La pallavolo femminile è un bellissimo esempio di sport e società al tempo stesso. Anzi, credo che la medaglia della finale dell’Italvolley femminile (che sia d’oro o d’argento poco importa) sia tra le più belle, all’interno di quelle ottenute dalla nostra spedizione alle Olimpiadi di Parigi. E all’interno delle singole storie di ciascun atleta, per non fare torto a nessuno. 

Ma l’elemento sportivo che è emerso sotto rete con le pallavoliste azzurre spicca perché, per la prima volta nella tradizione alle Olimpiadi, abbiamo raggiunto la semifinale e poi la finale della competizione a cinque cerchi. 

L’Italvolley femminile, un album indimenticabile

Giocando ogni partita con una tale intensità per cui le nostre ragazze si sono distinte in uno spettacolare crescendo di qualità, di sicurezza individuale e di gioco di squadra. Le schiacciate di Paola Egonu – suo il libro 18 segreti per diventare stelle – i recuperi di Myriam Sylla, il palleggio di Alessia Orro, i muri di Sarah Fahr, Anna Danesi e Ekaterina Antropova, per non dimenticare Monica De Gennaro, il cui marito è proprio l’allenatore della squadra turca battuta in semifinale, meritano tutte di essere ricordate, come scatti di un album indimenticabile. 

Già tutto ciò sarebbe, dunque, da un punto di vista agonistico un traguardo fantastico

Il traguardo più bello, l’italianità

Tuttavia, il traguardo più bello raggiunto dalle nostre atlete, allenate da quel grande personaggio che è Julio Velasco, è un altro e supera lo stesso podio olimpico. 

Va ben oltre la competizione e, in questo caso, travalica pure lo spirito di rivincita, come è capitato con la vittoria ai quarti con la Serbia, la nostra bestia nera sul rettangolo di gioco. 

No, il traguardo raggiunto dalle nostre ragazze è, a mio giudizio, ancora più ambizioso e per questo più gratificante, perché è un riconoscimento di tipo simbolico e iconografico

Se infatti prendiamo una foto della squadra delle nostre pallavoliste, troveremo che è senza dubbio l’immagine più efficace per rispecchiare la composizione della nostra società. Basterà infatti confrontarla con la foto di qualsiasi classe di qualsiasi istituto scolastico in Italia e ci renderemo conto del carattere multietnico e differenziato degli scolari, quasi speculare all’allineamento delle nostre atlete sotto rete, ai loro visi variegati e ai molteplici lineamenti, tutti accomunati però da un solo irriducibile elemento: la loro italianità

Personalmente, sono sempre stato restio ai concetti patriottici e nazionalistici, perché sono sempre stati forieri di mille guai ed eventi luttuosi, come la storia insegna. 

Tuttavia, nello sport la competizione nazionalistica è sana come ricerca in comune di un obiettivo da parte di un gruppo coeso e affratellato dalla condivisione delle emozioni nel sentiero che conduce verso questo risultato. 

Nondimeno, anche lo sport è stato inquinato da false ideologie, che hanno fatto comodo a chi le ha espresse per motivazioni politiche. 

Dunque, al di là di tutte le fasulle ideologie e di ogni opportunistica presa di posizione che non ha alcun fondamento, il mondo vero è proprio questo qui

È il mondo dei nostri ragazzi a scuola, di ogni etnia e ognuno con un bagaglio personale ed esperienziale. 

È il mondo delle nostre pallavoliste, ciascuna con la propria carriera e il proprio tratto somatico, inflessibile però di fronte alle ipocrite volontà di strumentalizzazione, da qualsiasi parte esse provengano. 

Infine, è proprio questo il mondo nel verso giusto, quello delle nostre pallavoliste e di tutti i ragazzi della nostra scuola. Per fortuna, aggiungo io. 

Viva allora l’Italia del volley, dello sport e della scuola nel nome della multietnicità!

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