Tatto, padre dei sensi. Fu Ippocrate, fondatore della medicina occidentale a riconoscergli questo ruolo. E sì, perché oltre ad essere tra i cinque sensi, forse il principale, è quello con il quale troviamo il nostro posto nel mondo e in particolare in mezzo agli altri. È la nostra guida incorporata che ci permette di orientarci nel mondo. È l’organo di senso che utilizziamo di più ed è anche uno dei dispositivi che ci indirizza nelle relazioni sociali. Non è un caso che definiamo tatto anche quella sensibilità e quel garbo con cui gestire le situazioni, quella capacità di muoversi in esse con immediatezza e spontaneità e che costituisce il requisito fondamentale per entrare in rapporto con gli altri.

Il tatto è un movimento essenziale dello spirito dell’essere umano, in quanto è ciò che permette ad ognuno di noi d’inerire al mondo, di sintonizzarsi con esso e di sentirsi in esso radicato. Di avvicinarci ed entrare in contatto con le situazioni che incontriamo nella nostra vita. 
È il tatto che rende le cose più reali di qualsiasi altro senso. È un modo diretto per comprendere ciò che ci circonda. Nei casi in cui ci troviamo a dubitare di ciò che vediamo, facciamo immediatamente appello al tatto perché ci mostra di più com’è la realtà. Con il contatto fisico non solo abbiamo più fiducia nel percepire la realtà del nostro ambiente, ma anche in quella di noi stessi e delle nostre relazioni sociali. 

La maggior parte delle nostre interazioni sociali sono accompagnate da gesti come una pacca sulla spalla, una stretta di mano, un abbraccio o un bacio di saluto, a seconda della cultura. Questi sono gesti che aiutano a sviluppare un rapporto di fiducia. Non dobbiamo credere che il bisogno di contatto fisico sia collegato al nostro bisogno di amore, biologi e antropologi hanno dimostrato invece che è stato uno strumento di sopravvivenza e lo abbiamo sviluppato durante l’evoluzione per aiutarci a rimanere in vita. Perché siamo animali sociali e le nostre esigenze di base richiedono il contatto fisico. Allora provo a dirlo con un po’ di tattoil distanziamento sociale, sarebbe meglio definirlo fisico, cui ormai siamo costretti giustamente per ridurre la possibilità di contagio da SARS- Cov2, si rivelerà a lungo termine come uno dei tanti danni che questa pandemia avrà prodotto in ambito sociale. 

Gli scienziati sanno che il con-tatto è fondamentale per un sano sviluppo fisico, emotivo e mentale. Sono molteplici le evidenze scientifiche che hanno dimostrato come il contatto fisico non è un effetto placebo, ma ha diversi effetti benefici sulla salute. È la pelle il più vasto organo del nostro corpo, ed è dotata di numerosi recettori che comunicano direttamente con il cervello e gli scienziati hanno evidenziato che i segnali tattili raggiungono il cervello ancor prima degli impulsi dolorosi. Ma perché accade? Un abbraccio, una carezza, anche una bella stratta di mano inducono il cervello a rilasciare ossitocina, un ormone che calma il sistema nervoso e aumenta le emozioni positive. È il neurotrasmettitore che agisce sul centro emotivo del cervello, l’amigdala, e riduce l’ansia e lo stress perché quando entra in azione abbassa i livelli di noradrenalina e di cortisolo, cosiddetti ormoni dello stress, e di conseguenza ci sentiamo calmi e soddisfatti. L’ossitocina è quella sostanza che viene rilasciata durante il parto per dimenticare il dolore, riduce la tendenza ad assumere droghe e alcol, così come la voglia di dolci. Ma in circolo in questo gioco di tatto entra anche la dopamina, definita ormone del piacere, ed è quella coinvolta in diversi ruoli di controllo all’interno del corpo: nella nausea, nella funzione renale e nel funzionamento del cuore.

I neuroscienziati hanno dimostrato che i vantaggi di questa combinazione di ormoni, che si liberano quando ci tocchiamo, sono svariati.  Quando abbracciamo, per esempio, dei piccoli centri di pressione nella pelle vengono stimolati portando il segnale al cervello attraverso il nervo vago, mostrando un cambiamento nella conduttività cutanea. L’effetto nella pelle suggerisce uno stato di equilibrio nel sistema nervoso parasimpatico. Il neurologo Shekar Raman, dell’Università della Virginia, ha condotto numerosi studi a conferma che: Un abbracciouna pacca sulle spalle e perfino una stretta di mano amichevole vengono elaborati dal centro della ricompensa nel sistema nervoso centrale, ed è questo il motivo per cui essi possono avere un forte impatto sulla psiche umana, facendoci sentire la felicità e la gioia e non ha importanza se il contatto viene ricevuto o dato. Quanto più ci si connette con gli altri, anche con il più piccolo contatto fisico, più si è felici”Tutto questo è determinante per la nostra salute perché attraverso questi meccanismi biologici, su cui gli scienziati continuano ad indagare, si riesce a controllare la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, a rinforzare il sistema immunitario. È un notevole aiuto nella cura di patologie cutanee croniche, riduce il nervosismo, allevia il mal di testa, riduce l’insonnia, vince la paura, specialmente nei bambini, stimola i sensi e fa sì che ci si senta appagati in seguito a un successo. 

Pensateci: il tatto è l’unico senso a due vie. Esiste solo se c’è una persona che lo fa ed una che lo riceve ed è per questo che aiuta la relazione umana facilitando la capacità di comunicazione e di persuasione. Ci aiuta a diventare consapevoli dei nostri confini personali e fisici. E sebbene gli effetti fisiologici del tocco non siano stati ancora pienamente compresi, molti studi confermano che il contatto fisico favorisce i legami sociali e aumenta i comportamenti cooperativi. 

Pandemia da Covid-19 a parte, bisogna riconoscere che sempre più occasionalmente, congiunti a parte per dirla come in tempi di coronavirus, abbracciamo o diamo un bacio sulla guancia quando ci incontriamo. Quasi senza rendercene conto le nuove tecnologie hanno fortemente influenzato il modo in cui ci relazioniamo con le persone. Nonostante si abbia l’impressione di essere più connessi con gli altri, in realtà uno schermo non sarà mai in grado di sostituire un tocco sulla mano o una pacca sulla schiena. L’uso del contatto fisico in una relazione è vitale per comunicare le emozioni per favorire una connessione, soddisfazione, senso di sicurezza ed appartenenza. 

Se il contatto visivo è fondamentale, quello fisico ne moltiplica gli effetti. Mentre per molteplici ragioni, a volte giuste ed indispensabili, siamo sempre più connessi con dispositivi e display e sempre meno attraverso il reale contatto fisico, fatto di faccia a faccia, pelle a pelle. Toccare gli altri diventa sempre più difficile, è come se vivessimo in una società contattofobica e questo deve far riflettere poiché è il tatto il primo senso che abbiamo usato per comunicare e conoscere il mondo. E oggi molto probabilmente è quello che invece ci manca per migliorarci. Comunichiamo con l’esterno attraverso modalità e forme di linguaggio diverse. Ma uno dei mezzi più efficaci, tuttavia, resta il tatto: è lui il responsabile del 78% della capacità di tramettere le emozioni. Per gli psicologi il contatto fisico non solo rafforza il messaggio che vogliamo trasmettere, ma ne aumenta precisione e intensità. Convince quindi più un abbraccio di un conta su di me

Il nostro corpo è una macchina meravigliosa che però per funzionare correttamente ha bisogno dei giusti carburanti. Non bastano cibo e acqua, sostentamenti fondamentali, ma anche il contatto fisico regolare con le persone con cui ci interfacciamo diventa indispensabile. Tra gli studi scientifici quelli dedicati ai sistemi sensoriali quelli sul tatto hanno storicamente scontato un certo ritardo. Questo è dovuto al fatto, tra l’altro, che al contrario di quanto avviene per altri sensi, per simulare il tocco e stimolare le sensazioni tattili esistono, ancora oggi, pochi strumenti. Se infatti un monitor o i sistemi di realtà virtuale sono in grado di riprodurre immagini fedeli alla realtà e un sistema stereo di replicare dei suoni, il tatto virtuale non esiste ancora, ed è uno dei filoni sui quali la ricerca bioingegneristica si sta concentrando, perché il senso del tatto rappresenta la nuova grande frontiera in cui la robotica dovrà andare a braccetto con le neuroscienze. 

Gli scienziati si sono chiesti cosa accade quando manca il contatto fisico per troppo tempo e hanno scoperto che si arriva a una vera e propria skin hunger – aka fame di contatto. Forse ancora non siamo del tutto consapevoli che stiamo vivendo un problema letteralmente definito fame di pelle, ovvero un forte desiderio di contatto e che è più diffuso di quanto pensiamo. Secondo le ricerche di Kory Floyd, professore di scienze comportamentali dell’Università dell’Arizona, almeno un americano adulto su quattro ne soffre. E questa volta poco c’entrano i virus, seppure tutto e ricollegabile a un’epidemia. Quella da isolamento sociale. Un fenomeno che dalla fine degli anni ’90 è in continua crescita e per il quale la percentuale di adulti americani che dicono di essere soli è raddoppiata dal 20% al 40% e le stime per l’Italia non sono molto differenti.  Allora c’è da chiedersi se il futuro prossimo è pronto a regalarci un tatto virtuale. Se è pronto a restituirci dal cervello alle mani e viceversa quella capacità di distinguere a occhi chiusi la differenza tra una superficie liscia o ruvida, a distinguere tra morbido e duro oppure di trasmettere a tutto il corpo quelle sensazioni di benessere che si hanno quando abbracciamo un altro essere umano? La ricerca sui dispositivi robotici e ingegneristici per applicazioni in campo medico procede a passi spediti, anche se gli strumenti a disposizione non sono ancora moltissimi e non riescono ancora in considerazione proprio tutti gli aspetti multisensoriali legati al tatto

Le mani bioniche sono certamente i dispositivi robotici più avanzati che cercano di trasmettere a chi le indossa un feedback sensoriale. Queste protesi, grazie a un sistema complesso di elettronica e sensori, riescono a comunicare direttamente con il sistema nervoso centrale e periferico del paziente. Ma i sensori non bastano e la ricerca è al lavoro per incorporare circuiti in grado di far percepire al polpastrello il tatto. Studi neuropsicologici stanno peraltro esplorando la possibilità che una mano bionica possa essere effettivamente integrata dal cervello nella propria rappresentazione corporea, ossia nella mappa che il cervello ha delle parti del nostro corpo. Questo, se possibile, trasformerebbe l’innesto in un vero e proprio pezzo di ricambio accettato e coordinato dalla mente come fosse un arto biologico. 

Molto probabile, come ipotizza Yuval Noah Harari nel suo 21 lezioni per il XXI secolo che questo sarà il risultato di un’azione combinata delle tecnologie informatiche con quelle biologiche per dare forma a un’intelligenza artificiale (AI) dotata di giusti sensori capaci di elaborare emozioni e sensazioni trasferibili. Certo non possiamo sottovalutare che la bioprogettazione abbinata alla crescita della AI potrebbe far sì che la disuguaglianza economica si possa tradurre in disuguaglianza biologica e sociale. Perché una mano così fatta avrebbe, almeno a medio termine se non a lungo termine, costi impossibili da sostenere per gran parte delle persone del pianeta. Una cosa dovremmo tenere bene a mente sempre, la salute è un diritto inalienabile e un bene che deve essere e rimanere accessibile a tuttiE speriamo di ricordarcelo anche quando questa pandemia sarà finita

Sarà anche poco ma facciamoci un favore non appena sarà possibile, ogni tanto mettiamo da parte i nostri display per recuperare il valore profondo e segreto che risiede nel tatto e che produce piacevolmente salute.

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