Anche quest’anno sto seguendo con grande interesse il campionato italiano di calcio che, come molti altri settori, sta vivendo una stagione abbastanza anomala. Oltre ai verdetti sportivi, che la conclusione del torneo sta delineando, la mia curiosità è però continuamente richiamata dal fatto che le partite stiano andando in scena in grandi stadi in cui manca qualcosa che fino a ieri era considerato fondamentale: il pubblico. E’ così che le grandi gesta dei calciatori di Serie A, abitualmente accompagnate e sospinte dal tifo di migliaia di persone, oggi si ripropongono in un contesto da campetto di periferia, dentro però vere e proprie cattedrali del silenzio.

Tutto ciò conferisce al calcio un indubbio alone metafisico, che richiama alla mente proprio una delle principali avanguardie storiche del ‘900 italiano, che paradossalmente saprebbe descrivere molto bene il calcio odierno. La pittura metafisica ha infatti come aspetto predominante quello della suggestione delle ambientazioni, spesso connotate da atmosfere un po’ desolanti ed enigmatiche, dove si rappresenta il silenzio più assoluto. Un’opera che potremmo richiamare come riassunto della dottrina metafisica è Piazza d’Italia (1913) di Giorgio De Chirico; qui il dinamismo della stretta di mano dei due personaggi sulla sinistra è completamente congelato dalla maestosità di architetture monumentali, eterne ed imperturbabili; esse creano una dimensione atemporale in cui le figure di uomini si scorgono appena, divenendo comparse quasi indistinte e spaesate, catturate dal senso di vuoto. “Nella parola metafisica non vedo nulla di tenebroso: è la tranquillità stessa e la bellezza priva di senso della materia che mi sembra metafisica […]. L’opera d’arte metafisica è quanto all’aspetto serena; dà però l’impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenità

Queste sono parole di De Chirico, esse sottolineano come l’arte possa concedersi di raccontare la realtà o di travalicarne i confini, mantenendo però sempre un messaggio di speranza. Questa può dunque essere definita un’arte di evasione, non nel senso di fuga dalla realtà, ma anzi come riscoperta della sua profonda essenza, dello spirito delle cose e della bellezza del mondo che, nonostante le brutture, è sempre presente e va riscoperta dall’uomo.

Giorgio De Chirico, Piazza d’Italia – 1913, olio su tela. Toronto, Art Gallery of Ontario

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