Ho conosciuto l’esistenza dell’elettrosensibilità a Cortona nel 2018. Come ogni anno vi ero andato per visitare una delle più importanti rassegne fotografiche italiane. Il progetto fotografico di Claudia Gori: “Le sentinelle dell’elettrosensibilità in Italia” mi interessò particolarmente. Si trattava di una narrazione fotografica di vite sospese, non ordinarie, isolate, affette da, come riferito da uno dei soggetti intervistati, una disabilità ambientale.  

Da sempre mi sono interessato agli effetti dannosi dei campi elettromagnetici a bassa frequenza (0-300Hz), prodotti principalmente da elettrodomestici e linee elettriche, che inducono correnti elettriche all’interno del corpo, e ad alta frequenza (300Hz -300Ghz), generati principalmente dalle tecnologie wireless e dalle torri cellulari radio e televisive, ma non immaginavo esistessero persone costrette a vivere schermate in vario modo nelle loro case per sopravvivere alle radiazioni elettromagnetiche.

Stiamo parlando dell’EHS (Electromagnetic Hypersensitivity) di cui soffre a stima OMS il 3% della popolazione. Ma cosa è l’EHS? È una sindrome che si manifesta in alcuni soggetti nelle vicinanze di campi emittenti radiazione a un livello di esposizione però tollerato dalla maggior parte delle persone. 

I sintomi sono cefalee, insonnia, debolezza, deficit di concentrazione, dolori, eruzioni cutanee, disturbi uditivi, visivi, dell’equilibrio e alterazione dell’umore.

Colpisce la correlazione per similitudine sintomatologica con un’altra sindrome la MCS (Multiple chemical sensitivity syndrome) o Intolleranza idiopatica ambientale ad agenti chimici (IIAAC): un disturbo cronico, reattivo all’esposizione a sostanze chimiche. Quindi due sindromi l’EHS e MCS strettamente correlate.

Nonostante l’elettrosensibilità non sia una patologia riconosciuta da parte dell’OMS, sempre più persone ne soffrono e modificano radicalmente le loro abitudini con un isolamento forzato come unico rimedio in grado di attenuare le sintomatologie.

Queste persone sono chiamate sentinelle perché considerate coloro che sentono adesso ciò che potrebbe diventare un fenomeno sempre più diffuso in un prossimo futuro. Il numero in Italia di soggetti affetti da questa sindrome si aggira intorno a 600 mila.

Nel Memorandum dell’ipersensibilità ai campi elettromagnetici del 2005, l’OMS ha riconosciuto i problemi di salute delle persone elettrosensibili, affermando, tuttavia, che senza la dimostrazione di una relazione causale tra le suddette malattie e l’esposizione ai campi elettromagnetici negli ambienti di vita, i sintomi sono aspecifici e l’EHS non può essere considerata una malattia diagnosticabile. 

Solo il 31 maggio 2011, IARC (International Agency for Research on Cancer), che fa parte dell’OMS, ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibili cancerogeni per l’essere umano.

Per l’Istituto di medicina sociale e preventiva dell’università di Berna (Svizzera) gli elettrosensibili arrivano al 5% degli elvetici, secondo il documentario Come stiamo uccidendo noi stessi, radiazioni wireless (trasmesso nel 2016 da Reshet TV, primo canale commerciale israeliano) in Israele sarebbero 800.000 persone (10% della popolazione), mentre per il gruppo britannico Powerwatch oltre il 3% degli inglesi hanno l’EHS; per le ricerche svedesi la cifra si alzerebbe addirittura a toccare quota 10% (in Svezia, in riferimento alla Risoluzione Onu 48/96 del 1993, le amministrazioni locali sostengono i soggetti con EHS).

La sindrome potrebbe essere legata a una condizione di suscettibilità individuale o da disturbi indotti da stress, sviluppati principalmente dalla sensazione di immediato pericolo per l’esposizione ai campi elettromagnetici e quindi all’effetto nocebo che metterebbe in atto una complessa sindrome psicosomatica. 

Nel 2005 una revisione sistematica di 31 esperimenti in doppio cieco non è riuscita a trovare prove di un legame causa-effetto tra l’emissione di campi elettromagnetici a bassa intensità e i sintomi dell’elettrosensibilità.

Nel 2010 gli autori hanno ripetuto le analisi includendo 15 nuovi studi apparsi in letteratura, me le conclusioni non sono cambiate. Entrambi gli studi ipotizzano che alla base dell’elettrosensibilità ci sia un effetto nocebo: se i pazienti credono di essere esposti ai campi elettromagnetici cominciano a manifestare i sintomi, anche se in realtà in quel momento non c’è nessuna apparecchiatura in funzione nelle vicinanze. Viceversa, se gli stessi pazienti sono esposti alle invisibili onde elettromagnetiche, ma in modo che non possano dedurlo da indizi presenti nell’ambiente (spie, fili, ecc…), allora i sintomi non si presentano.

Pareri contrastanti quindi anche perché la scienza medica attuale non è in grado di valutare le oscillazioni elettromagnetiche che controllano le reazioni chimiche nelle cellule.

vedi anche: Associazione italiana elettrosensibili 

Elettrosensibilità: Problemi sanitari in prossimità di sorgenti di campi elettromagnetici

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