Arrivo a Tarawa: la sfida alle abitudini del viaggiatore
Tarawa. Qualche libro e molto buon senso per affrontare gli imprevisti del viaggiator*. Il viaggio è bello fa rima anche con imprevedibilità
Tarawa. Qualche libro e molto buon senso per affrontare gli imprevisti del viaggiator*. Il viaggio è bello fa rima anche con imprevedibilità
English translation below
Il viaggiator* ha le sue abitudini, suffragate da altrettante certezze. Una di queste, tra le più classiche, è cosa fare all’arrivo in aereo in un nuovo paese, uno di quelli dove non conosce nessuno, e nessuno è lì ad accoglierlo all’aeroporto. Il viaggiatore sa cosa fare: prendere un taxi, l’autobus, il trenino, insomma il trasporto pubblico. Oppure, se prerisce, noleggiare un’automobile.
Ma il viaggio è bello perché sa fare rima anche con imprevedibilità. Così capita che il viaggiatore non abbia consultato il canonico sito ufficiale, né letto un raro libro pubblicato sulla sua destinazione dalla copertina accattivante ma probabilmente, volando più alto, privo di quegli avvertimenti basici che gli avrebbero fatto comodo.
Così arriva in una capitale, piccola, di un piccolo stato, remota, ma pur sempre una capitale, e uscendo dall’aeroporto si scopra, in una successione di sorprese, che: 1) non ci sono taxi; 2) i taxi proprio non esistono, in questa capitale, e quindi non serve continuare ad aspettare; 3) le fatidiche e onnipresenti agenzie di autonoleggio non esistono neanche loro; 4) c’è un solo autobus, che però resta fermo, non parte e se anche partisse è impossibile capire dove vada (per poi scoprire che si tratta solo di uno scuolabus).
Tarawa, Kiribati, ribalta le sicurezze del viaggiatore e gli aggiunge una sfida in più: come andare oltre questo piccolo aeroporto, pur sempre internazionale?
Per prima cosa, si osserva come fanno gli altri, ovvero: 1) nessuno prende il taxi o l’autobus o l’auto a noleggio, che appunto non esistono; 2) nessuno ha lasciato la propria auto al parcheggio, che altro non è che un piazzale aperto di fronte all’aerostazione; 3) tutti, invece, ma proprio tutti, hanno qualcuno che viene a prenderlo e portarlo via – famigliari, amici, e pure qualche auto aziendale. Ma non c’è nessuno ad aspettare questo visitatore spurio, sprovvisto di prenotazione alberghiera.
Per raggiungere la capitale, si apre allora un’altra lista di soluzioni di emergenza: 1) andare a piedi – opzione subito esclusa, perché il viaggiatore sa che l’aeroporto è molto lontano dalle prime case, trovandosi su una striscia insulare lunga e stretta, accerchiata da due lagune; 2) chiedere un passaggio – altra opzione scartata, perché il viaggiatore non è stato abbastanza rapido, e quando si è reso conto dell’inesistenza di mezzi pubblici, ormai è finito anche il pick-up di amici e parenti, e il prossimo volo che arriva è tra parecchie ore; 3) rivolgersi alla polizia, che è quello che fa.
In posti così, il posto di polizia non è molto visibile, questo il viaggiatore lo ha già capito. Lo trova dietro i banchi di un mercatino, quasi di fianco all’aeroporto. Il tempo del commissariato è un adagio sonnacchioso, gli agenti sono distratti ma ascoltano senza battere ciglio l’istanza del viaggiatore che non sa come allontanarsi dall’aeroporto e raggiungere Tarawa city (city, perché la capitale si rivelerà molto poco città, ma questa è un’altra storia). Detto fatto, niente di più semplice visto che non c’è molto altro da fare, e un giovane poliziotto motociclista, senza fretta, si mette a disposizione per portarlo là dove comincia l’abitato.
Si sale dunque sulla motocicletta e, cosa non così semplice avendo comunque una valigia, il viaggiatore scorrazza dietro alla forza pubblica, potendo con una mano tenere la valigia, e con gli occhi guardare a destra e a sinistra della lunga rettilinea strada che si affaccia sulle due lagune. Ecco: l’ostacolo del viaggio si è risolto, e nel migliore dei modi. Che bello, altro che il banale taxi, lo scomodo autobus dell’emisfero australe, l’imprevisto si traduce in una girata su due ruote, che più sicura non può essere, e il tutto la dice lunga sulla polizia di Kiribati, adorabile. Bastava aver fede, quando si viaggia capitano gli imprevisti, ma capitano anche le impreviste soluzioni.
Appendice: più tardi, al viaggiatore si ripresenta lo stesso problema. Come raggiungere l’aeroporto, da Tarawa? Trovare un’altra stazione della polizia e intercedere per un nuovo strappo in moto? No, perché intanto si sono affinati i sensi e le conoscenze dei costumi locali. Si opta per il classico autostop. In un luogo senza taxi, con improbabili autobus, chi ha un auto si ferma spesso per caricare chi sta col pollice all’insù come negli Settanta. Per giungere all’aeroporto occorre prendere più passaggi, tra auto e camioncini, e tutti si mostrano gentili, accoglienti, comprensivi. Siamo a Kiribati, nel mezzo del Pacifico, dove ci sono altri tempi, altri sorrisi, altre disponibilità.
Tutto bene, ma per il viaggiatore ciò che conta è il metodo. Mai scoraggiarsi, perché come ricorda Chatwin in Anatomia dell’irrequietezza (altro manuale pedagogicamente utile per per queste situazioni), travel deriva da travaglio (o viceversa), e occorre affrontare una difficoltà come il segno di una divinità luminare che sovrintende al cammino, mette alla prova, consiglia di osservare ogni volta le possibilità 1), 2), 3) eccetera, e offre la via d’uscita non come un premio, ma quasi come la vera essenza dello stesso viaggio.
ENGLISH VERSION
A few books and a lot of common sense to deal with the unexpected
The traveler has his habits, supported a number of safe points. One of these is what to do upon arrival by plane in a new country, a place where he doesn’t know anyone, and no one is there to welcome him at the airport. The traveler knows what to do: take a taxi, the bus, the train, in short, public transport. Or, if he prefers, rent a car.
Yet, travelling is beautiful because it can also rhyme with unpredictability. So it happens that the traveler has not consulted the canonical official website, nor read a rare book published on his destination with an attractive cover but probably lacking the basic useful warnings.
So he arrives in a capital, small, of a small state, remote, but still a capital, and leaving the airport he discovers, in a succession of surprises, that: 1) there are no taxis; 2) taxis just do not exist, in this “capital”, and therefore there is no point in continuing to wait for them; 3) the fateful and omnipresent car rental agencies do not exist either; 4) there is only one bus, but it doesn’t leave and even if it would leave it is impossible to understand where it is going (only to find out later that it is only a school bus).
Tarawa, Kiribati, overturns the traveler’s certainties and adds an additional challenge: how to go beyond this small airport, which is still an “international” one?
First, the visitor observes how others do: 1) no one takes a taxi or a bus or a rental car, since they do not exist; 2) no one has left their car in the parking lot, which is nothing more than an open square in front of the airport; 3) everyone, absolutely everyone, has someone who comes to pick them up and take them away – family, friends, and even some company cars. Good, but unfortunately there is no one waiting for this spurious visitor, who holds no hotel reservation.
To reach the capital, another list of emergency solutions opens up: 1) walk – an option immediately ruled out, because the traveler knows that the airport is very far from the outskirt of the “city”, being on a long and narrow strip of island, surrounded by two lagoons; 2) ask for a ride – another option discarded, because the traveler was not quick enough, and by the time he realized that there was no public transportation, even the pick-up of friends and relatives was over, and the next incoming flight is in several hours; 3) go to the police, which is what he does.
In places like this, the police station is not very visible, the traveler has already understood this. He finds it behind the stalls of a small market, almost next to the airport. The police station’s tempo is a sleepy adagio, the officers are distracted, but listen without batting an eyelid to the request of the traveler who does not know how to get away from the airport and reach Tarawa “city” (“city” since the capital would turn to be not really a town, but this another issue).
No problem, there is nothing simpler since there is not much else to do, and a motorcycle policeman, without haste, offers to take him “where the town begins”.
So he gets on the motorcycle and, which is not so simple since he has a suitcase. Riding behind the young policeman, being able to hold the suitcase with one hand, with his eyes he looks to the right and left of the long straight road that overlooks the two lagoons: the obstacle of the journey has been resolved, and in the best possible way. How beautiful, far from the banal taxi, the uncomfortable bus of the southern hemisphere, the unexpected became a ride on two wheels, which could not be safer, and which says a lot about the adorable Kiribati police. What was needed, after all, was a touch of faith: by travelling, unexpected things happen, but so do unexpected solutions.
Appendix: later, the traveler faces the same problem again. How to get to the airport, from Tarawa? Find another police station and intercede for a new motorbike lift? No, because in the meantime he has tuned his knowledge of local customs. He opts for the classic hitchhiking.
In a place without taxis, with unlikely buses, those who have a car often stop to pick up those who are with their thumbs up like, in the Seventies. To get to the airport one has to take several rides, between cars and trucks, and everyone is kind, welcoming, understanding. We are in Kiribati, in the middle of the Pacific, where there are other perception of time, other smiles, other availability.
All good what end well, but for the traveler what counts is the method. Never get discouraged, because as Chatwin reminds us in Anatomy of Restlessness, (another pedagogically useful manual for these situations) “travel” comes from “travaglio” (or the other way around), and an obstacle is the sign of a luminary divinity that supervises the journey, puts to the test, advises to observe each time options number one, two, three, etcetera, and offers the way out not as a prize, but almost as the true essence of the journey itself.