Ecco le tappe di questo processo di riorganizzazione dell’indagine scientifica: il nuovo metodo compare per la prima volta in letteratura in un editoriale della rivista ACP Journal Club, dell’American College of Physicians nel 1991.

L’anno seguente il movimento della Evidence-based medicine è sulla rivista dell’American Medical Association. Successivamente viene fondata la Cochrane Collaboration, un gruppo di lavoro internazionale, indipendente e no profit, per preparare, aggiornare e diffondere revisioni sistematiche degli studi clinici. Dovremo però aspettare il 1996, quando in un famoso articolo sul British Medical Journal Sackett chiarisce cosa sia precisamente la EBM.

Il risultato di questo movimento scientifico ha portato a 2500 revisioni sistematiche
prodotte dalla Cochrane Collaboration fino al 2005, oltre a 1500 protocolli per la realizzazione di ulteriori revisioni. Il metodo diviene quindi una delle basi fondanti della pratica clinica in tutto il mondo e in ogni ambito assistenziale.

L’Evidence-Based Medicine (EBM) è di fatto una medicina che cerca nella sperimentazione (attraverso quelli che vengono denominati trials clinici) l’efficacia di un farmaco chimico rispetto ad un altro o al placebo. Purtroppo questo metodo di indagine ha subito negli anni diverse critiche per l’infiltrazione delle case farmaceutiche nei protocolli di ricerca.

La dott.ssa Marcia Angell (ex direttore della prestigiosa rivista medica New England Journal of Medicine) è una critica severa del metodo e delle ingerenze che l’industria farmaceutica esercita come sponsor della ricerca: 

“Molti farmaci chimici che si pensano essere efficaci sono probabilmente poco migliori dei placebo, ma non c’è modo di saperlo in quanto i risultati negativi sono nascosti… Poiché i risultati favorevoli sono pubblicati e quelli sfavorevoli sono omessi… Il pubblico ed i professionisti del settore medico credono nell’efficacia di questi farmaci… I clinical trials sono influenzati anche dal progetto dello studio, che è scelto per evidenziare i risultati positivi per gli sponsor. Per esempio il farmaco dello sponsor può venir comparato con un altro farmaco somministrato ad un dosaggio troppo basso, cosicché il farmaco dello sponsor sembri più efficace. Oppure un farmaco normalmente utilizzato negli anziani viene sperimentato in un giovane con ovvia minimizzazione degli effetti collaterali. Mi spiace giungere a queste conclusioni, alle quali sono arrivata lentamente e mio malgrado dopo vent’anni come editore del New England Journal of Medicine”. Insomma, per dirla con Mark Twain: “There are lies, damned lies and statistic” (Ci sono bugie, dannate bugie e la statistica).

Sullo stesso argomento, critici nei confronti degli studi EBM, si sono espressi Susanna Every-Palmer, psichiatra consulente forense, e Jeremy Howick, ricercatore del Centre for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford, in un articolo pubblicato sul Journal of Evaluation in Clinical Practice, riportato anche dall’Agenzia del Farmaco Italiana (AIFA). In particolare, sostengono che la sperimentazione sia stata spesso alterata dagli interessi dei soggetti coinvolti nella scelta delle ipotesi da testare nei trial, dalla conduzione degli studi e dalla comunicazione selettiva dei risultati. “Tra i due terzi e i tre quarti di tutti gli studi randomizzati pubblicati sulle maggiori riviste si sono infatti rivelati finanziati dall’industria – affermano Palmer e Howick – in secondo luogo, vi sono evidenze chiare che gli studi finanziati dall’Industria producano risultati diversi dagli studi indipendenti.  Inoltre, le aziende farmaceutiche hanno un incentivo naturale a promuovere i risultati che sono favorevoli ai loro prodotti e minimizzare i risultati sfavorevoli”.

Tutto questo ha portato a varie perplessità e a una disumanizzazione della medicina che, seguendo rigidamente delle linee guida, non tiene conto del concetto di complessità dell’essere umano.

Alla medicina basata sull’evidenza (EBM) dovrebbe contrapporsi o meglio integrarsi una medicina basata sull’individuo (IBM – individual based medicine) che tenga conto della medicina di genere, delle reazioni emozionali individuali, delle nozioni di terreno genetiche e fenotipiche, della interazione del sistema PNEI che collega Psiche, Sistema Nervoso Endocrino ed Immunitario e quindi della complessità dell’essere umano, tutti concetti propri delle medicine orientali e delle così dette medicine olistiche che sono state per anni le linee guida dei medici condotti di antica memoria. È fondamentale quindi lasciare al medico la libertà individuale di scelta della terapia più opportuna tenendo conto delle evidenze scientifiche, ma interpretandole caso per caso senza dover essere vincolato da un uso prammatico della verità scientifica che più che scienza è scientismo.

È a questo punto necessario un approfondimento sul concetto di scientismo che troppo spesso è confuso con la scienza.

Ivan Cavicchi già professore ordinario all’Università La Sapienza di Roma, ora all’Università Tor Vergata in una intervista ha dichiarato:

“La scienza che ignora le opinioni degli altri o le razionalità diverse da quelle scientifiche e i mondi della realtà complessa, meglio sarebbe chiamarla scientismo. Cioè una scienza del tutto autoriferita alle proprie verità scientifiche e che, al di là della conoscenza scientifica, non concepisce nessun altro tipo di conoscenza. Lo scientismo è la scienza con i paraocchi. Per lo scientista la scienza è quasi una fede, una verità apodittica, un imperativo razionale rispetto al quale bisogna solo obbedire. Gli scientisti, in genere non sono scienziati ma impiegati della scienza, funzionari che lavorano in istituzioni scientifiche o medico-sanitarie; sono coloro che obbediscono ciecamente alle linee guida, alle procedure, a qualsiasi impegno metodologico. Sono quelli che, per ragioni professionali, usano la scienza per svolgere la loro professione. Lo scientista ambizioso è colui che, attraverso la scienza, vuole non l’alleanza con la politica ma decidere la politica, cioè servirsi della politica”.

Nel suo ultimo libro dal titolo: “L’evidenza scientifica in medicina, l’uso pragmatico della verità”  Cavicchi si pone la domanda: esiste la verità in medicina? Ne nasce un processo al concetto e alla prassi delle evidenze scientifiche. Anche se pur con tutti i difetti, senza evidenze scientifiche, non si avrebbe una medicina scientifica, le evidenze scientifiche, pur essendo verità molto problematiche, hanno su di noi mortali, il potere di vita e di morte di un Dio, che, se usato male, se frainteso, se fallibile, o se impiegato in modo fazioso, poco saggio, o usato in modo ideologico, cioè in modo scientista, può fare disastri”.

Il filosofo e accademico italiano Giorgio Agamben così si esprime a proposito della scienza contemporanea: “La scienza che ci viene ormai proposta non ha più niente a che fare con la scienza che abbiamo studiato sui libri universitari, sui testi di filosofia della scienza. La scienza di oggi si è pienamente sostituita alla religione e qualsiasi visione si discosti dall’orientamento dominante, non importa quanto titolato sia chi la pronuncia, viene colpita come eretica… Che la scienza sia diventata la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono di credere, è ormai da tempo evidente.


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