Io che non mi tiro indietro ma, anzi, mi esalto di fronte a qualsiasi tipo di fatica fisica, non considero comparabile a nessun altro tipo di sforzo, l’impegno che l’essere umano contemporaneo mette nello sbattimento di dover apparire per forza generoso.

L’egoismo ci mastica come le sigarette fatte col chewingum, quelle che regalano nei Luna Park, col gusto che finisce subito e la nostra opposizione di fronte all’egoismo è proprio così: un aroma artificiale alla fragola che non vale niente e si consuma in fretta, nella saliva calda della nostra voglia di non condividere un cazzo di nulla col prossimo, che non siano tasse e bollette.

Volerci curare dall’egoismo dopo che tutto, in questa società ha cooperato per farcelo venire è paradossale e offensivo, quasi quanto le auto elettriche che ora ci propongono sul mercato, con grande leggerezza, dopo averci triturati per cinquant’anni col sogno del turbodiesel.
Difatti, a me il sogno del turbodiesel non è ancora passato, proprio come l’egoismo, e non è colpa mia se non rispondo così velocemente agli stimoli del saper vivere ma io non voglio fare accanimento sulla mia povera persona, già messa a dura prova dall’epoca sbagliata in cui si trova a vivere.

Tutte le volte che gli amici mi chiamano per avvisarmi che verranno a passare da me il weekend, il mio primo istinto è quello di dir loro, “Ma certo! Che felicità, vi aspetto!”, e sappiamo tutti quanto sia pericoloso fidarsi dell’istinto. Dopo qualche minuto, non potendo tornare indietro perché sarebbe maleducato richiamare e dire, “Ragazzi, la verità è che vi voglio bene ma non ho voglia di avervi tra i coglioni”, ecco che mi piego su me stessa, mi attorciglio come un bruco pestato, immersa in terribili convulsioni allo stomaco, al pensiero che per due giorni avrò gente per casa che aprirà le credenze, userà i miei cessi, mi chiederà la password del wi-fi, se ho un pigiama in più e come si usa l’estrattore.

Mi viene la gastrite, come è giusto che venga in tutte le circostanze in cui ci sforziamo di essere qualcun altro. Ma chi ci vuole bene non apprezzerebbe forse un po’ di sincerità? Non c’è più bisogno di schiettezza che di generosità, in questo momento di emergenza? So che i miei amici sarebbero pronti a sentirsi dire, “Ragazzi, non ho voglia di sentire il vostro odore per casa e di stappare quelle meravigliose bottiglie che ordino per i momenti speciali in mia compagnia, per quei tramonti romantici in cui sto con la persona che mi capisce più di tutte”, purtroppo non ho il coraggio di dichiarare questo immenso amore protettivo che ho nei miei confronti, a discapito degli altri ma non per colpa degli altri, quanto piuttosto a causa di questa temibile pressione sociale così friendly che avvelena la mia vera natura. Una natura che, nei giorni che precedono l’arrivo degli ospiti, setaccia in silenzio la casa, alla ricerca di tutto ciò che possa esser salvata e sottratta alla furia dello straniero che prenderà posto fra le mie cose.

Così apro la dispensa e piglio il cioccolato alla menta, il vino buono e le patatine biologiche e chiudo tutto in cantina, dentro ad un baule verde, come i Goonies. Tolgo il dentifricio sbiancante dal bicchiere e lo shampoo per capelli ricci sostituendolo con uno shampoo di merda che compro apposta per le occasioni che so di non essere abbastanza forte da impedire. Dalla camera degli ospiti, che detesto chiamare così, tolgo i cuscini con le piume buone e metto i sassi acrilici di Ikea su cui potranno liberamente sbavare. Cerco, in tutti i modi di proteggere le mie cose dalla furia della gente che mi vuole bene perché io me ne voglio di più.

Se qualcuno mi chiede un prestito glielo faccio volentieri per sentire dentro al cuore il sentimento di grande bontà che mi contraddistingue ma svanito il sentimento, ecco che torna la gastrite ad annodarmi le budella e a ricordarmi che ho fatto una cazzata, che quei soldi non sono più nelle mie disponibilità ma in quelle di un amico in difficoltà che ora, grazie a me, non lo è più mentre io lo sono parecchio, data la preoccupazione di sapere che in giro ci sia roba mia.

Alla gastrite si aggiunge il terribile costume di dover fingere generosità, quel disgustoso atteggiamento che ci costringe tutti a dire, “Ma figurati? Ma scherzi?! Per me è un piacere”, mentre dentro una lama sottilissima ci affetta l’amor proprio.
Io non mi fido dei generosi. Devono essere persone poco acute, gente talmente falsa da apparire sincera, attori, missionari consacrati mancati o, peggio ancora buddisti.
Non mi fido neanche di me stessa, quando sono generosa.

Non mi piaccio, mi preferisco sincera e gli amici, se mi vogliono un bene vero e genuino, converranno con me ed accoglieranno il mio lato peggiore, quello egoista ma coi denti bianchissimi e i capelli riccissimi.

In tanti hanno difeso l’egoismo, molto meglio di me; ecco qualche suggerimento:

Barbara Di Salvo, In difesa dell’egoismo, Rubbettino Editore

James Walker, Filosofia dell’egoismo, Ortica Editrice

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