“Non credeteli, copriva il loro volto la stessa maschera. La lealtà nella bocca ma nella mano un proiettile”
(Rafael Alberti)

Vivere il passato in un film storicamente attendibile come Io sono ancora qui, ci aiuta a capire meglio la storia di oggi. Ci mette di fronte al fatto che le dittature  si instaurano, con azioni più o meno eclatanti, apparentemente all’improvviso; mentre il popolo che vive in pace, nel benessere e nella tranquillità, certo non pronto a difendersi; alcune frange violente dell’esercito con menti dittatoriali, cospirano in maniera subdola, con l’intento di sottomettere il loro stesso popolo, che considerano il loro nemico.

La dittatura in Brasile

Questo era il quadro del Brasile nel 1964. Al governo c’era il presidente di sinistra Joào Goulart che stava approntando una politica estera indipendentista e antiamericana. L’esercito non rimase indifferente e il 31 marzo 1964 invase le strade della capitale con carri armati e truppe. Il presidente Goulard fu deposto ed entrò in vigore la legge marziale.

Tutto cambiò soprattutto per le persone giovani e libere e per i membri  del vecchio governo di sinistra. Alcuni misero in atto una resistenza tacita e non armata. In particolare Rubens Paiva, voleva aiutare, decise in segreto di fare da staffetta, portando lettere dei perseguitati: li aiutava ad emigrare in Cile.

Un Cile che di lì a poco non sarebbe stato più libero. Non era un violento ma era un moderato, un amorevole padre di famiglia. Commoventi e gioiosi  i ricordi delle loro estati al mare in una meravigliosa casa davanti all’oceano.

Purtroppo venne intercettato e arrestato e insieme a lui la moglie una delle figlie, poi rilasciate.

Da quel momento di lui più nessuna traccia. I militari negavano addirittura che fosse stato arrestato. La sua famiglia lotterà per anni per avere il certificato ufficiale di morte. Un riconoscimento della “morte di Stato”.

Il film è da vedere sia per la ricchezza e la precisione storica sia perché dà idea di ciò che si vive quando lo Stato nega ogni diritto.

Accadevano cose aberranti e inimmaginabili. La lettura del libro I vent’anni di Luz ce ne dà un’idea. Le detenute in stato di gravidanza ma destinate all’oblio, venivano private alla nascita dei loro figli e poi uccise. I figli rubati spesso erano destinati ad essere adottati. E’ la storia di Luz che scopre di essere stata adottata dai carnefici della sua madre biologica.

Gli anni 60 e 70 per l’America Latina

Gli anni 60 e 70 per l’America Latina furono terribili. Iniziò ad essere violentata dalle dittature.

Il Brasile iniziò nel 1964 e la sua fu la dittatura più longeva, 21 anni. Nel 2014 una commissione nazionale documentò 413 omicidi e 2000 vittime di torture.

Quasi nulla rispetto a ciò che successe in Cile. Lì la dittatura iniziò l’11 settembre del 1973 con l’assassinio del presidente Salvator Allende a cui si sostituì Augusto Pinochet. Durò 17 anni.

Durante questo periodo trovarono una orribile morte 3000 dissidenti (spariti nel nulla) e 38000 furono imprigionati e torturati.

La dittatura in Argentina iniziò il 24 Marzo del 1976 e durò fino al dicembre del 1983. Non sappiamo neanche il numero preciso delle vittime del regime si parla di numeri impressionanti: da10 mila a 30 mila persone uccise e scomparse.

In quegli anni ero una adolescente molto sensibile all’argomento .

Ascoltavo la musica degli Inti Illimani costretti all’esilio e a nascondersi per le loro idee ,che esprimevano con la musica.

E leggevo  Il sangue e la parola”poesie dal carcere e dai lager, dall’interno del Cile e dall’esilio , solidale con i miei coetanei nati in un paese che li opprimeva.

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