“I pantaloni della tuta sono un segno di sconfitta: quando perdi il controllo della tua vita, te ne compri un paio”.
Questa cosa geniale la partorì Karl Lagerfeld, ma c’è da dire che nel momento in cui la disse il termine lockdown ancora non conosceva le infinite declinazioni di cui oggi può farsi vanto.
Posto che la mia collezione di tute da casa, uscita casual, uscita con cani, uscita domenicale, sport, camminata e ozio restituisce l’esatta misura di quanto il controllo della mia esistenza sia andato a farsi fottere da svariati lustri, mi duole notare che molte persone non se la stanno passando meglio della sottoscritta e, fidatevi, c’è un po’ da preoccuparsi.
Vedete, io con la tuta sono ormai pacificata. Non penso di aver perso il controllo della mia vita. Sto perdendo di peggio, e purtroppo quel peggio a cui mi riferisco è veramente un peggio brutto brutto, perché si tratta della mia creatività.
La creatività è un dono, forse anche un talento, ed è proprio per questo che a volte erroneamente ci si illude che sia eterna.
È difficile lamentarsi di questo quando c’è gente che sta perdendo il lavoro, la tranquillità e forse anche un futuro decente, ma io non sto frignando a vanvera.
A vanvera faccio tante altre cose, ma se frigno di solito c’è un motivo abbastanza serio.
In questo caso semplicemente rifletto e mi dolgo sul fenomeno della sottrazione.
L’avvento di questo virus naturale o di laboratorio, letale o non, contagioso o meno, ci sottrae ogni giorno qualcosa.
Mi consideravo un’animale asociale: non ho mai amato le feste, sono sempre stata infima nelle pubbliche relazioni e piuttosto che prender parte ad una cerimonia mi sarei fatta le emorroidi da sveglia.
E invece mi sbagliavo. Ho bisogno di fare due chiacchiere, parlare di un libro, di un film, vedere delle persone. La creatività, questo lo sto capendo solo ora, vive e si alimenta grazie al confronto. Non è mia intenzione fare polemica sui provvedimenti del governo.
Oggi voglio essere alta. Tranquilli, non salirò su uno sgabello per imprecare o insultare meglio. Voglio semplicemente ammonire che oltre a salvaguardare le sacrosante necessità principali e primordiali di ognuno, non si può fare a meno di considerare che la socialità, la creatività, la voglia di esprimersi, la condivisione e la conseguente apertura mentale non possono e non devono venire meno.
Anche quando un popolo comincia ad essere fortemente incline alla tuta.