La frase di Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo” girava all’opposto: tutto cambia perché nulla cambi, ossia se tutto cambia all’apparenza, in realtà tutto rimane com’è, ma anche, all’opposto, se tutto rimane com’è all’apparenza, tutto può cambiare dall’interno. Ed è questo il nostro augurio, mentre in Afghanistan la storia sembra immobile:

Servizio di Euronews di circa una settimana fa (canale televisivo d’informazione che copre gli avvenimenti del mondo da una prospettiva europea, trasmette in quasi tutta Europa e complessivamente in 155 paesi in tutto il mondo)

Si può cullare sereni una creatura di pochi mesi, quando vedi madri costrette a buttare bambini piccoli, infagottati di vestiti, al di là del filo spinato, sperando nell’abbraccio di un soldato?“, scrive in un lungo post su Facebook a proposito della sua nuova nipotina arrivata da pochi mesi la nostra blogger Lidia Ravera a proposito delle madri afghane in queste settimane tragiche.

No. Non si può, perché nessuno può essere felice pienamente finché non lo sono tutti e tutte. Ed è importante questa consapevolezza di essere nodi di un’unica rete, parte di un unico mondo, perché ci permette di attivarci, cooperare, supportare, fare (qui un link per cominciare..).

Oggi vogliamo suggerirvi una graphic novel di due donne (italiana e afghana) uscito nel 2007 che racconta esattamente la stessa situazione di oggi, ben 14 anni dopo: si intitola Burka! e ci fa riflettere profondamente, mentre sorridiamo dell'(amara) ironia con cui si racconta la realtà quotidiana che vivono le donne oppresse dai Talebani.

Provate a bere, a mangiare, a camminare, a baciare o anche solo a farvi riconoscere da vostro figlio o da vostro marito. Provate a vivere con un burka addosso…“, dicono le autrici. Sono la fumettista napoletana Simona Bassano di Tufill, di cui ricordo anche il mitico STAR TRASH – sacchetti in mondovisione sull’emergenza ambientale in Campania, e l’attivista afghana Jamila Mujahed pluripremiata con numerosi riconoscimenti internazionali tra cui il Premio Johann Philipp Palma, Presidente di The Voice of Afghan Women’s Association and Radio, organizzazione non governativa di donne professioniste in ambito di mass-media, fondatrice dell’unica rivista femminile afghana, Malalai (dal nome di una donna combattente), di cui è stata editrice .

La storia è quella della vita quotidiana a Kabul durante il governo dei Mujahiden e la presa del potere dei Talebani nei primi anni del secondo millennio: il racconto in presa diretta tagliente e per nulla retorico impatta anche grazie alle illustrazioni spesso drammaticamente comiche. Un libro che ha ricevuto il patrocinio di Amnesty International per la capacità di denuncia dei soprusi cui tante donne musulmane sono soggette.

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