L’intelligenza artificiale è in grado di porre nuove domande sull’essenza dell’arte e persino sulla definizione del concetto di umano: è quanto emerge dal TED Talk Can a computer write poetry? di Oscar Schwartz.

La domanda posta dal titolo è più complessa di quanto potrebbe sembrare a prima vista e apre una serie di interrogativi che vanno oltre le semplici possibilità tecniche dell’informatica.

Da quel punto di vista, infatti, la risposta alla domanda “un computer può scrivere poesia?” sarebbe senz’altro affermativa. A partire dagli anni Sessanta del Novecento molte sono state le esperienze di creazione di testi letterari per mezzo di calcolatori elettronici.

Già nel 1962 l’Almanacco letterario Bompiani dedicò il suo numero annuale al tema Elettronica e letteratura, con la collaborazione di Olivetti e IBM Italia. In quel fascicolo il poeta Nanni Balestrini pubblicò la poesia Tape Mark 1, composta con l’ausilio di un calcolatore elettronico IBM a partire da quindici elementi presi da opere già esistenti.

Nel corso dei decenni successivi, come risultato di una sempre maggiore specializzazione dei calcolatori, si moltiplicarono gli esempi di letteratura creata per mezzo di intelligenza artificiale e furono perfezionati molti generatori di testi e di storytelling.

Generatori di storytelling

Tra i primi ci fu Tale-Spin, un programma che produceva storie attraverso l’approccio del problem-solving: ai personaggi erano assegnati degli obiettivi e la macchina registrava i tentativi di raggiungere tali obiettivi convertendoli in storytelling.

Un altro approccio fu quello delle story-grammars, che considerano una storia come un oggetto linguistico avente una struttura descrivibile attraverso una grammatica. Un esempio di generatore di storie basato su questa tecnica è stato Gester, basato su una story-grammar derivata dall’epica francese.

Questi primi tentativi, nonostante i loro limiti, aprirono la strada alla possibilità per un computer di creare delle storie coerenti e funzionarono da apripista per molte altre esperienze sempre più soddisfacenti dal punto di vista tecnico.

Negli ultimi decenni sembra però essere cambiato qualcosa nel rapporto tra l’intelligenza artificiale e la letteratura. Se in un primo momento ci si è concentrati sullo sviluppo delle capacità tecnologiche atte a creare testi attraverso i calcolatori, la discussione odierna si concentra principalmente su questioni di carattere filosofico e ontologico.

Ci si interroga, cioè, sull’essenza e sullo statuto della letteratura e dell’arte creata attraverso l’intelligenza artificiale. Le arti, infatti, sono fortemente legate al concetto di autorialità: il fatto che l’opera venga creata da un computer porta a chiedersi chi sia ora l’autore di quell’opera, se il computer, lo sviluppatore, la persona che immette i dati, quella che li riceve.

D’altronde già nel 1935 il filosofo Walter Benjamin si poneva simili domande in relazione allo sviluppo della fotografia, nel suo saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

C’è poi la questione della creatività: l’arte viene considerata come prodotto della creatività umana e il fatto che ora possa essere generata automaticamente da un computer mette in discussione la sua unicità.  

Domandarsi se un computer sia in grado di scrivere poesia vuol dire porsi la questione stessa di cosa sia l’umano. Di questo ha parlato Oscar Schwartz nel suo TED Talk, partendo da esempi di poesie scritte da essere umani e poesie composte da computer attraverso appositi algoritmi.

Il risultato è che non sempre la persona e il computer sono distinguibili e che, anzi, in alcuni casi il computer è in grado di scrivere poesie più umane di quelle scritte dai poeti e dalle poetesse.

Il test di Turing sulla capacità
di un pc di pensare

Schwartz rievoca a questo punto il test di Turing, formulato dallo scienziato Alan Turin negli anni Cinquanta per rispondere alla domanda se un computer fosse o no in grado di pensare.

Secondo Turing, se un computer fosse in grado di avere una conversazione con un essere umano con un tale livello di correttezza che l’essere umano non si accorgesse di parlare con un computer, allora si potrebbe dire che il computer è in possesso di un’intelligenza.

Un test di questo tipo, come dimostra l’esperimento di Schwartz, vacilla nel momento in cui un computer è in grado di scrivere poesie che sono percepite dagli esseri umani come più umane rispetto a quelle scritte da poeti e poetesse.

Ma non dobbiamo dimenticare che la macchina utilizza la lingua come materiale grezzo; ciò vuol dire che quello che è considerato più o meno umano ai nostri occhi non dipende tanto dal computer o dall’output da esso generato, quanto dai dati di partenza inseriti nella macchina, la quale li rielabora senza tener conto dei significati, che ignora.

Schwartz arriva alla conclusione che il concetto di umano non è qualcosa di fisso, ma è un’entità variabile, e che un computer non fa altro che riflettere ciò che gli mostriamo, i dati che inseriamo.

La questione etica

Si innesta insomma una questione etica, che abbiamo già visto essere una delle problematiche più attuali per gli sviluppi futuri dell’intelligenza artificiale nella discussione intorno alle normative).

Il computer funziona come uno specchio, riflette le idee che l’essere umano gli mostra. Per questo la domanda non è tanto se il computer può essere come l’umano, ma quale idea di umanità vogliamo che un computer rifletta e impari, tenendo conto anche delle alte potenzialità dell’intelligenza artificiale a livello economico e sociale.

Intorno all’intelligenza artificiale circola infatti una gran quantità di denaro con un buon potenziale di crescita economica per le aziende e i soggetti che vi si dedicano; allo stesso tempo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale determina l’insorgere di questioni sociali rilevanti: come gestire i dati privati delle persone? Fino a dove l’intelligenza artificiale può prendere decisioni al posto dell’uomo? Come conciliare le nuove tecnologie al mercato odierno del lavoro, decisamente instabile e in difficoltà? Come affrontare la questione relativa al rapporto tra intelligenza artificiale e controllo delle vite delle persone, sul lavoro o nel privato?

L’intelligenza artificiale, oggi, non può prescindere dal fare i conti con questioni etiche e filosofiche di questo tipo e il confronto con le arti, che da sempre si interrogano sul loro stesso statuto e sul problema della rappresentazione del mondo circostante, risulta quanto mai proficuo in questo senso.

[In collaborazione con Daniel Raffini]

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