L’Arabia Saudita: un viaggio nel passato proiettati nel futuro
Terra di contrasti e meraviglie, L'Arabia Saudita stupisce con i suoi palazzi da mille e una notte e incanta con i paesaggi mozzafiato.

Terra di contrasti e meraviglie, L'Arabia Saudita stupisce con i suoi palazzi da mille e una notte e incanta con i paesaggi mozzafiato.
L’Arabia Saudita, vasto regno del Medio Oriente, culla dell’Islam e custode di antiche tradizioni, si è aperta da pochi anni al turismo non religioso offrendo ai visitatori un’esperienza di viaggio unica e sorprendente. Terra di contrasti e meraviglie, stupisce con i suoi palazzi da mille e una notte e con le sue strutture ultramoderne; allo stesso tempo, incanta con i paesaggi tradizionali e mozzafiato dello sconfinato deserto, con i colori della sabbia e della terra, con l’azzurro del Mar Rosso e con le sue tradizioni ancora molto sentite dalla popolazione.
Molte sono le mete che vale la pena visitare: Riyadh, la capitale, con i suoi grattacieli avveniristici; Jeddah, moderna metropoli dal pittoresco centro storico patrimonio dell’Unesco; i siti archeologici millenari nascosti nel deserto, ma quello che mi ha lasciato senza parole, come unicità e originalità è sicuramente il Maraya Concert Hall ad Al Ula.
Nella parte nord-occidentale dell’Arabia Saudita, a circa 1000 km da Riyadh, troviamo Al Ula, un’area desertica che, negli ultimi anni, rappresenta uno tra i più interessanti progetti di sviluppo culturale del mondo arabo. Fin dall’antichità Al Ula è stato un luogo che si è distinto per la sua creatività, baricentro di viaggi e scambi commerciali, luogo di straordinario patrimonio naturale e umano. La vasta area (circa 23mila km²) racchiude lussureggianti oasi, imponenti montagne di arenaria e antichi siti archeologici risalenti ai regni di Dadan e Lihyan e dei Nabatei.
Nel corso del tempo, all’area che rappresentava il confine fra la Siria e l’Arabia, dall’Eufrate al Mar Rosso e dove si insediò il popolo dei Nabatei, fu dato il nome di Nabatene. I Nabatei, popolo di mercanti, crearono una rete mercantile efficacemente controllata e gestita, in grado di mettere in comunicazione il sud e il nord della penisola araba e di commercializzare, nell’area mediterranea, prodotti provenienti dalla lontana India e dalle vicine regioni. Pochissimo è giunto a noi della loro letteratura, ma la diffusione della loro lingua è confermata in un gran numero di graffiti e iscrizioni epigrafiche, che si possono ritrovare persino a Petra. È certo, però, che fossero considerati degli straordinari mercanti e tutti i ritrovamenti risalenti all’età classica fanno pensare che la provenienza delle merci nonché le loro rotte mercantili fossero considerate un segreto, mascherato in racconti in grado di confondere i forestieri.
È proprio da queste radici, da questo percorso storico-culturale che nasce l’idea del Maraya Concert Hall. Traendo ispirazione dal paesaggio naturale, dalla cultura dei Nabatei, dall’arte del mascheramento e della mimesi, il progettista Florian Boje dello studio di architettura milanese Giò Forma, affiancato nel project management da Massimo Fogliati e Fabio Pavanetto di Black Engineering di Torino, ha creato il Maraya Concert Hall, struttura dal cuore italiano, che è entrata nel Guinness World Records per essere l’edificio a specchi più grande del mondo.
Il Maraya, che in arabo significa specchio, oltre che un’imponente sala concerti, è oggi un nuovo riferimento mondiale per eventi, incontri e luogo di aggregazione artistica, soprannominato “meraviglia riflessa”. La struttura, un enorme cubo di specchi, icona di significati ed esempio di eleganza, esalta, riflettendolo, il paesaggio naturale esterno e allo stesso tempo la sua cultura, inserendosi nel contesto, che ha ispirato e affascinato creativi, artisti e architetti dai tempi della civiltà Nabatea fino ai giorni nostri, senza risultare un soggetto estraneo. Una operazione difficile e sfidante, se si pensa che parte del paesaggio riflesso è simile a quello di Hegra, il primo sito storico del Regno dell’Arabia Saudita ad essere stato nominato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
La facciata del Maraya Concert Hall è stata inaugurata con una cerimonia speciale organizzata dalla Royal Commission for Al Ula nel corso della seconda stagione del Festival Winter at Tantora. La Concert Hall ospita 500 persone sedute ed un spazio riservato alla famiglia reale e ha accolto esibizioni di artisti di spicco della scena internazionale, tra cui il musicista Omar Khaira, il tenore Andrea Bocelli, Mariah Carey, Alicia Keys e John Legend. Attrezzata con i più avanzati impianti audio teatrali e operistici, ricopre una superficie di circa 10mila m², con un teatro alto 26 metri, dotata di una enorme vetrata retrattile di 800 mq che crea una vista unica sul paesaggio naturale circostante.
Il Maraya Concert Hall è stato costruito tenendo conto della natura delle rocce locali segmentate in modo da riflettere l’incredibile paesaggio circostante. In questo modo le immagini che si riflettono sulla struttura danno, a chi li ammira e si specchia, una profonda connessione del patrimonio umano con la natura.
Realizzata nell’arco di dieci settimane, grazie al lavoro congiunto di oltre mille persone, fra maestranze e tecnici, la struttura e il territorio circostante, vogliono rappresentare una meta artistica, luogo in cui musicisti, poeti, artisti tutti possano trarre ispirazione, stimolati dalla storia e dalla cultura della regione e delle civiltà che lo hanno abitato nei secoli.
Inoltre, grazie alla sua posizione centrale, questo originale ed unico sito punta a sviluppare l’economia per i residenti e le imprese locali: sfruttando la sua posizione centrale, infatti, il Maraya può essere luogo ideale per ospitare eventi locali e internazionali, organizzando spettacoli e mostre negli splendidi spazi e sfruttando l’unicità del ristorante guidato dallo chef e ristoratore inglese, tre stelle Michelin, Jason Atherton. Inoltre, è possibile dormire nel Banyan Tree AlUla un glamping con 47 suite tendate di dimensioni variabili nel bel mezzo del deserto, una vera oasi che si fonde quasi completamente nel paesaggio, con ville quasi invisibili a prima vista.
L’Arabia Saudita che ho percorso in auto, per più di 3000 km, è un paese legato alle tradizioni e ricco di storia ma in continuo fermento e profonda trasformazione: un percorso tra paesaggi naturalistici mozzafiato; tradizioni che richiamano le antiche vie dei mercanti, “la via dell’Incenso”; un cuore pulsante dell’Islam; un’ospitalità saudita con una tradizione che riscalda il cuore; un futuro pieno di investimenti ed eventi con grandi cantieri a cielo aperto con un obiettivo bene in mente…Saudi Vision 2030 la strategia promossa, dalla famiglia reale, per ridurre la propria dipendenza dal petrolio e diversificare l’economia del paese.