Ho un rapporto coi social abbastanza limitato, soprattutto se mi guardo intorno e vedo gente che tweetta e likka e spamma e banna dalla mattina alla sera. Nel senso che per scelta uso solo FB (e WApp, che in teoria è messaggistica ma ormai è multimedialità always on), non farei altro nella vita se avessi anche tutti gli altri.

Sono consapevole di quello che succede quando pubblichi qualcosa di opinabile, forte o contrarian all’onda del momento. Da me si parla soprattutto di musica, e le rare volte che – preso da un momento di passione o di vergogna – ho fatto post di carattere politico, o sociale, mi son trovato spesso il classico commento ‘A Massarì, se ti occupi di musica bene, ti seguo, ma il resto lascialo stare. Come se uno ascoltasse solo musica, nella vita, e vivesse su Marte, o sull’isola deserta. Comunque lascio tutti i commenti, avrò bannato due persone in 10 anni, solo perché erano volutamente stronzi e non se ne poteva più.

A volte, musica e haters (o almeno contrarians) però coincidono. Raramente mi infilo anch’io nel gioco dei leoni da tastiera, e rispondo a tono, ma è successo. E’ capitato questa settimana coi Måneskin. Che hanno, come tutti sanno, trionfato all’Eurofestival e sui quali si è diviso il mondo musicale e non solo: pippe plagiaristi incapaci robbavecchiacheppalle tutti di qua, quelli che sono un bel gruppo rock, una ventata di aria fresca in un mondo di autotune e prodotti digitali costruiti in studio, di là. Al centro i patriottici a prescindere (siamo sempre un popolo di finalisti, l’unico momento in cui ci si unisce, vedi i Mondiali, ma questa volta non è bastato neanche quello).

Avevo già postato una cosa con lo stesso titolo, ‘What the Fuck, yeah!’ (una sorta ‘Cazzo, si!!’) quando i Måneskin han vinto a sorpresa Sanremo. E anche lì…ma meno. Questa volta, l’Eurofestival (che tutti schifano ma guardano, vai a capire poi perché, sarà la sindrome-Festival) ha scatenato molte più fiammate. In fondo, che avevo detto?

Credo sia stato il post più cliccato e commentato del mio FB (l’importante è farlo su un tema di cui parlano già tutti e farlo corto, lo so, ma non sono un fanatico delle regole e faccio come mi pare, in genere parlo, a lungo, di chi mi va quando mi va).

A man mano che le visualizzazioni salgono, noto la buona percentuale di quelli che partono lancia in resta: ‘immondizia musicale’ (cit. del Battiato che ci ha lasciato due giorni dopo), vergogna italiana, questa non è musica, il rock è un’altra cosa e via dicendo (se avete pazienza e voglia di divertirvi le potete leggere tutte e 1400: questo il link al post).

E soprattutto, quell’odore stantìo di chi, avendo ascoltato i Genesis e gli Zeppelin da ragazzo, ed essendo probabilmente rimasti là (ne conosco tanti, per cui ‘the day the music died’ è da qualche parte nei medi 70) hanno cominciato a inveire dietro lo striscione ‘la musica è quella nostra (di allora) e non si tocca’. Gli autonomi che negli anni ’70 facevano la guerra ai concerti e urlavano quello slogan eran decisamente più pericolosi, ma quella è un’altra storia.

Un po’ li capisco, non serve un genio per sapere che quel periodo è stato il più florido e creativo, l’età dell’oro del rock, tutti territori vergini da conquistare, una generazione di predestinati. Ma sono innervosito da quell’insopportabile snobismo di avere un’idea (anti-storica) e pensare che gli altri non capiscano nulla. Che il nuovo (Måneskin & co.) è solo una copia del vecchio (come se il rock non si copiasse da solo da 70 anni), che cosa vogliono ‘sti 4 pischelli seminudi.

Finchè non ne ho trovato uno che diceva, più o meno, se questo è quello che pensi, esco dalla tua lista. Cioè, tu mi segui da non so quanti anni, mi hai chiesto l’amicizia, pensi che io sia uno che ci capisce (sennò non si capisce perché sei qui), e su una questione che non è proprio strategica per il futuro del pianeta te ne vai?

E ho scritto un contro-post, questo, ripreso da tale Francesca Ilaria Russo:

Aldilà dei ‘mi piace’ che ne sono seguiti, 1656 ad oggi, e 1300 commenti, uno ha scritto neanche il NYTimes fa post con così tanti commenti, 🙂 ma il NYT mica parla dei Måneskin :), ho pensato quanto anche la musica, che in genere unisce, possa essere divisiva. Mò bisogna stare attenti anche agli haters musicali? Fortunatamente no, so di avere buoni gusti e in genere la passo liscia. Però devo notare che il tasso di resistenza al nuovo è una caratteristica dei boomers che pensano allo ieri più che al domani. Li conosco, faccio parte anch’io di quella generazione, e facendo anche programmi sulla tecnologia ho ben chiaro il gap culturale e di interesse che separa quelli che affrontano il nuovo con curiosità e anche critica, che ci sta sempre nella vita, dai nostalgici tout court.

Avrebbe potuto essere un sintetico ‘zitti e buoni’, o ‘parla, la gente parla, non sa di checcazzo parla’, ma la sintesi non è il mio dono. Quella musica di allora va celebrata, ma è quella di un tempo che non tornerà. Con la velocità che viviamo, è già la musica classica della nostra era. Penso che la musica vada avanti, come tutto il resto della società. Puoi seguirla e scoprire che non ti piace, e ci sta. Personalmente non mi piace il mainstream, e un po’ si fa fatica a trovare cose interessanti, ma ci sono, eccome.

Ma usare il tuo leggendario vissuto a 33 giri per sputare su quello che spunta di nuovo come i Måneskin (e che è anche buono, per me), anche no, grazie.

Se i Måneskin hanno preso di sorpresa il mondo del rock, e da Little Steven ai Franz Ferdinand ai Royal Blood e Vasco-dico-Vasco – non è che tutti i rokkettari guardino l’Eurofestival, eh – hanno aggiunto elogi, una ragione ci sarà. Quel sottile filo che parte da Robert Johnson o ancora prima, che è arrivato fino ai nostri giorni mutando cento volte, è ancora lì, se uno lo vuol sentire: sono solo ragazzi che fanno rock nel 2021, giovani e sfacciati e un po’ tamarri come i nostri idoli di allora a 20 anni, tutto si trasforma, niente si distrugge, godetevi la vita e se il volume è troppo alto e il cantante fa la linguaccia, beh, fatevene una ragione.

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