Il Trattato sullo spazio extraatmosferico promosso dalle Nazioni Unite ed entrato in vigore nel 1967, ha stabilito i principi che regolano le attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresa la Luna e gli altri corpi celesti. Con tale documento le nazioni hanno convenuto che lo spazio “non è soggetto ad appropriazione nazionale per pretesa di sovranità”, che “l’esplorazione e l’uso dello spazio devono essere effettuati a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi” e che costituirà la provincia di tutta l’umanità. Dunque, lo sfruttamento delle risorse dello spazio, incluse quelle della Luna, dovrebbe essere consentito solo se propedeutico a esplorazioni e ricerche scientifiche finalizzate al bene di tutta l’umanità, e ogni appropriazione da parte di singoli paesi dovrebbe essere vietata.

Purtroppo, gli sviluppi e gli eventi successivi all’approvazione di questo trattato hanno dimostrato come l’esplorazione dello spazio sia in realtà alimentata da ambizioni geopolitiche e battaglie ideologiche tra le nazioni per dimostrare la propria potenza tecnologica e avanzare pretese di proprietà su corpi extra-terrestri.

Questo difficile e teso contesto internazionale viene delineato in un recente articolo pubblicato dalla rivista EOS dell’American Geophysical Union, con riferimenti alle controversie legali ed etiche in corso, alle prese di posizione più dure e alle proposte che lasciano intravedere una via d’uscita.

Stati Uniti, Russia e Cina:
le loro ambizioni?

Nel 1979 gli Stati Uniti si rifiutarono di firmare il Moon Agreement, un altro trattato delle Nazioni Unite, che dichiarava specificamente che le risorse lunari sono patrimonio comune dell’umanità e che impegnava i firmatari a stabilire un regime internazionale di supervisione quando l’estrazione delle risorse fosse diventata fattibile. Ma la questione era ben lungi dall’essere conclusa.

Nel 2015, il Congresso degli Stati Uniti e il presidente Barack Obama hanno approvato una legge che ha concesso unilateralmente alle aziende americane il diritto di possedere e vendere le risorse naturali estratte dai corpi celesti, inclusa la Luna. E nel 2020, il presidente Donald Trump ha emesso un ordine esecutivo, proclamando che gli americani dovrebbero avere il diritto di impegnarsi nell’esplorazione commerciale, nel recupero e nell’uso delle risorse nello spazio […], che gli Stati Uniti non considerano un bene comune globale”, e l’istituzione delle forze armate spaziali degli Stati Uniti, primo passo per una occupazione anche militare dello spazio.

Ma anche altri paesi hanno mostrato i loro interessi economici e politici ad esplorare la Luna. Tra essi, la Cina, che nel 2019 ha fatto atterrare una sonda sul lato opposto del nostro satellite, e la Russia, che sta riproponendo il suo programma lunare, con una serie di missioni a partire dal 2021 per perforare la superficie del polo sud lunare alla ricerca di ghiaccio d’acqua, elio-3, carbonio, azoto e metalli preziosi.

Alcune aziende statunitensi, tra cui SpaceX e Blue Origin, stanno già pianificando i modi per reclamare le risorse della Luna, mentre l’azienda giapponese Ispace si prefigge di estrarre acqua e diventare così leader mondiale di un’economia basata sulle risorse spaziali. Non sembra così lontano un futuro in cui navi spaziali commerciali solcheranno gli spazi siderali per riportare sulla Terra preziose rocce e metalli, e magari non solo quelli, come paurosamente ipotizzato da film della saga di fantascienza Alien.

Lo spazio è di tutti o solo di qualcuno?

Posizioni divergenti su questa corsa allo sfruttamento extra-planetario si riscontrano poi tra esperti di diversi settori. Lo statunitense Scott Pace, professore di affari internazionali alla George Washington University e direttore dell’US Space Policy Institute, sostiene che, legalmente parlando, lo spazio non è un bene comune globale, dal momento che i beni comuni implicano una proprietà comune e una responsabilità comune e questo a suo dire è inammissibile, poiché consentirebbe ad altri paesi di avere voce in capitolo su ciò che fanno gli Stati Uniti nello spazio. Dall’altro lato, il nigeriano Gbenga Oduntan, esperto di diritto commerciale internazionale presso l’Università del Kent nel Regno Unito, sostiene invece che tutti i paesi dovrebbero avere voce in capitolo su ciò che accade nello spazio e sulla Luna, anche i paesi che non sono ancora in grado o interessati ad andarci, e che la commercializzazione dello spazio esterno in modalità Wild West porterà molto rapidamente a controversie“.

È evidente che la mancanza di regolamentazione in questo settore sia estremamente pericolosa per il futuro delle esplorazioni spaziali.

Recentemente, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promosso il programma Artemis della NASA, che prevede accordi bilaterali non vincolanti con altri paesi che vogliono collaborare con gli Stati Uniti nelle prossime missioni lunari (l’accordo con l’Italia è stato firmato nel settembre 2020). Questi accordi si ispirano al trattato disatteso del 1967 e mirano a stabilire norme che regolino l’attività sulla Luna: essi auspicano una visione condivisa di principi per creare un ambiente sicuro e trasparente che faciliti l’esplorazione, la scienza e le attività commerciali di cui tutta l’umanità possa godere. Ma quello che sembrerebbe un ottimo auspicio per il futuro, è invece da alcuni ritenuto un modo degli Stati Uniti per legittimare lo sfruttamento delle risorse dello spazio.

Delineato il contesto internazionale nel quale si muovono le prospettive di sfruttamento economico dello spazio, e della Luna in particolare, bisogna però considerare che lo sviluppo di un’attività mineraria sulla Luna sembra sempre più probabile, poiché un numero crescente di paesi e società spera di sfruttare i suoi minerali per ottenere enormi guadagni commerciali. L’eventuale estrazione richiederà macchinari, impianti di lavorazione, infrastrutture di trasporto, stoccaggio e fonti di energia, il che inevitabilmente avrà un impatto ambientale non indifferente. Inoltre, la scoperta dell’acqua sulla superficie lunare (dalla cui scissione in idrogeno e ossigeno potrebbe ricavarsi il carburante per i veicoli spaziali) ha reso più realistica la possibilità di stabilire insediamenti umani e di sfruttare la Luna come potenziale punto di sosta nel viaggio per raggiungere Marte.

Ma quali effetti potrebbero avere queste attività sul nostro satellite naturale? C’è il rischio che gli esseri umani possano causare danni ambientali alla Luna? E quali regole etiche potrebbero guidare il suo sfruttamento? E infine, è questo un problema reale che dobbiamo considerare per il prossimo futuro?

Per un gruppo di australiani composto da avvocati, archeologi spaziali e cittadini interessati, una Dichiarazione dei diritti della Luna potrebbe essere lo strumento per preservare il nostro satellite dai futuri (e inevitabili) impatti antropici.

Con lo scopo di favorire il dibattito e delineare un’etica dello sfruttamento del paesaggio lunare a scopo di lucro, i proponenti della dichiarazione affermano che la Luna è

“un’entità naturale sovrana a sé stante e … possiede diritti fondamentali, che derivano dalla sua esistenza nell’Universo”. Questi diritti includono “il diritto di esistere, persistere e continuare le sue dinamiche inalterate, illese e non perturbate dagli esseri umani; il diritto di mantenere l’integrità ecologica, […] e di rimanere un’entità celeste per sempre pacifica, non danneggiata da conflitti o guerre umane”.

Inoltre, essi denunciano l’urgenza di discutere un tale strumento giuridico, visto che la pianificazione di missioni lunari sta accelerando sempre più a fronte della preoccupante incertezza legale su ciò che le società private sono autorizzate a fare nello spazio. E in ogni caso la Luna non sarebbe la prima entità naturale a cui vengono concessi diritti legali per la sua protezione: sulla Terra già ne godono ad esempio il fiume Whanganui e la foresta Urewera in Nuova Zelanda, il fiume Gange in India e il fiume Atrato in Colombia.Tuttavia, la dichiarazione è oggetto di grandi contrasti: infatti per alcuni, attribuire diritti fondamentali a un oggetto inanimato come la Luna non ha alcun fondamento legale ed è politicamente privo di significato, anche in considerazione del fatto che la Luna è al di là della sovranità di qualsiasi nazione, e quindi non esiste un potere sovrano che possa garantire legalmente i suoi diritti.

I principi e le virtù
da applicare nello spazio

Ma il discorso è molto ampio e riguarda tutto il futuro dei viaggi nello spazio. A tal riguardo, in un recente libro sulla geoetica pubblicato dalla Geological Society of London, la bioeticista Margaret McLean propone sei principi e virtù da applicare al di fuori dello spazio terrestre: la stewardship, l’integrità scientifica, la prevenzione, la vigilanza prudente, la giustizia intergenerazionale, l’ultima risorsa, ovvero il riconoscimento del valore intrinseco dell’Universo.

Siamo ancora molto lontani da una visione chiara e condivisa sulle politiche spaziali, ma forse la Dichiarazione dei diritti della Luna potrebbe essere un inizio di discussione importante per arrivare ad una soluzione concreta di tutela, discussione a cui tutti dovrebbero poter prendere parte, come sostiene Erin O’Donnell, esperta di diritto dell’acqua e del movimento Rights for Nature presso l’Università di Melbourne.

Del resto la Luna fa parte della vita e dell’immaginario di ogni essere umano: è presente in tutte le culture, nei miti, nella letteratura, nelle leggende popolari. La sua formazione ha reso possibile lo sviluppo della vita sulla Terra e ne continua ad influenzare alcune dinamiche fondamentali, e questo dovrebbe bastare a considerarla molto di più di una landa desolata, brulla e inanimata, da contendersi.

Così come non bisogna mai dimenticare, quando si parla di Luna, Marte e viaggi spaziali, quanto affermò l’astrofisico Stephen Hawking Forse in poche centinaia di anni, avremo stabilito colonie umane tra le stelle, ma per ora abbiamo un solo pianeta, e dobbiamo lavorare insieme per proteggerlo”.

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