Il Mediterraneo, il mare azzurro per eccellenza, il grande mare per gli ebrei, il mare dei greci, il mare nostrum dei romani, circondato di aranci, di aloe, di cactus e di pini marittimi, profumato dai mirti, inquadrato da rudi montagne, saturo di un’aria pura e trasparente.” scrisse Jules Verne mentre il capitan Nemo navigava con il Nautilus verso lo stretto di Gibilterra attraversando il nostro bel mare. Un mare che amo profondamente, pieno di natura, di storia, di biodiversità vegetale animale e culturale. Un patrimonio liquido, che forse, se lo sapessimo leggere, ci rivelerebbe incredibili storie. In ogni goccia potrebbe essere racchiuso il volto di chi l’ha attraversato. Alcuni per diletto, altri per commercio, altri ancora per conquista e molti per fuggire.

Non sempre questo bel mare si offre generoso.
Cantava l’antico poeta greco Alceo:
L’acqua giunge alla base dell’albero,
la vela è tutta fradicia,
pende giù in grandi brandelli
gli stralli sono allentati…
Tutto il carico è perduto”

I suoi pericoli nascosti li conosceva anche Ulisse:
Le Sirene, sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D’ossa d’umani putrefatti corpi,
E di pelli marcite, un monte s’alza.”

Ma le tempeste, i naufragi, non hanno fermato gli uomini che per millenni hanno continuato ad attraversare le sue acque. Venezia, Napoli, Palermo, Istanbul, Rodi, Alessandria d’Egitto, sono solo alcune delle incredibili città che continuano a vivere sulla riva di questo enorme lago salato.
Con mia grande meraviglia nel mezzo del Mediterraneo incontro un inaspettato Edmondo de Amicis. Impaziente, in piedi sul ponte di una nave diretta a Istanbul, Edmondo scruta il mare all’imbrunire “domani all’alba vedremo i minareti di Stambul”. Poi si china, apre la piccola borsa pelle, prende il diario, il pennino e il calamaio. Siede a terra sul legno e osserva la moltitudine variopinta dei suoi compagni di viaggio.
A prua c’è una folla di turchi che fumano il narghilè col viso rivolto alla lunaA poppa un visibilio di gente di ogni paese fra cui una compagnia famelica di commedianti greci. Una nidiata di bambine russe che vanno ad Odessa colla madre … un grosso e sudicio prete greco col cappello a staio rovesciato cerca col cannocchiale l’arcipelago di Marmara; dall’altra parte un ministro evangelico inglese, rigido e freddo come una statuadue belle signorine ateniesi colla berrettina rossa e le trecce giù per le spalle, che appena uno le guarda, si voltano tutte e due insieme verso il mare per farsi vedere di profilo, un negoziante armeno che fa scorrere tra le dita le pallottoline del rosario orientale, un gruppo d’ebrei vestiti del costume antico, degli albanesi colle sottanine bianche, un’istitutrice francese che fa la malinconica” e una famiglia turca “un babbo in fez, una mamma velata e due bambine coi calzoncini, tutti e quattro accovacciati sotto una tenda”.

E’ il Mediterraneo. Una piazza liquida, fluida, colorata di blu. Un insieme di meravigliose lingue che cavalcano le onde, si intrecciano, si scambiano e perdurano nel tempo e nello spazio.
Balena, cammello, coccodrillo, dromedario, struzzo, ippopotamo, leopardo, rinoceronte, tartaruga sono nomi di origine greca.
Ai francesi dobbiamo parole come atelier, boutique, collant, manicure, pedicure, chic, bebè.
Caramella, compleanno, guerrigliero, golpe, movida, siesta, vigilantes, sono alcune di quelle spagnole.
Zero, cifra, aritmetica, algebra le dobbiamo invece agli arabi, così come tazza, caffè e zucchero che pronunciamo al bar tutte le mattine.

E le parole nate intorno al Mediterraneo e messe con cura una dopo l’altra hanno formato storie incredibili. Storie che ancora oggi gli scrittori continuano a raccontare. Leggendole, osservate attentamente. Noterete dietro ogni parola una sottile ma lunga radice. Seguitela, corretele dietro. Così scoprirete che sotto il velo d’acqua le radici sono intrecciate le une all’altre in modo tale che non riuscirete più a capire qual era quella che avevate inizialmente seguito.
Allora chiuderete gli occhi. Davanti a voi apparirà un polpo alla griglia, una ciotola piena di tzatziki, un piatto fondo colmo di rosso gazpacho. Vedrete dolmades che ordinatamente formano una piramide verde. Accanto staranno dischi di Khobez e un piattino carico di hummus. E in mezzo vi attenderà una bottiglia di moscato bianco dell’isola di Samos accompagnato dai dolci e succosi datteri Majhoul del Maghreb.

Jules Verne Ventimila leghe sotto i mari 1870

Alceo di Mitilene frammento VII-VI sec. a. C.

Omero Odissea libro XII VI sec a.C.

Edmondo de Amicis Costantinopoli 1874

Condividi: