Anna Van Schurman, la donna più colta del XVII secolo
Anna Van Schurman, teologa, oltrepassò i limiti imposti alle donne nell'Europa del XVII secolo. Un video dell'Università di Catania
Anna Van Schurman, teologa, oltrepassò i limiti imposti alle donne nell'Europa del XVII secolo. Un video dell'Università di Catania
Una giovane dall’intelletto superiore non può che ribellarsi alle restrittive regole che la società dell’epoca imponeva alle donne, il suo cervello non poteva essere contenuto. Anna Van Schurman passò infatti la vita a sostenere che anche le donne avessero il diritto di ricevere un’istruzione (purché questa non interferisse con i loro doveri domestici).
Fu chiamata la Stella di Utrecht, la Minerva olandese, la Decima Musa, un miracolo del gentil sesso, la Vergine incomparabile, l’Oracolo di Utrecht e il Gioiello delle donne erudite, tutte doti che suonano piuttosto eccezionali per un’epoca in cui si era convinti che la maggioranza delle donne fosse intellettualmente inferiore agli uomini.
Calvinista olandese, Anna Van Schurman nacque a Colonia nel 1607 da una famiglia era ricca, pia, istruita e moderna; suo padre ruppe le convenzioni dell’epoca istruendola insieme ai fratelli quando si rese conto di non poter limitare una bimba che sapeva già leggere all’età di tre anni. A undici Anna conosceva fluentemente il latino, il in tedesco, l’inglese, l’italiano, lo spagnolo e il francese, oltre ad essere competente in matematica, astronomia e geografia.
Anna aveva anche una vena artistica, da bambina amava creare intricati ritagli di carta simili a pizzi, ricami dettagliati, fece perfino un modello di se stessa in cera che era così realistico che la sua amica lo punse con uno spillone per accertarsi fosse finto. La giovane Anna si dedicò anche alla bella calligrafia e all’incisione su vetro e su legno; il suo lavoro era così apprezzato tanto che Anna venne resa membro onorario della Gilda dei Pittori.
La sua famiglia si stabilì a Utrecht quando lei aveva diciannove anni, in seguito alla morte del padre. Il vicino di casa era un professore di teologia e lingue orientali presso la principale università della città e anche lui fu conquistato dalle capacità linguistiche e intellettuali della ragazza. La presentò ad altri due professori, che a loro volta la presentarono ai poeti e ai filosofi della città. Il salotto di Anna divenne un luogo di incontro dove gli intellettuali discutevano di ogni sorta di questioni. Alcuni se ne innamorarono e le chiesero di sposarla, scrivendo poesie per convincerla, ma lei scelse di rimanere celibe e indipendente.
Anna avrebbe voluto approfondire i suoi interessi accademici studiando all’università, ma le donne erano escluse sulla base di tre convinzioni fondamentali: che mancavano della capacità naturale di studiare, che era sconveniente per una donna cristiana farlo e che sarebbe stata una perdita di tempo perché le donne non potevano ricoprire cariche pubbliche.
Così, quando le fu chiesto di scrivere una poesia latina in onore dell’Università di Utrecht, decise di sfruttare l’occasione per lamentarsi dell’esclusione delle donne. Una volta cominciati i corsi, il rettore le concesse di seguire le lezioni di letteratura, diritto, scienze e teologia da un’apposita nicchia, coperta da una tenda per non distrarre gli studenti maschi.
Nonostante la morte di sua madre la costrinse agli obblighi domestici e al mantenimento delle due zie malate, Anna riuscì comunque a portare avanti i suoi progetti.
Anna divenne la prima donna olandese ad entrare in un’istituzione prestigiosa e riuscì a prendere una laurea in giurisprudenza, imparando nel contempo anche l’ebraico, il greco, l’aramaico, l’arabo, il siriaco, l’ebraico samaritano, il persiano e l’etiope, che le permisero di leggere i testi antichi in lingua originale, tra cui la Bibbia e i commentari dei Padri della Chiesa.
Incoraggiata, scrisse una dissertazione in latino sostenendo l’educazione delle donne che fu poi stampato e distribuito in tutta Europa, cosa che le permise di entrare in contatto con altre donne colte del suo tempo e con importanti figure culturali come René Descartes, Marin Mersenne e Constantin Huygens.
Verso la fine della sua vita, entrò a far parte di una setta religiosa contemplativa fondata dal gesuita Jean de Labadie. Il labadismo era una propaggine mistica del cattolicesimo che predicava l’importanza della proprietà comune, di uno stile di vita austero e dello studio comune quotidiano della Bibbia. Fondamentalmente, Labadie credeva anche nell’uguaglianza di tutti i credenti, comprese le donne, a cui era permesso di ricoprire posizioni di leadership all’interno del movimento ed erano incoraggiate a partecipare a tutte le attività religiose. I colleghi intellettuali di Anna rimasero scioccati e si opposero alla sua decisione, ma lei rimase fedele alla nuova fede e alla Chiesa Riformata attraverso un opuscolo. Rinunciò a tutti i suoi beni e divenne co-leader del gruppo.
Attraverso le sue idee radicali e le sue competenze linguistiche, oltrepassò con successo i limiti imposti alle donne nell’Europa del XVII secolo, piantando così i semi per l’uguaglianza e l’inclusione.
Purtroppo non c’è molto materiale su di lei, viene citata in un video dedicato alla mostra sulla “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” presso il Monastero dei Benedettini di Catania
Ed è disponibile una sua biografia (solo in olandese) qui
Ricordiamola per non farle la violenza dell’oblio, una mente del genere non se lo merita!