Una sfida sociale e sanitaria per una patologia invalidante quanto costosa. Parliamo del dolore cronico di intensità moderata o severa, quello che dura più a lungo rispetto al normale tempo di guarigione di una malattia o di una lesione, che solitamente si risolve in media tra i tre o più mesi.

Dolore cronico, la situazione in Italia

In Italia di dolore cornico ne soffrono 9,8 milioni di persone che corrispondono al 19,7% degli italiani maggiorenni, cioè due su dieci. Una patologia che riguarda il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani. Con una prevalenza femminile: il 21,2% delle donne rispetto al 18,1% degli uomini. Inoltre per il 72,5% dei malati nella nostra società il dolore è decisamente sottovalutato. Questo è in sintesi quanto emerge dal primo Rapporto Censis-Grunenthal Vivere senza dolore.

Le caratteristiche del dolore cronico variano a seconda della sede e della causa scatenante: malattie protratte, irrisolte come per esempio ernie del disco, artrite reumatoide, fibromialgia producono stimoli nocicettivi continui che possono spiegare il dolore cronico. Così come una lesione, anche se di lieve entità, può portare a cambiamenti duraturi nel sistema nervoso, dai recettori periferici alla corteccia cerebrale, che possono produrre dolore persistente”,

spiega Tommaso Ciacca, direttore della Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Orvieto (Terni) e del Centro di terapia del dolore.

Con questa modalità di sensibilizzazione, il malessere dovuto a una patologia in risoluzione e che verrebbe altrimenti considerato come lieve o come poco fastidioso viene invece percepito come un dolore importante e significativo. In alcuni casi, come per esempio dopo un trauma, il fattore scatenante è evidente. In altri, come può essere una cefalea atipica, invece l’evento che lo produce non è chiaro e tantomeno evidente. A questo bisogna aggiungere anche la possibilità che subentrino dei fattori psicologici che spesso possono amplificare il dolore persistente. Il dolore cronico, quindi, può apparire anche di entità sproporzionata rispetto ai processi fisici identificabili. Distinguere la causa psicologica dall’effetto è spesso difficile, ma se coesistono dolore, depressione e ansia, in genere intensificano l’esperienza complessiva del dolore, considerando anche che il dolore cronico induce o aggrava spesso i problemi psicologici”.

Senza contare che il dolore cronico impedisce di svolgere le normali attività quotidiane, di fare le cose che più ci piacciono e anche di trascorrere del tempo con le persone che amiamo. È infatti fortemente legato alla mancanza di sonno, alla depressione, alla stanchezza, alla scarsa produttività. La maggior parte delle persone che ne soffrono riferiscono un peggioramento della qualità della loro vita e che spesso scorre tra incomprensione e solitudine. Basti pensare che, sempre secondo il Rapporto Censis-Grunenthal, il 56,5% dei malati ritiene che nessuno capisca veramente la sofferenza causata dal dolore cronico e il 46,7% si sente solo con il proprio dolore. Mentre il 36,4% ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la malattia.

I costi sociali del dolore cronico

Elevati anche i costi sociali, circa 62 miliardi l’anno, che comprendono le spese a carico dei malati, il costo delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale, la mancata produttività dei pazienti, i servizi di assistenza di cui necessitano e il care informale. Costi che sono stimati in 6.304 euro in media all’anno per paziente. Le spese private relative alla gestione e alla cura della patologia pesano molto o abbastanza sul bilancio familiare per il 66,5% dei malati, e molto (11,1%) o abbastanza (56,7%) negativamente sulla vita quotidiana e sul proprio benessere. In ogni caso, per il 92,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa condiziona le proprie attività quotidiane e solo una bassa percentuale (7,2%) ci convive senza rilevanti effetti negativi. 

Numeri che inducono a riflettere sul fatto che il dolore cronico dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé stante e avere dei servizi sanitari specificatamente dedicati con specialisti di riferimento. Informarsi sul dolore cronico diventa quindi fondamentale per aiutare a gestirlo e per cercare di recuperare una qualità della vita che per ora invece risulta invalidante.

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