Dopo avervi parlato di un gigante, voglio parlarvi di un pesce-bambino. Ma, prima di dirvi chi è Luca e di quale film sto parlando (moltə di voi avranno già capito), voglio restare sulla metafora del lungometraggio e sull’immaginario che propone. Al centro, un ménage, una relazione affettiva, leva di trasformazione e crescita.

Poco importa, in realtà, la natura della relazione, così come è secondaria la stagione dell’età che si lascia e quella che si trova. Conta invece, soprattutto, il fatto che grazie all’amore si può evolvere.

Non solo. L’altro tema è l’identità: si è qualcosa, nelle profondità di sè, che può non corrispondere a ciò che si è “fuori” di sè, in superficie, in mezzo agli altri. Guardate il trailer per capirci con un insight:

Uscito un mese fa sulla piattaforma streaming Disney+ a causa della pandemia di COVID-19, la trama racconta di due pre-adolescenti, Luca Paguro e Alberto Scorfano, e della loro magica estate in Riviera (Pixar e Disney hanno ambientato il film in Italia per via delle origini liguri del regista), a mangiare gelati e pasta, e sognando di comprarsi una VespaI ragazzi però condividono e nascondono un grande segreto: non sono bambini normali, ma mostri marini che vivono sott’acqua. Luca è introverso e timido, uno che ha sempre rispettato le regole del suo mondo subacqueo e della sua amorevole famiglia, ossia mai salire in superficie. Alberto, cresciuto senza genitori, è un ribelle e convince l’amico a trasgredire e a esplorare la terraferma. Lì (Portorosso, in Liguria) conosceranno Giulia, figlia di un pescatore assetato di mostri marini. I tre partecipano a una gara nella speranza di vincerla e di potersi comprare la Vespa desiderata, ma dovranno stare molto attenti a non bagnarsi mai: al contatto con l’acqua verrebbero immediatamente fuori le squame. Purtoppo, inevitabilmente, a un certo punto questo accade, e tutto Portorosso dà loro la caccia.

I punti commoventi e toccanti riguardano il tema della crescita e dei suoi costi, ma anche quello dell’autenticità di ognuno di noi che non sempre è facile contattare e poi tirare fuori; infine, il tema dell’accettazione e dell’integrazione da parte di chi è diverso da noi e ci percepisce come minaccia al proprio status quo. Sono le grandi questioni sociali della contemporaneità.

Un film sulla crescita,
sull’esplorazione, sul rischio

Crescere implica una separazione, un tradimento, un abbandono: per esplorare il mondo, Luca deve trasgredire le regole del suo mondo di appartenenza, distaccarsi dall’affetto protettivo dei genitori. Quante volte ci è capitato di trovarci allo stesso doloroso bivio: se percorrere la strada dell’esplorazione, del rischio, dell’esperienza, oppure restare nella zona di comfort, in una posizione conservativa. Spesso, come in questo film, accade che sia una relazione a stimolarci, a provocarci, a risuonare dentro di noi e agganciare la nostra parte eroica, quella che non può resistere al richiamo della conoscenza, pervasa dal desiderio e dalla pulsione a varcare le Colonne d’Ercole. E’ un passaggio sempre traumatico, perché implica fisiologicamente una rinuncia, come ogni volta che si conquista qualcosa.

Anche il tema dell’autenticità non è mai scontato: essere un mostro marino, ricoperto di squame e residente nelle profondità acquatiche significa non essere come tutti gli altri. Lo sono le persone mancine, omosessuali, disabili, albine, balbuzienti, daltoniche, celiache, etc, ma lo siamo sempre anche noi, ognuno di noi. Chiunque, che sia in un buon contatto con la propria autenticità o meno, da qualche parte “sa” di essere unico e quindi diverso da tutti gli altrə e spesso questa consapevolezza intimidisce. Questo film racconta il lento empowerment di Luca con la sua diversità, fino a farlo diventare orgoglioso di sè.

Superata l’esofobia sociale introiettata (appunto l’identificazione con la paura che gli altri hanno della nostra unicità-diversità-autenticità), resta però da affrontare la comunità e la sua diffidenza: Luca e Alberto, grazie anche alla mediazione dell’amica Giulia (che è “normale”, senza squame, ma empatizza con loro perché anche lei si sente appunto una “diversa”), riusciranno a farsi benvolere e ad essere accettati per quello che sono realmente: questo passaggio è il più toccante perché, grazie al loro percorso, anche altri, in paese, faranno il loro coming out e riveleranno le proprie autenticità, smontando definitivamente quella sequenza di convenzioni asfittiche che reggeva i rapporti sociali di Portorosso rendendo libere tante persone prigioniere di un falso sè.

Bravo il regista Enrico Casarosa anche per le suggestioni felliniane e miyazakiane e per l’atmosfera nostalgica anni ’50: “Il mio film – ha affermato Casarosa – è una lettera d’amore alle estati della nostra giovinezza, quegli anni formativi in cui stai cercando te stesso. Le mie vacanze estive sono state proprio lì, alle Cinque Terre, ed è stato lì che ho incontrato il mio migliore amico quando avevo 11 anni. Si chiamava davvero Alberto, era appunto un terremoto, mentre io ero molto timido e avevo una vita un po’ al riparo da tutto: Alberto mi ha spinto fuori dalla mia zona di comfort, mi ha spinto giù da molti precipizi, metaforicamente e non. Probabilmente non sarei qui se non avessi imparato a inseguire i miei sogni da lui”.

Chissà che questa storia non sia in parte vera, viste le numerose leggende sui mostri del Mar Ligure e sui reali ritrovamenti assai bislacchi, come quello del 2 giugno 1974 quando, nelle reti dei pescatori di Camogli, venne trovato un misterioso pesce di cinque metri di lunghezza con squame variopinte, proprio come quelle di Luca e della sua specie. Del caso si interessò addirittura Jacques Cousteau che identificò l’animale come appartenente ad una sottospecie della famiglia dei pesci luna (Lampris luna): pur essendo solito dimorare nella profondità degli abissi, per qualche strana ragione aveva evidentemente deciso di fare una capatina in superficie 😉 .

Ps. Per appassionati di mostri marini, consiglio di leggere Dal leviatano al drago. Mostri marini e zoologia antica tra Grecia e Levante!

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