Questi sono gli ultimi giorni di scuola nelle nostre regioni. Finisce un anno di lezioni che è fatto di nove mesi e non di dodici. Eppure il tempo scolastico è molto più simile al tempo della natura di quanto ci si immagini. Non solo perché alla fine di tutta l’istruzione c’è quella maturità che, lo si voglia o no, si richiama alla pienezza biologica dei prodotti della terra.

E non solo perché il cammino di maturazione che accompagna docenti e allievi si può affiancare al percorso di crescita con cui un lavoratore della terra accompagna ciò che ha seminato

La ciclicità e l’irripetibilità
di ogni anno di scuola

C’è di più. Il tempo della scuola è circolare perché si compie e si rinnova sempre, con una ripetitività che sembra contenere qualcosa di arcano.

La ciclicità delle lezioni, di anno in anno, sembra ricalcare la concezione classica del tempo: la scomparsa di ogni creatura non comporta l’estinzione di una specie ma solo un ricambio generazionale, per cui il futuro ripropone ciò che è stato vissuto

Come raffigurato dal mitico uroboro, il serpente che divorava la propria coda nella sua circolarità icastica, nulla accade nella storia che non si sia già manifestato e reiterato più volte.

Dunque la scuola finisce e rinasce come la vegetazione e come la vita degli animali; l’uomo stesso percepisce dentro di sé qualcosa che è destinato a rivivere.

Ma, al di là della circolarità della scuola, esiste anche una singolarità di ogni anno scolastico, di ogni classe, di ogni allievo che all’atto di inizio e lungo tutto il suo percorso conserva una sua irriducibile peculiarità. Quindi, ogni anno di scuola è ciclico e irripetibile al tempo stesso, in un paradosso di tempo e spazio che rende la scuola un luogo quasi fatato, inconfondibile per quella sorta di incantesimo che da esso scaturisce. 

Se dovessimo pensare a un’immagine, un anno di lezioni è simile a una collana di perle, destinate a ripetersi lungo il filo che le raccoglie, e al tempo stesso è simile a un filo di gomitolo aggrovigliato, inestricabile per chiunque volesse scioglierlo.

La fine delle lezioni, la gioia dei ragazzi

Soprattutto la fine delle lezioni sembra preservare, al di là della comprensibile gioia dei ragazzi, quasi un sortilegio che faccia d’auspicio per il futuro; pur nella malinconia di chi resta a osservare.

Scrive Giovanni Mosca nei suoi Ricordi di scuola di tanti anni fa:

“Dovrei metterli in fila, usciamo quasi correndo, io in mezzo e tutti i ragazzi intorno. Ecco, come per incanto, i ragazzi sono spariti. E io resto solo sulla soglia, spettinato, con un bottone di meno alla giacca. Chi me l’avrà preso?” 

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