In un’epoca segnata da scandali politici, da manovre di potere sottobanco e da decisioni discutibili, sembra che l’etica abbia perso il suo posto nel cuore delle istituzioni. Nel tessuto intricato della storia umana, le decisioni etiche rappresentano le stelle polari che guidano il destino della collettività. Sono i crocevia in cui si intrecciano il dovere morale e la responsabilità verso le generazioni presenti e future, determinando il corso dei nostri destini comuni.

Eppure, tutti i giorni le cronache politiche si tingono sempre più di tinte fosche, dove i giochi di potere e le alleanze pragmatiche stanno soppiantando il reale benessere dei cittadini. In questo contesto, sorge spontanea una domanda cruciale: dove è finita l’etica nei governi occidentali?

L’etica eclissata: alla deriva in una società anestetizzata all’illegalità

L’etica, termine tanto antico quanto fondamentale, è senza dubbio una guida imprescindibile nel labirinto della condizione umana. Ma che cos’è realmente l’etica e perché dovremmo riappropriarcene in un’epoca che sembra averla relegata ai margini del dibattito pubblico?

Intrinsecamente legata alla filosofia e alla riflessione morale, si presenta come lo studio dei principi che guidano le azioni umane, delle norme che regolano il comportamento individuale e collettivo, indicando le direzioni del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male, dell’onestà e dell’inganno.

Tuttavia, la nostra società è diventata impermeabile al richiamo dell’etica, un concetto ormai antico, relegato nell’oblio della nostra coscienza collettiva. L’idea stessa di illegalità sembra sfumare sempre più in una nebbia grigia di tolleranza diffusa, una sorta di routine accettata senza battere ciglio. Dalla corruzione politica alle evasioni fiscali, dall’abuso di potere alle frodi finanziarie, dai conflitti d’interesse al nepotismo, sembra che la società abbia sviluppato un’immunità verso queste pratiche scorrette.

Questo fenomeno di anestesia verso l’illegalità si riflette anche nell’indifferenza verso le ingiustizie sociali. Le disuguaglianze economiche, il razzismo strutturale, la discriminazione di genere sono solo alcune delle molteplici forme di prevaricazione che, invece di essere affrontate con determinazione e impegno, sembra che ci si sia arresi all’idea che siano semplicemente parte del tessuto sociale, inevitabili e insormontabili.

Una società narcotizzata in cui ognuno sembra essere immerso nel proprio microcosmo, indifferente alle ingiustizie e alle atrocità che lo circondano, dove ciò che una volta suscitava indignazione e proteste ora viene accettato con una deprimente alzata di spalle. Questa accettazione del male come norma rappresenta una profonda sconfitta per la nostra società.

Integrità e responsabilità: tra retorica e propaganda

Mentre il teatro della retorica politica risuona di parole come trasparenza, integrità e responsabilità, i fatti concreti dipingono un quadro diametralmente opposto. I governi occidentali, anziché incarnare i valori etici su cui si fondano, si sono sacrificati sull’altare della politica di parte e del perseguimento degli interessi nazionali a breve termine. Invece di adottare politiche volte al benessere dei cittadini, alla promozione della pace e alla salvaguardia dell’ambiente, cedono alle pressioni dei lobbisti e dei poteri economici, abbandonando ogni pretesa di integrità e responsabilità.

Ma dove è finita l’etica in tutto questo? Forse è stata dimenticata, persa nell’avidità e nell’individualismo che spesso caratterizzano il comportamento umano.

Questo disallineamento è particolarmente evidente quando si tratta di questioni cruciali come la pace internazionale e la tutela dell’ambiente. E mentre i discorsi ufficiali sono pieni di proclami sulla necessità di promuovere la cooperazione internazionale e affrontare il cambiamento climatico, le azioni concrete spesso mancano di coerenza e determinazione

Sembra passato un secolo da quando l’Europa sventolava con orgoglio il Green Deal come vessillo della sua ambizione di superare il neoliberismo e abbracciare una società più ecologica. Quell’entusiasmo, quella visione audace di un futuro sostenibile, sembrano oggi sommersi da una marea di ambiguità. La corsa alle armi, la politica dell’egoismo nazionale e le pressioni economiche hanno gettato una pietra tombale su quella che un tempo era vista come un’enorme riforma.

Quando il pacchetto fu presentato, le promesse erano grandi e le aspettative altissime. Si parlava di trasformare l’economia europea verso la neutralità climatica entro il 2050, di creare milioni di nuovi posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili e di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. Tuttavia, queste ambizioni sono state messe in secondo piano di fronte alla pressante minaccia della guerra e alla necessità di rafforzare le difese del continente. Il Green Deal è diventato una vittima collaterale di questa nuova agenda politica, con i finanziamenti e le risorse che una volta erano destinati alla transizione verde ora dirottati altrove.

Riappropriarsi dell’etica: un imperativo universale per un mondo sconnesso

Ma cosa significa davvero riappropriarsi dell’etica? Vuol dire riconoscere che non si tratta di un concetto astratto o superfluo, ma di una bussola indispensabile per orientarci nel labirinto delle nostre scelte. Significa chiedersi che tipo di società siamo e, soprattutto, vogliamo diventare, abbracciando l’idea che ogni scelta che compiamo porta con sé un peso da considerare attentamente.

Siamo i custodi del nostro destino collettivo, chiamati a navigare tra le correnti tumultuose del presente con occhi attenti e cuori aperti alla compassione e alla saggezza. Significa riaffermare la nostra umanità, riconoscendo che siamo esseri dotati di ragione e coscienza, capaci di discernere il bene dal male e di agire di conseguenza.

Tuttavia, guardando oltre le battaglie quotidiane e i dibattiti accesi, emerge chiaramente che la trasformazione etica della società non può prescindere da una trasformazione culturale ed educativa di ogni individuo.

Riappropriarsi dell’etica implica un cambiamento di prospettiva nei confronti dei modelli culturali dominanti. Significa mettere in discussione le narrazioni egemoniche che promuovono l’individualismo, il consumismo e la competizione come valori supremi, e cercare invece di valorizzare le pratiche culturali che celebrano la diversità, la collaborazione e la condivisione. Perché siamo tutti coinvolti in un processo di apprendimento e di crescita continua, che non si esaurisce mai e che ci sfida ad essere sempre migliori di quello che siamo stati in passato.

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