Dopo un tempo ormai indefinito di chiusura delle sale cinematografiche lentamente e con timidezza si torna in sala, il luogo deputato del cinema. L’esplosione delle luci dello schermo si sparge sui nostri corpi, la grandezza della tela cinematografica ci sorprende, avevamo scordato forma e sensazione, l’ampiezza delle immagini ci sovrasta.
Il cinema nasce per il grande schermo e si adatta alla visione casalinga ma il suo luogo natio è sempre lo spazio della sala.

Non si tratta di un atteggiamento nostalgico, la sala cinematografica contiene, distilla l’essenza di un luogo familiare dove, soprattutto nel passato, si svolgeva una funzione sociale, di incontro, a volte di fuga da una realtà complicata e difficile.
Martin Scorsese ricorda la visione da ragazzo di Duello al sole di King Vidor:

“La musica violenta e selvaggia di Dimitri Tiomkin, la ricchezza del colore, il senso dello spazio: tutto questo mi sconvolse. Ero terrorizzato e mi ricordo di essermi coperto gli occhi… Quella fu per me un’immensa esperienza sensuale. Questo accadeva quasi cinquant’anni fa, eppure il potere allucinatorio di quelle immagini è rimasto intatto per me in tutto questo tempo.  Insomma quelle poche ore di una sala di cinema mi hanno segnato per sempre”.

Il cinema e la sala cinematografica coincidono, l’evento cinematografico corrisponde con il luogo, e il luogo deputato al cinema è la sala, contenitore di incontri, suoni, odori, solo al cinema l’esperienza filmica si trasforma realmente in un’esperienza sinestetica.

Marc Augé etnologo e antropologo francese nel suo testo Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità definisce così i luoghi e i nonluoghi: ” [..] un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi identitario, relazionale e storico definirà un nonluogo”.

Il luogo è denso di affettività, ha una memoria e la sala cinematografica lo incarna, al contrario i nonluoghi sono svuotati di ogni emotività come:” le catene alberghiere, i club vacanza in cui si sviluppa una fitta rete di mezzi di trasporto che sono anche spazi abitati, in cui grandi magazzini, distributori automatici e carte di credito riannodano i gesti del commercio ‘muto’, un mondo promesso all’individualità solitaria”.

Le migliaia di pellicole proiettate in una sala si annidano nei muri nelle poltrone, nei materiali, si nascondono in sala di proiezione creando un’aura, una radiazione complessa e vivace.

Tornare al cinema si trasforma in un rito collettivo che aggrega le persone e permette la condivisione, un cinema post-pandemico che ritrova una visione filmica condivisa.

Andate al cinema!

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