Una terapia per “spegnere” il gene del colesterolo alto
Colesterolo. Dimostrata per la prima volta in vivo l’efficacia del silenziamento epigenetico. Lo studio, pubblicato su Nature.
Colesterolo. Dimostrata per la prima volta in vivo l’efficacia del silenziamento epigenetico. Lo studio, pubblicato su Nature.
I danni provocati al nostro organismo dall’ipercolesterolemia sono ormai noti in quanto questa rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza delle malattie cardiovascolari. L’eccesso di colesterolo può infatti causare la formazione di depositi di grasso nei vasi sanguigni, detti anche placche aterosclerotiche, che a loro volta contribuiscono a restringerne il calibro provocando infarto e ictus perché ostruiscono il passaggio del sangue.
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la prima causa di morte nel mondo, con una stima di circa 17,9 milioni di decessi ogni anno. Da molti anni gli studi clinici evidenziano la diretta correlazione diretta tra colesterolo Ldl e malattia cardiovascolare aterosclerotica e su queste basi che si muove la ricerca scientifica per terapie sempre più innovative.
Cosi come ha fatto il team di ricercator*, guidato da Angelo Lombardo, dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-TIGET) di Milano con l’Università del Piemonte Orientale, l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate e l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano che per la prima volta hanno dimostrato l’efficacia in vivo di un approccio terapeutico avanzato in grado di spegnere il gene PCSK9 attraverso meccanismi di silenziamento epigenetico, quindi senza alterare la sequenza di DNA.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature, potrebbero portare allo sviluppo di un trattamento per l’ipercolesterolemia da assumere una sola volta nella vita. Inoltre, si potrebbero aprire delle nuove prospettive terapeutiche simili anche per altre patologie. Una sola somministrazione è stata sufficiente per silenziare il gene nei topi:
“Abbiamo effettivamente confermato che Pcsk9 viene spento in modo stabile e a lungo termine”, spiega Martino Alfredo Cappelluti, primo autore dello studio.
Il gene PCSK9, oggetto dello studio, è cruciale nella regolazione dei livelli di colesterolo Ldl nel sangue e, di conseguenza, contribuisce a definire il rischio di patologie quali l’infarto miocardico e l’ictus. L’avanzamento della ricerca nell’ambito della biologia molecolare ha portato inoltre alla distinzione tra editing genetico, ovvero la modifica diretta della sequenza di DNA di un gene, e l’editing epigenetico, che riguarda la modulazione dell’attività genica senza alterazioni del DNA. Nello specifico, l’editing epigenetico utilizza meccanismi quali l’aggiunta o rimozione di gruppi chimici al DNA, influenzando così l’accessibilità del macchinario cellulare che dà il via al processo responsabile della sintesi proteica.
Il team ha in primo luogo sviluppato delle molecole – chiamate editori – programmate per riconoscere e spegnere questo gene attraverso l’aggiunta di particolari gruppi chimici alla sua sequenza. Il secondo passaggio è stato quello di incapsulare gli editori in nanoparticelle lipidiche, analoghe a quelle utilizzate per i vaccini anti-Covid a mRNA, le quali sono state somministrate ai topi. Il silenziamento epigenetico così prodotto ha mostrato una stabile inibizione dell’espressione genica di PCSK9, aprendo quindi la strada a nuovi interventi terapeutici.
“Rispetto ad altri trattamenti pur innovativi diretti contro PCSK9 questo approccio potrebbe avere numerosi vantaggi – afferma il coordinatore dello studio, Angelo Lombardo – trattandosi di una terapia da effettuare una sola volta nella vita, che non modifica la sequenza del DNA (con tutti i rischi che questo potrebbe comportare) e con effetti potenzialmente reversibili. Inoltre, la dimostrazione di efficacia ottenuta costituisce una base molto solida per sviluppare strategie di silenziamento epigenetico dirette sempre al fegato per altre malattie, come l’epatite B, ma anche ad altri organi, come il sistema nervoso centrale”.
Lo studio, dunque, non individua solo un metodo alternativo per il trattamento dell’ipercolesterolemia sia nella forma familiare che in quella acquisita, ma offre anche una nuova prospettiva sul potenziale impiego del silenziamento epigenetico per geni diversi dal PCSK9, nell’ambito di un ampio spettro di patologie.