Nella storia delle vaccinazioni dopo Jenner dobbiamo citare Louis Pasteur, padre della batteriologia. Con lui si prende atto che le malattie infettive sono causate da un agente microscopico vivente il batterio.

Nel campo delle vaccinazioni si afferma il concetto di attenuazione secondo il quale, il germe poteva essere attenuato in vari modi – passandolo serialmente in animali diversi, o in colture cellulari, o aggredito con calore od ossigeno – per renderlo innocuo, ma, allo stesso tempo, capace di suscitare la risposta immunitaria. 

Una fortunata casualità suggerì a Pasteur come diminuire la forza infettiva del bacillo del colera dei polli che era stato isolato qualche anno prima: la prolungata esposizione all’ossigeno per una fortuita disattenzione del ricercatore provocò l’attenuazione dell’aggressività batterica.

Questo permise a Pasteur la formulazione di  un vaccino contro l’erisipela suina, dopo di che si dedicò allo studio della rabbia. All’epoca si pensava che l’agente patogeno risiedesse solo nella saliva del cane, mentre Pasteur dimostrò che si trovava nel sistema nervoso, e proprio con l’esposizione all’aria di midollo spinale di un coniglio infettato ottenne un virus per poter mettere a punto un vaccino. Nel 1885 inoculando pazienti morsi da cani rabbiosi dimostrò l’efficacia del suo vaccino.

In Francia si stava affermando la microbiologia con Paster, mentre in Germania si affermava con Robert Koch la batteriologia. I due furono rivali nel campo dell’immunizzazione.

Koch isolò il batterio della tubercolosi, scoperta che gli valse il Nobel nel 1905, ma fallì tutti gli esperimenti di produrne un vaccino, cosa che realizzarono due francesi, Albert Calmette e Camille Guérin, che trasferirono un ceppo di batteri di tubercolosi bovina per 230 volte, lungo un periodo di ben 13 anni, in terreni di coltura costituiti da bile, glicerina e patata, ottenendo, così, un germe non virulento che fu chiamato Bacillus Calmette-Guèrin e utilizzato a partire dai primi anni Venti del Novecento.

Qualche anno prima di Koch, nel 1901, il Nobel per la medicina era stato assegnato a Emil von Behring e Shibasaburo Kitasato – entrambi avevano lavorato con Koch stesso a Berlino – per i vaccini contro la difterite e il tetano.

Come nasce la sieroterapia

In questo caso, non si trattava di iniezione di germi in qualche modo attenuati, ma di vaccinazioni attraverso preparazioni di siero sanguigno di animali infettati che avevano sviluppato gli anticorpi alla malattia.

Nasceva, con ciò, la sieroterapia. Un’antica pratica riutilizzata diverse volte nel corso della storia successiva – non ultima contro le epidemie di Ebola – che, tra l’altro, oggi è nuovamente sotto i riflettori nelle discussioni sulle possibili terapie contro il Covid-19.

Ricordiamo a questo proposito il medico direttore di pneumologia e terapia intensiva respiratoria del Carlo Poma di Mantova De Donno che aveva proposto con successo la sieroterapia per curare il Covid nel suo reparto, ma che fu contrastato ad oltranza dal potere di Bigfarma fine al triste epilogo.

La poliomielite e i vaccini per sconfiggerla

Non possiamo tralasciare nell’avvicendarsi di sieroterapie e vaccini la lotta alla malattia che nella prima metà del novecento ha provocato gravi danni: la poliomielite.

Il virus venne isolato nel 1909, ma la malattia ha origini antiche, infatti la sua esistenza è documentata dai tempi dell’antico Egitto. 

La diffusione della polio ha raggiunto un picco negli Stati Uniti nel 1952 con oltre 21.000 casi registrati. In Italia nel 1958 furono notificati oltre 8.000 casi.

Hilary Koprowsky sviluppò un vaccino orale ottenuto attraverso passaggi seriali del virus della malattia in embrioni di pollo e topo, testato per la prima volta nel 1950, ma entrato in produzione e diffuso, soprattutto in Africa, solo diversi anni dopo.

Nello stesso periodo, Jonas Salk e Albert Sabin lavorarono a un vaccino percorrendo strade diverse da un punto di vista tecnico-scientifico e, inoltre, con una certa rivalità reciproca. 

I due scienziati protagonisti della storia,  avevano molte cose in comune.

Salk era nato a New York, figlio di un sarto ebreo, studente modello che grazie a una serie di borse di studio era giunto alla New York University Medical School.

Anche Sabin veniva da una famiglia ebrea emigrata da un piccolo paese tra la Russia e la Polonia per stabilirsi nel New Jersey e anche lui andò a studiare alla New York University Medical School.

Entrambi si interessarono al virus della poliomielite. Salk producendo un vaccino con virus inattivati, quello che attualmente viene usato, mentre Sabin tentando la via del virus vivo attenuato.

Salk ottenne dagli Stati Uniti dei mezzi senza precedenti – dal punto di vista dei fondi, del personale di laboratorio e dei soggetti sperimentali – per sviluppare un vaccino basato su virus inattivato. Dopo essere stato sperimentato da Salk su sé stesso e in seguito su diversi soggetti con successo, il farmaco fu presentato al mondo, in modo trionfale, nel 1955. 

Albert Sabin, invece, ottenne il vaccino attraverso la cultura in vitro di cellule utilizzate come substrato per la replicazione del virus. Il suo preparato riscosse un certo seguito. Sebbene negli Usa fu surclassato da quello di Salk, in altri Paesi fu preferito a quest’ultimo.

In seguito al Decreto Ministeriale 18 giugno 2002 il vaccino antipolio orale vivo attenuato (OPV) tipo Sabin viene definitivamente sostituito con quello iniettivo inattivato (IPV) tipo Salk per 2 motivi:

1.    Con il vaccino vivo attenuato c’era la possibilità di contrarre la malattia (un caso ogni 700 mila vaccinati);

2.    L’Italia come il resto dell’Europa è stata giudicata polio free.

Oggigiorno, nel pieno dell’era molecolare, si sono gradualmente abbandonati i criteri di produzione dei vecchi vaccini e si è entrati nel mondo dei vaccini genici.

per approfondire

L’Ottocento: scienze mediche. Lo studio eziopatologico delle malattie infettive

Igiene e sanità pubblica

Vaccinazioni

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