***TRIGGER ALLERT*** Questo pezzo è un po’ la continuazione di alcune riflessioni che mi porto dietro da diverse settimane e che hanno dato vita al pezzo precedente sui social network e sull’impatto sulla psiche di chi li usa. Ma questo pezzo è anche una specie di ammissione di colpevolezza, di confessione, uno spartiacque che serve a far vedere con chiarezza, prima a me e poi a voi, quanto alcune situazioni pressoché assurde possano essere dei trigger, degli inneschi scatenanti un dolore sopito. Ma qui siamo chiamati ad essere rewriters, ed essere rewriters significa riscrivere ciò che sembra scontato, ribaltarlo e darne una visione diversa, spesso distante, di quello che è percepito.

La mia colpa, cari amici impanicati e non, è quella di essere caduta in un tranello della mente scatenato, niente di meno che, dalla visione di alcune clip del Grande Fratello Vip. Sì, avete letto bene, e me ne vergogno abbastanza. Quello che è considerato uno dei reality e dei programmi maggiormente trash e privi di contenuto, che io ho sempre guardato con un pizzico di superiorità, quasi per farmi due risate su un copione alcune volte surreale, è stato per me, nelle ultime settimane, fonte di grande disagio e di altrettanto grandi ragionamenti. Come detto le primissime riflessioni sono quelle che mi hanno portato a scrivere il pezzo precedente a questo e quindi non riaprirò qui il discorso del grande inganno che si crea quando si spaccia per vero qualcosa di artefatto senza però specificarne la finzione. Stavolta però proverò a scendere più in profondità, cercando di portare a galla una seconda parte delle mie sensazioni a cui, molto probabilmente ne seguirà anche una terza.

Manuel Bortuzzo e Lucrezia Hailé Selassié

Vi riassumo brevemente la vicenda scatenante dandovi alcune indicazioni di contesto. Tra i concorrenti del GFVip di quest’anno ci sono Manuel Bortuzzo, promessa del nuoto salito alla ribalta suo malgrado perché vittima casuale di una sparatoria che lo ha costretto su una sedia a rotelle, e Lucrezia Hailé Selassié discendente dell’omonima famiglia reale etiope detronizzata nel 1974. Tra i due è nata una storia d’amore che tra alti e bassi tiene banco dall’inizio della trasmissione. Manuel è stato presentato come un personaggio positivo, che nonostante la disgrazia, ha ritrovato la forza per rialzarsi anche se non ancora in senso stretto, gli hanno messo addosso il peso del supereroe, di quello che deve normalizzare la disabilità e che avrebbe dovuto portare all’interno della casa contenuti di spessore. Lucrezia, Lulù per i più, è una ragazza all’apparenza estrosa, senza freni, viziata e capricciosa. Nella realtà sono due ragazzi di 20 anni che vestono i panni di due personaggi che a lungo andare, stando sotto le telecamere 24ore su 24, stanno decisamente stretti ad entrambi.

Questo il contesto, veniamo ai fatti e al perché di questo pezzo. Durante le settimane di tira e molla tra i due, tanto all’interno della casa, quanto in studio e sui social, il pubblico è stato per la maggior parte schierato dalla parte di Manuel. Tra i due, lui è il buono, è il poverino, è il maggiore catalizzatore di pietas. Facile capire perché, alla faccia della normalizzazione. Peccato che lei, la capricciosa principessa decaduta, da ragazzina, a detta sua e della sorella minore anche lei in casa, avrebbe subito abusi e ricatti a sfondo sessuale, sia stata vittima di bullismo e di stalking. In più, secondo alcune segnalazioni pervenute di compagni di avventura nonché guardando il suo comportamento durante i pasti, sembra soffrire di qualche disturbo alimentare, e avere un estremo bisogno di attenzioni.

Insomma due persone fragili, ferite, che, ognuno a suo modo, con i loro vent’anni, affrontano le cose che non vanno come vorrebbero. Succede quindi che Lulù quando vede Manuel allontanarsi diventi estremamente vulnerabile: è nervosa, a tratti ossessionata da lui, lo cerca, vuole capire che è successo, lo insegue, piange e si dispera come se fosse il suo grande amore. E succede che lui, già costretto dalla sua situazione fisica, si senta oppresso, fugga, la tratti male, si faccia aiutare da altri per mandarla via. Tutto questo però succede sotto le telecamere e viene messo alla mercé del pubblico che spesso confonde il commentare con il giudicare e che si scaglia contro Lucrezia con una ferocia inaudita. Lei per Twitter è pazza, manipolatrice, psicopatica da internare, deve farsi ricoverare, ossessionata, disagiata, stalker. È tutta, o quasi, colpa sua. È ritenuta un personaggio negativo, malvagio persino, egoista che non si rende conto che di fronte ha una persona diversa, debole, fragile, che non può difendersi. Niente di più falso. Perché in realtà, Manuel che oltre alla sua disabilità ha dimostrato di avere altre ferite dell’anima che non conosciamo ma che vanno comunque rispettate, si sa difendere molto bene e la maggior parte delle volte lo fa attaccando proprio Lulù, che va in crisi e si chiede costantemente se sia colpa sua, se ha fatto qualcosa di sbagliato, riversando la non accettazione sul cibo e sulle sorelle.

Alcuni dei tweet contro Lucrezia

Ora, il perché questa storia sia stata per me un trigger è presto detto. Io sono stata Lucrezia. Ho voluto bene, sono stata allontanata, ho sofferto e sono entrata in crisi. Ho provato in tutti i modi a capire, sono stata ossessionata, ho inseguito, ho pianto, mi sono presa le briciole e ho rinunciato a meritare di meglio. E leggendo alcuni commenti ho realizzato di essere stata considerata una pazza pericolosa, mentre io mi consideravo semplicemente una impanicata con un disturbo dell’umore. Sentivo di essere quasi come Manuel.

E allora sto per dire una cosa che scandalizzerà i più, ma devo farlo e mi scuso in anticipo con chi si sentirà offeso, mi auguro che potrà comprendere o almeno chiedere un confronto. Tra i due, il più fortunato, nella sfortuna e nel dolore, è Manuel. Ma come? Un ragazzo a cui hanno rubato il futuro può mai essere più fortunato di una principessa fisicamente sana? In questo contesto, sì. Perché la condizione di Manuel è chiara ed evidente, nessuno si sognerebbe di dirgli che sta mentendo. Stare su una sedia a rotelle è socialmente accettato, sicuramente non normalizzato, ma riconosciuto. Chi quando Manuel chiede di aprirgli la porta avrebbe il coraggio di dirgli che è viziato o egoista? Nessuno. La sua non è solo una disabilità comprovata ma è anche una condizione che obbliga lo spettatore all’empatia, al politicamente corretto, al dosare i commenti.

Lulù, invece, come tutti noi, porta addosso un peso invisibile. Lo spettro degli abusi, dei disturbi alimentari, della mancata accettazione, della solitudine, probabilmente gestiti in adolescenza da un’eccessiva, ma assolutamente comprensibile, protezione da parte della famiglia. Il disagio di Lucrezia, come ogni disagio mentale lieve, non solo non si vede ma non è socialmente accettato. Perché se hai un problema mentale sei pazzo e i pazzi sono pericolosi. Se è tutto nella tua mente, vuol dire che dipende da te, che ne hai il controllo. Eppure se Manuel non riesce a mettere un passo senza il girello chi avrebbe il coraggio di dirgli che non ci mette abbastanza forza di volontà?

Ed ecco cosa mi ha disturbato in queste settimane, la consapevolezza che i disagi psicologici non saranno mai considerati invalidanti ma saranno sempre ammantati da quell’alone di vizio, di scusa, di vittimismo. Sul perché di questa definizione e sul cosa comporti, ne parlerò nel terzo e spero ultimo capitolo di questa saga. Intanto però vi lascio questa intervista che Paola Perego ha rilasciato a Storie Italiane e che ha un titolo emblematico: “Ansia e attacchi di panico, il male invisibile”. Invisibile sì, ma pur sempre male.

Ansia e attacchi di panico, il male invisibile – Paola Perego a Storie Italiane – 3/11/2021
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