Benché l’empatia sia una caratteristica fondamentale di ogni mestiere che implichi la relazione con l’altro e, dunque, anche del docente, essa è per definizione un aspetto soggettivo e imponderabile, qualcosa che può essere forse sperato, ma non certo preteso.

D’altro canto, è facile osservare come l’eccessiva immedesimazione con gli studenti, o, meglio, l’incapacità di distinguere tra la partecipazione soggettiva alle loro difficoltà emotive e il proprio ruolo esterno di educatore e mediatore di fenomeni oggettivi come la cultura, il sapere, i valori della partecipazione democratica ecc. rischi di rendere impossibile l’esercizio della funzione che si pretende svolgere.

Il ruolo del docente

Il docente non deve essere un freddo burocrate, né ovviamente un sadico persecutore, ma non può essere certo né un amico, né un confidente. Non credo di essere stato fedele a questa esigenza, poiché, di fatto, ci troviamo sempre dentro una contraddizione che è facile articolare teoreticamente (né, né) ma per la quale è difficile trovare una soddisfacente soluzione nella prassi.

Posso però dire che quelle volte in cui mi è sembrato di non fallire completamente è stato quando il piano emotivo della relazione veniva sublimato attraverso l’amore per il sapere, quando cioè il mio lato sentimentale si trovava convogliato, senza che me ne accorgessi, dentro ciò che insegnavo, quando la passione emergeva dentro le parole, i pensieri, le immagini e i suoni che evocavo e cercavo di chiarire a me stesso e agli altri.

La relazione educativa

Credo che questo sia il solo luogo in cui la passione possa accampare pienamente i propri diritti nella relazione educativa, perché negli occhi che si accendono di amore per la conoscenza c’è la possibilità di guardare in una stessa direzione, volgere lo sguardo oltre sé stessi, ritrovarsi in un’umanità che accoglie le nostre singolarità, e le nostre miserie, magari dando loro persino voce, ma permettendoci al contempo di liberarci della trappola dell’io che non sa dire noi, del particolare che annebbia la vista, dell’interesse immediato che occlude l’orizzonte del possibile. Questo tipo di passione non va da dentro a fuori, ma da fuori a dentro, perché non è una forma dell’espressione, bensì della trasformazione di sé.

Sull’argomento consiglio il libro Riscoprire l’insegnamento di Gert J.J. Biesta (Raffaello Cortina editore).

Condividi: