In un recente nostro articolo, che vi invitiamo a leggere se non l’avete ancora fatto, abbiamo confrontato energia rinnovabile ed energia nucleare, della cui re-introduzione si sta discutendo anche in Italia. In questo articolo vogliamo approfondire i motivi per cui riteniamo che le energie rinnovabili devono essere il motore principale della transizione energetica.

La transizione energetica globale è uno degli strumenti principali della strategia che dovrebbero adottare i governi del mondo per contenere il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali entro la metà del secolo come stabilito nel 2015 dall’accordo di Parigi.

Transizione energetica,
la situazione in Europa

Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) in Europa il settore energetico è responsabile di circa il 77% delle emissioni di gas serra, essenzialmente CO2 e Metano. In Europa, nel 2022 la ripartizione all’interno di questo 77% ha visto i trasporti al 22%, i servizi pubblici e privati al 31%, le abitazioni al 10%, l’industria al 18% e altro al 19%. In altro sono compresi i consumi del settore aeronautico e navale. La quota rimanente, il 23%, di emissioni proviene per circa il 10,50% dall’agricoltura, per circa il 9,00% dai processi industriali e per circa il 3,50% dalla gestione dei rifiuti. L’Italia è il terzo paese europeo per emissioni dopo Germania e Francia. Negli ultimi 12 mesi abbiamo registrato le temperature più alte mai registrate prima e ormai da 1 anno siamo al di sopra di 1,5°C sopra i livelli preindustriali. Non c’è più tempo. Transizione energetica, dobbiamo agire ora.

Abbattere le emissioni di gas climalteranti

Per abbattere le emissioni come ci chiede l’ONU e la scienza mondiale è necessario ridurre i consumi, soprattutto dei paesi occidentali, e sostituire i consumi energetici basati su fonti fossili con consumi energetici basati su energia rinnovabile. Infatti la produzione dell’energia deve arrivare da fonti rinnovabili in quanto sarebbe assurdo e inutile produrre energia elettrica con fonti fossili le quali comportano anche grandi sprechi nei processi di trasformazione!

Spostare i consumi da fonti fossili ad energia elettrica rinnovabile provocherà un progressivo ma importante aumento dei consumi elettrici che dovranno sostituire tutte le energie prodotte da fonti fossili.

Si stima un aumento, al 2050, di almeno un fattore 2 (raddoppio) ma, più probabilmente, intorno a 2,5: dipende dalla capacità che avremo di ridurre i nostri consumi, spesso inutili. Per l’Italia vorrebbe dire passare dagli attuali circa 310 TWh annui a circa 700-750 TWh. Risulta quindi subito evidente che dovremmo almeno raddoppiare le centrali di produzione e tutti gli elettrodotti di distribuzione sulle dorsali principali (con enormi costi e impatti ambientali) fino ad arrivare ad adeguare le cabine finali di distribuzione ai singoli utenti. Ma è proprio necessario raddoppiare proprio tutto? Forse potremmo risparmiarne una parte e più avanti vedremo come.

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Il ruolo delle fonti rinnovabili
nella transizione energetica

Vediamo quali sono le fonti energetiche rinnovabili secondo la nomenclatura dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change- Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, organismo scientifico dell’ONU per studiare il riscaldamento globale):

– solare (solar)

– eolico (wind)

– bioelettricità (bioelectricity: energia ottenuta da materiali di origine organica)

– idroelettrica e geotermica (geothermal & hydropower)

– nucleare (introdotta nella tassonomia1 europea nonostante molti fossero contrari, vedere ad esempio questo link)

– cattura del carbonio (CCS: tecnologia costosissima e con quasi nulli risultati)

Rimandiamo alla figura di sintesi tratta dal sesto rapporto per il clima per i dettagli: (link: Report di sintesi dell’IPCC). Dalla figura risulta immediatamente evidente come le 2 tecnologie che possono dare il maggior contributo (barra più lunga in figura) e che costano meno (parte azzurra della barra in figura) sono il solare e l’eolico. E questo vantaggio economico e quantitativo prescinde anche da eventuali altre controindicazioni come la pericolosità del nucleare o l’impatto della bioelettricità legato ai gas che vengono prodotti nei processi biologici.

1La Tassonomia Verde Europea fornisce a imprese e investitori criteri univoci e uniformi per identificare le attività economiche considerate sostenibili dalla legislazione europea.

La scienza ci da indicazioni chiare e precise su quali tecnologie adottare per iniziare a invertire il riscaldamento antropico e cercare di salvare il mondo. Perché non lo facciamo? Perché continuiamo a investire in combustibili fossili sprecando moltissimi miliardi di euro mentre freniamo sugli investimenti in rinnovabili?

Mille polemiche sull’Italia coperta di pannelli solari e pale eoliche come se coprirla di tralicci, gasdotti, grandi centrali a gas, o peggio, a olio combustibile, navi per rigassificare il gas liquido e piattaforme petrolifere in mare fosse più bello e più utile. E il governo italiano sta programmando di tornare al nucleare, infatti da poco è entrato nell’alleanza per lo sviluppo dei mini reattori nucleari. Decisione presa nonostante che, dal report dell’IPCC, risulti chiaro che il nucleare costi molto e non dia lo stesso contributo alla riduzione dei gas climalteranti delle fonti rinnovabili. Senza contare i suoi tempi di realizzazione troppo lunghi e fuori scala rispetto agli obiettivi climatici minimi del 2030 e del 2050.

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Fotovoltaico sui tetti e fotovoltaico galleggiante

Infine, chi ha detto che sia necessario fare tante grandi centrali di energia rinnovabile e ricoprire l’Italia di pannelli fotovoltaici? L’ENEA in un suo studio ci dice che per soddisfare l’intero fabbisogno elettrico del settore residenziale nazionale basterebbe installare pannelli fotovoltaici sul 30% circa della superficie complessiva dei tetti degli edifici ad uso abitativo del nostro Paese. A questi, ovviamente, potranno essere aggiunti i tetti dei capannoni industriali e delle fattorie agricole che, per loro natura, non sono situati in centri storici tutelati.

Inoltre, perché non seguire l’esempio del Portogallo? Le acque del lago artificiale di Alqueva, nella regione portoghese dell’Alentejo, accolgono il più grande parco fotovoltaico galleggiante d’Europa. La combinazione di diverse tecnologie per la generazione e l’accumulo di energia, insieme alla ricerca di un basso impatto ambientale è ciò che contraddistingue questo progetto. Da un lato, riunisce le tecnologie di produzione di energia idroelettrica e fotovoltaica e lo stoccaggio a lungo tempo (pumping) e a breve termine (batteria); dall’altro lato, sfrutta lo stesso punto di connessione alla rete della centrale idroelettrica di Alqueva, costruita 20 anni fa, consentendo la conservazione dell’ecosistema. L’impianto fotovoltaico è più efficiente in quanto naturalmente raffreddato e viene anche ridotta l’evaporazione delle acque. L’impianto ha avuto il premio europeo per l’energia sostenibile, qui il link.

La soluzione per l’Italia

L’Italia ha già molte centrali idroelettriche la cui produzione cala nei periodi di siccità. Il progetto portoghese è, insieme ai tetti residenziali, agricoli e industriali, la soluzione per dotare il nostro Paese dell’energia rinnovabile necessaria senza i gravi impatti ambientali causati da reattori nucleari, grandi centrali fossili, nuovi gasdotti, piattaforme petrolifere etc.

L’obiezione potrebbe essere che non tutti gli utenti residenziali, attività commerciali, piccole imprese, fattorie hanno tetti o altri spazi dove istallare gli impianti fotovoltaici. Anche in questo caso esiste la soluzione: le CER(S), Comunità Energetiche Rinnovabili (e Solidali). Si tratta di piccole/medie comunità di cittadini, piccole imprese, associazioni che condividono uno o più impianti di energia rinnovabile (tipicamente fotovoltaica ma anche minieolico e minidroelettrico) e si ripartiscono l’energia rinnovabile tra di loro in un contesto territoriale limitato (un comune, un quartiere) individuato tipicamente da una cabina primaria di distribuzione elettrica. La produzione di energia avviene in prossimità dei luoghi in cui deve essere usata al fine di ridurre le dispersioni e i costi legati al trasporto, nonché gli impatti ambientali per la costruzione di nuove infrastrutture di trasporto e distribuzione, la cui necessità si ridurrebbe notevolmente. Sull’argomento rimandiamo agli articoli scritti nei mesi scorsi (link all’articolo del 26 gennaio 2024; link all’articolo del 7 marzo 2024).

La soluzione quindi sembra evidente: eliminare le sovvenzioni alle fonti fossili e investire massicciamente per:

1) ottimizzare la produzione idroelettrica dotando le nostre dighe esistenti di impianti simili a quello portoghese,

2) diffondere il più possibile le CER(S) al fine di utilizzare i tetti degli edifici esistenti per la condivisione dell’energia,

3) promuovere la riduzione dei consumi inutili ad esempio migliorando il trasporto pubblico e incentivando la riduzione della plastica tassando i contenitori usa e getta a favore del refilling.

Tra l’altro sarebbe l’occasione di creare nuove opportunità di lavoro e migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.

Inattivismo e greenwashing

Gli obiettivi al 2030 del PNIEC italiano nonché quelli europei ci impongono di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili per contribuire a raggiungere l’obiettivo europeo di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 (vedere Target Europa al 2030). Come appena detto potremmo iniziare a muoverci in quella direzione con costi sostenibili e risultati già sperimentati.

Ci chiediamo quindi perché il nostro governo vada invece in direzione completamente opposta. Rispetto ai 3 punti sopra riportati evidenziamo alcune delle tante contraddizioni che ci hanno convinto della volontà di rimanere inattivi delle nostre attuali istituzioni:

  1. non abbiamo notizia di investimenti nella direzione del progetto della diga portoghese. Eppure il PNRR sarebbe stata una grande occasione per realizzare progetti di questo tipo. Si semplificano invece i permessi per le nuove piattaforme petrolifere in Adriatico e si costruiscono nuovi gasdotti con tutte le devastazioni conseguenti.
  2. i decreti che recepiscono la direttiva europea sulle CER sono assolutamente insufficienti. Limitano la potenza a un max di 5 GW (ne servirebbero circa 70-80!), introducono complessità burocratiche, non prevedono la possibilità di utilizzare i tetti pubblici da parte dei cittadini, danno incentivi poco attrattivi. Addirittura dal 1 gennaio 2025 la detrazione fiscale spettante a chi installa impianti fotovoltaici cala dal 50% al 36% (per scendere poi al 30%) e il limite di spesa scende da 96.000 euro a 48.000 euro. Cosa che danneggia i singoli ma soprattutto le CER(S) che, avendo necessità di impianti più grandi in quanto servono una pluralità di utenti, sono costrette a investimenti maggiori.
  3. Da poco è stata ulteriormente rinviata la plastic tax. La gran parte degli incentivi da poco erogati per il settore auto sono andati alle auto termiche, le famose stufe su ruote.

Ci sarebbero anche altri indizi che ci fanno capire come il governo stia andando nella direzione sbagliata. Ad esempio il fatto che gli incentivi per le fonti fossili, decine di miliardi di euro annui, non vengono aboliti o almeno significativamente ridotti. Purtroppo l’elenco è troppo lungo per essere esaustivi, ma è evidente che siamo di fronte a un greenwashing (si spacciano per efficaci azioni che sono solo di facciata) finalizzato a mantenere il potere delle multinazionali del fossile.

Le CER(S) sono troppo “democratiche” e a minore densità tecnologica quindi più sicure e più facilmente utilizzabili da parte di una grande quantità di persone. Questo forse da fastidio a chi deve continuare il suo business nel fossile o nella produzione di armi.

Che fare

Come detto dobbiamo agire ora. Quindi diffondiamo il più possibile l’informazione che il Paese sta andando in una direzione sbagliata, che è necessario correggere subito la rotta. Parliamo con le forze più sensibili al tema climatico, in Italia ma anche in Europa. Dobbiamo assolutamente evitare che in Europa le forze contrarie al Green New Deal lo distruggano rendendolo inefficace.

Anzi dobbiamo chiedere non solo di preservarlo ma anche di migliorarlo ulteriormente e di obbligare tutti gli stati membri a rispettare i target che ha dato l’Europa. Target ben sintetizzati nel documento del Parlamento Europeo nel quadro del pacchetto pronti per il 55% cioè pronti a ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030. L’Italia invece, come detto, sta andando a fallire miseramente questo obiettivo di riduzione.

Quanto sia importante rispettare i target fissati è evidente dagli studi scientifici dell’ONU e perciò vi invitiamo di nuovo a prendere visione del già citato Report di sintesi dell’IPCC che fa parte del ben più corposo lavoro che l’IPCC ha effettuato per la stesura del sesto rapporto sui cambiamenti climatici.

di Guido Marinelli per conto di Valeria Belardelli

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