Non è propriamente del film di Pappi Corsicato Il seme della discordia e nemmeno del seme cui si fa riferimento nel suo lavoro che vi voglio parlare. Prendo solo in prestito il titolo che ben si adatta a questa nota che tratta dei semi veri e propri, quelli della frutta. Si, anche quelli sono oggetto di discordia perché involontari protagonisti della eterna lotta tra verità e credenze. Ma scendiamo molto più in basso e parliamo di colonscopie.

Se si fa una colonscopia di screening a una persona ultracinquantenne del tutto asintomatica, si ha una probabilità di trovare dei diverticoli del colon che varia dal 30 al 70%. Questa diagnosi in genere sorprende proprio per l’assenza di qualsiasi disturbo e genera immediati interrogativi sul cosa fare.

Anticipo subito che non c’è una terapia per i diverticoli asintomatici ma che, contrariamente alle attuali evidenze scientifiche, tutti o quasi tutti i pazienti prendono dei farmaci e si sottopongono a regimi alimentari a volte abbastanza complessi. L’obiettivo dichiarato è quello di prevenire eventuali complicanze, prima fra tutte la diverticolite che è l’infiammazione dei diverticoli.

Al grido attenzione che, con la diverticolite, si può produrre una perforazione del colon, la stragrande maggioranza dei pazienti si sottopone a cicli di antibiotici, probiotici, anticolinergici, antinfiammatori e a regimi alimentari dei più vari, con una costante: la totale esclusione di qualsiasi tipo di semi, semini, noci e certi tipi di verdure.

Lo spauracchio è che il seme dell’uva, del pomodoro o, addirittura, quello del kiwi, entra nel diverticolo e lo perfora. Di fronte a queste frasi nessuno si sente più di fare la cosa più giusta che è quella che la letteratura suggerisce: nessuna terapia e nessuna restrizione dietetica.

Verità vs credenze: una lotta impari

Nell’ultimo numero del New England Journal of Medicine, una delle riviste più prestigiose in medicina, si affronta questo problema sottolineando le difficoltà che sta incontrando la verità in un mondo così connesso.

La verità, si sottolinea, nasce sempre più dalle credenze che dalle prove scientifiche: se molte persone credono in qualcosa, altri accetteranno questo qualcosa come vero. La telefonata allarmata dell’ultima mia paziente cui avevo fatto diagnosi di diverticolosi mi chiedeva conto e ragioni sul perché sua cugina facesse una complessa terapia e stesse attenta alla dieta e lei no. E quindi non è solo web, ma anche informazione di prossimità.

Esistono molti tipi di bias cognitivi che ci spingono a cedere alle credenze. Ben conosciuti dagli psicologi come pregiudizi impliciti, questi meccanismi mentali tendono a farci ritenere affidabili i comportamenti e le scelte di persone di cui ci fidiamo, confermando tale scelta attraverso il pregiudizio di conferma: mia cugina è stata sempre bene con quella cura e se è vero che ha avuto qualche disturbo, figuriamoci come sarebbe stata se non avesse prese quelle pillole.

Le credenze sono scorciatoie mentali

Sono stereotipi che funzionano come scorciatoie mentali che non richiedono conferme scientifiche. Non c’è difesa. Infatti, come si fa a convincere quella signora che ci sono numerosi studi che hanno confrontato centinaia di persone con i diverticoli sottoposti a dieta libera o limitata, che li hanno seguiti per almeno un anno e che non hanno trovato differenza alcuna tra i due gruppi? Questo discorso viene preso quasi come giustificazione delle nostre indicazioni che appaiono, ai loro occhi, come convinzioni personali.

E’ più credibile la cugina o la vicina. E non serve nemmeno ricordare che i diverticoli appena diagnosticati sono lì da molto tempo e non hanno mai dato segno di sé, senza terapie cicliche o diete rigorose. E ancor meno sottolineare che è il sapere di averli che li fa preoccupare. Ma si sa, siamo fatti in modo molto complesso.

Ed è per questo che, a volte, sono proprio i medici a suggerire diete e prescrivere farmaci. È sicura esperienza di tutti quella di vedere o ricevere indicazioni già prestampate sui corretti comportamenti da tenere in caso di malattia diverticolare. Il discorso qui è complesso perché il benessere del paziente oscilla tra le indicazioni scientifiche e la necessità di non sentirsi a rischio di complicanze.

Chi si convince a seguire le indicazioni scientifiche a volte vive come se avesse una spada di Damocle sulla testa e, a quel punto, molti medici cedono e, per il benessere del paziente, prescrivono diete e farmaci che, tra l’altro, nella metà dei casi, non saranno nemmeno rispettati alla lettera. Alcuni lo ritengono un atteggiamento scaramantico.

La lotta tra verità e credenza coincide con la disputa tra scienza e libertà di parola e di pensiero. Non è un fatto nuovo. Da Aristotele in poi, sulle definizioni, cause ed effetti si sono cimentati filosofi, psicologi, sociologi e qualsiasi persona con un minimo spirito critico.

Un approfondimento avvincente è quello che Pascal Engel fa nel suo Volontà, credenza e verità, in cui l’autore si chiede se la credenza è involontaria o è piuttosto sotto il controllo della volontà. Una lettura avvincente per chi fosse interessato a questo delicato argomento. Ma direi che anche rivedere il film di Pappi Corsicato ci farà bene.

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