“Voglio innanzitutto rimuovere quello stereotipo secondo il quale il Parkour sia uno sport sostanzialmente maschile: tutti possono avvicinarsi semplicemente attraverso l’allenamento”, ha detto la 22enne Serafina Ferraro, campionessa italiana assoluta di Parkour Freestyle 2020. Sulla stessa linea la 15enne Chiara Vitolo, campionessa italiana junior Freestyle e Speed:

Spero che la componente femminile del Parkour italiano possa crescere, perché è uno sport che lascia libertà di espressione a tutti e insegna tanto“.

Il Parkour, o Arte dello Spostamento (ADD, Art Du Déplacement), è una disciplina sportiva nata in Francia negli anni ’80 e arrivata in Italia intorno al 2005 e consiste nell’abilità di compiere un percorso partendo da un punto A e arrivando a un punto B, superando qualsiasi genere di ostacolo in modo rapido e funzionale. Gli atleti di parkour, chiamati tracciatori, si spostano generalmente in un ambiente complesso, con la creatività di adattare il proprio corpo al contesto circostante, naturale o urbano senza alcun tipo di assistenza:

Per i fanatici e i curiosi, consiglio il libro Il parkour e la città. Storia, metodo ed esercizi atletici negli spazi urbani (editore Erga, giugno 2020), di Federico Barbieri, dottore di ricerca in Storia all’Università di Genova, esperto di Scienze Antropologiche ed Etnologiche, ex tracciatore:

Questo libro ci racconta di come ci si possa riappro­priare di spazi urbani apparentemente ostili e di trasfor­marli in gioco, in competizione. Non è un caso che il parkour abbia le sue radici nelle banlieues parigine”.

E’ esattamente così che nasce il Parkour, dalla volontà di riconquistare la libertà di movimento perduta e di superare ostacoli in apparenza insuperabili.

Stiamo parlando di qualcosa che supera la disciplina sportiva, perché, oltre a rappresentare una forma innovativa di atletismo, è decisamente uno stile di vita e la presa di posizione politica di chi si riappropria di spazi urbani spesso inutilizzati o abbandonati al degrado e all’incuria.

Serafina Ferraro

Ma che posto hanno le donne, soprattutto oggi, da quando, nel 2017, il CONI ha riconosciuto il Parkour come disciplina ufficiale? Traceuses Project 2010 nasce proprio con lo scopo di promuovere la presenza femminile nelle discipline del Parkour in Italia: “Il progetto nasce dall’unione e dalla collaborazione delle traceuses italiane, per incitare altre ragazze all’approccio alla disciplina senza troppe esitazioni legate al sesso, perché sono discipline aperte a tutti“, dicono le girlz.

A teorizzare l’aspetto femminista del Parkour è però la parkourer Giada Pastorino:

Il Parkour mi aiuta a spostare i limiti, fisici e mentali. Come in qualsiasi arte, non si guarda al genere sessuale maschile o femminile ma al potenziale, a ciò che ognuno può esprimere. Con l’Arte dello Spostamento riesco davvero a prendere coscienza di ciò che posso fare“.

Guardatela negli occhi in questo breve video.

Pastorino si è formata con l’Associazione Parkour Firenze, tramite la quale è entrata in contatto con il mondo dei raduni e con le realtà italiane ed estere (Laurent e gli Yamakasi compresi): ha un background sportivo e filosofico che affonda le radici nelle arti marziali (il padre è Maestro di Kung-Fu, la madre pratica di Tai-chi e yoga) ma ha praticato sport in modo transizionale (calcio, pallavolo, pugilato, danza, nuoto, arrampicata) perché crede nella trasversalità fra le varie discipline e nell’importanza di permettere al corpo un’esperienza espressiva multipla.

Per chi è realmente interessato al Parkour in strada – dice Serafina Ferraro a Giovanni Minieri – posso consigliare di contattare me, o atleti che postano le proprie performance sui social, ed organizzarsi per condividere attività ed esperienze. Io ho iniziato proprio così: sono entrata in contatto con atleti che praticavano l’ADD, e da lì ho cominciato a far parte dei gruppi di allenamento. All’esterno permane qualche remora perché questo sport viene ancora concepito come uno sport estremo, ma spero che i giovani, anche attraverso la mia esperienze e i video che circolano in rete, possano avvicinarsi in sicurezza e senza alcun tipo di timore“.

Consiglio di vedere lo straordinario One More Jump, pluripremiato documentario dedicato a Tiziana Soudani, una produttrice il cui apporto professionale è sempre stato rivolto alla promozione dei diritti umani, sulla storia di due atleti di Parkour di Gaza che devono combattere per la loro libertà. 

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