Cos’è: La sindrome da burnout o sindrome da esaurimento professionale è una patologia che deriva da un intenso stress lavorativo, che colpisce particolarmente operatori e professionisti occupati in attività che implicano relazioni interpersonali. Gli studiosi Maslach e Leiter hanno individuato le seguenti componenti nella sindrome da burnout: mancanza d’impegno verso il lavoro, perdita delle emozioni inizialmente associate al lavoro e un problema di adattamento tra la persona e il lavoro causato dall’eccessivo impegno richiesto da quest’ultimo.

Descrizione: Come dimostrano alcuni studi, la maggior parte di coloro che soffrono della sindrome sono persone impegnate nelle cosiddette professioni d’aiuto e, più in generale, coloro che entrano a contatto con persone in situazioni di disagio. L’ambito in cui la sindrome risulta più diffusa è quello sanitario e le figure più colpite risultano essere psicologi, medici, infermieri, assistenti sociali e forze dell’ordine. Tuttavia, anche nell’ambito dell’insegnamento si registrano numerosi casi di sindrome da burnout.

Se le persone che iniziano a manifestare sintomi tipici della sindrome non vengono opportunamente trattate, inizieranno a vivere un processo di logoramento psicofisico causato dalla mancanza di energie e dalla mancata gestione dello stress.

Sintomi: Il burnout causa esaurimento emotivo e depersonalizzazione (un disturbo dissociativo) e mostrano spesso un atteggiamento cinico. La persona in preda al burnout tenderà a evitare l’ambiente lavorativo, assentandosi in maniera sempre più frequente e manifestando scarso interesse ed empatia nei confronti dei soggetti dei quali dovrebbe occuparsi. Oltre che sulla salute mentale, la sindrome ha un forte impatto anche sul fisico della persona che potrebbe essere colpita da insonnia e depressione, che portano inevitabilmente a un forte deterioramento del corpo.

Fasi del burnout:

  1. La prima fase è detta “entusiasmo idealistico” ed è la fase nella quale il soggetto sceglie un lavoro che lo coinvolga emotivamente in maniera profonda.
  2. La seconda fase è detta “stagnazione” e avviene quando il soggetto, sottoposto a un eccessivo carico lavorativo, inizia ad accorgersi di come le sue aspettative non corrispondano alla realtà. In questa fase inizia a manifestarsi un calo dell’entusiasmo e dell’interesse.
  3. La terza fase è quella della frustrazione, si iniziano qui a manifestare un senso d’inutilità e la percezione di essere sfruttato. Iniziano qui l’assenteismo dal lavoro e l’assunzione di atteggiamenti distruttivi e autodistruttivi.
  4. La quarta fase è quella dove entra in gioco l’apatia e si assiste a una vera e propria “morte professionale” dell’individuo.

Sullo sfruttamento in ambiente lavorativo consiglio l’ottimo articolo di Dario Bevilacqua, pubblicato nella pagina web della rivista Rewriters (https://rewriters.it/il-caporalato-e-lagricoltura-sociale/).

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