Augustea è un evento teatrale itinerante all’interno delle aree archeologiche che, giungendo alla quinta edizione, si espande al di fuori del suo luogo di nascita, Tindari, e approda in altri tre parchi archeologici: Naxos, Soriano Calabro e Lipari.

La particolarità dell’Augustea è quella della ricerca e della creazione di testi collegati a personaggi o eventi storici avvenuti in quel sito, è un’operazione quasi michelangiolesca, tiriamo fuori le emozioni e le vicende evocandole dalla suggestione dei luoghi stessi.

Raccontiamo qui il secondo momento Odissea, il viaggio in Sicilia, sulle vicende di Ulisse, ritrattato da Elio Crifò, attraverso il fuoco sulle tappe siciliane dell’eroe omerico. Ci soffermeremo nel paese dei Ciclopi e nel regno di Circe, passeremo attraverso le sirene e Scilla e Cariddi, entreremo nella reggia di Eolo e, infine, sbarcheremo a Itaca dove si compirà la grande vendetta dell’uomo dal multiforme ingegno.

Le date sono il 19 a Tindari, il 21 a Giardini Naxos, il 24 a Soriano Calabro, il 26 a Lipari.

Omero: Elio Crifò

Eolo: Edoardo Siravo

Ulisse: Antonio Silvia

Musiche: Fabio Sodano e Tanino Lazzaro

Regia: Elio Crifò

L’Odissea secondo Elio Crifò: secondo quale visione l’hai restituita?
Ho messo in evidenza il culto della grandezza nel mondo antico e la cultura della meschinità nella società contemporanea. La cultura di massa del mondo greco-romano esaltava, in versi poetici, le imprese di Ulisse o di Enea, le nostre istituzioni considerano Chiara Ferragni la sacerdotessa della comunicazione.

La mia impressione è che gli artisti siciliani abitino una speciale connessione con il mito, che ne pensi?
Non c’è poeta o artista meridionale che non porti scolpito nelle opere il suo essere figlio di questa terra, non è affatto così per gli artisti del nord. Nel sud italiano il genius loci crea un legame viscerale coi suoi abitanti, molto spesso d’amore, altre volte di repulsione, ma mai d’indifferenza. Che questa sia la terra degli Dei è un’ evidenza, e la sua luce è un nutrimento etico, culturale e spirituale.

La tua regia si inserisce in una trilogia più ampia: come è costituita, avete cercato raccordi tra le regie?
Sono tre atti unici e indipendenti con altrettante regie indipendenti. Il nostro raccordo è immergere il pubblico nell’incanto del passato.

Il lavoro gode di una naturale scenografia di eccezione, come hai incastonato il testo nei suoi luoghi naturali?
La sinergia tra noi e i parchi archeologici è quella di farli conoscere e vivere nel modo più spettacolare possibile, per questo amiamo proporli al tramonto. Per esempio, a Tindari, il mio Omero apparirà in cima al ginnasio, a 4-5 metri, discenderà verso gli spettatori, passerà nelle navate invase dalle sirene e dai mostri… giochiamo, in modo serio e opportuno, con i monumenti. E poi… il mare, i colori cangianti del crepuscolo, le cicale… contribuiscono a sospendere gli spettatori in un incantamento!

Il tuo lavoro prende forza dal saper combinare arte e spiritualità, visioni classiche ed esoteriche: hai voglia di darne cenno?
Combino tra loro tutti gli elementi narrativi che contribuiscono a narrare una storia significativa intellettualmente e potente emotivamente. Non faccio spettacoli d’intrattenimento ma… di liberazione dalla banalità del quotidiano. Metto l’istrionismo interpretativo e la malìa dello spettacolo al servizio di grandi temi o di grandi personaggi. E quando riesci a coniugarli il risultato è esplosivo! Il successo di uno spettacolo collettivo come l’Augustea, o di quelli personali come Gli Imperi della Mente o EsotericArte, sono la dimostrazione che esiste una grande fetta di pubblico, totalmente ignorata dal mercato, la quale non vuole essere intrattenuta ma ha una gran voglia di liberare l’anima e volare in alto nel cielo a rimirar le stelle!

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