Quasi tutti noi conosciamo il nome di Brian Eno considerato l’inventore della musica minimalista. Vi avevo parlato di lui in occasione del suo album Mixing Colours che ha realizzato in collaborazione con il fratello Roger.

In quell’occasione il disco era cresciuto molto lentamente in un viaggio quasi spirituale. Il primo passo era stato di Roger che suonava singoli brani e li registrava usando una tastiera MIDI. 

Un lavoro durato quasi 15 anni, senza l’idea di fare un album. Roger inviava il materiale che riteneva più interessante a Brian che ci lavorava. Ogni brano riportava ad un colore, ed effettivamente ascoltando si viaggia in un mare timbrico e sensuale che a mio parere ricorda a volte la musica del francese Erik Satie.

Oggi voglio parlarvi di un nuovo lavoro fatto da Roger Eno e appena uscito per la casa discografica Deutsche Grammophon.

The Turning Year consente all’ascoltatore di entrare nel mondo sonoro di Roger Eno, pieno com’è di composizioni fluide e commuoventi.

Una serie di composizioni e brani scelti dal repertorio concertistico di Eno, una presentazione esauriente del lavoro solistico di Roger.

Roger Eno racconta così il suo lavoro discografico:

“The Turning Year è come una raccolta di racconti o fotografie di singole scene, ognuna con il proprio carattere ma in qualche modo strettamente collegata all’altra. Questi pezzi ci permettono, forse, di pensare a come viviamo la nostra vita per sfaccettature; come catturiamo scorci fugaci, come camminiamo attraverso le nostre vite, come notiamo l’anno di svolta.” 

Roger si è immerso nella musica giovanissimo comprando un pianoforte verticale malconcio con i soldi guadagnati ogni sabato come garzone in una macelleria. La sua formazione musicale è proseguita presso la Colchester Institute School of Music. Dopo un breve periodo come pianista in jazz club privati di Londra, è tornato nell’East Anglia.

Oltre a collaborare per la prima volta con suo fratello Brian e Daniel Lanois nel 1983 su Apollo: Atmospheres and Soundtracks, ha realizzato più di una dozzina di album da solista e altri brani in collaborazione con moltissimi artisti tra cui Lou Reed, Jarvis Cocker e Beck, per non parlare del suo periodo di tre anni come direttore musicale per Tim Robbins e la sua band, The Rogues Gallery.

In questo album ascolterete quattordici brani affascinanti, come Stars and Wheels e Hymn, pensati come improvvisazioni solistiche. 

Interessanti i due brani in contrapposizione, Hope con la sua tenerezza evocativa e Low Cloud, Dark Side con la sua nostalgia e inquietudine allo stesso tempo.

The Turninig Year, il brano che da il titolo all’album, esce dal minimalismo e si apre a sonorità più vicine a un’idea cinematografica, un brano che arriva subito, che si espande con i suoni degli archi e cambiando tonalità, evoca nuovi mondi da esplorare.

La svolta di cui parla Roger si riferisce a noi stessi, al nostro mondo interiore che, ogni tanto, ha bisogno di evolvere e allora arriva, quella svolta che possiamo sentire ed osservare.

Un album da ascoltare di sera, io l’ho fatto con un bicchiere di vino rosso e un sigaro e voi? 

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