerra, che oggi si riaffaccia sulle pagine dei quotidiani o in televisione.

La tempesta dopo la quiete uscito in questi giorni per le Edizioni Mediterranee è una mirabile raccolta di saggi unici, scritti da giornalisti, artisti, psichiatri, sacerdoti, medici, antroposofi, psicanalisti, docenti, economisti, che aiuta a fare il punto sul momento di grandi movimenti, oggettivi e soggettivi, che stiamo vivendo, in cui il rumore delle armi ha rotto il silenzio assordante del lockdown appena terminato. 

Il libro sarà presentato in una tavola rotonda venerdì 23 settembre alle ore 18.30 in Roma Viale Mazzini 1 – Centro di Micro Arti Visive Contemporanee – nell’ambito di una mostra fotografica dal titolo Gli spiriti del tempo, argomento in piena sintonia con il contenuto del libro.

L’evento ad ingresso libero sarà accompagnato da una degustazione di vini offerta dalla Cantina Casale del Giglio.

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