Il tinello che scompare. Parole e cose in oblio
Le parole inghiottite dal progresso. "Il libro delle parole altrimenti smarrite", ha provato a salvarne alcune da un immeritato oblio.
Le parole inghiottite dal progresso. "Il libro delle parole altrimenti smarrite", ha provato a salvarne alcune da un immeritato oblio.
Le parole e le cose, diceva Foucault. Che rapporto c’è? La tecnologia mostra a ritmo vertiginoso l’apparire di nuove cose e di nuove parole, spesso non sempre chiare, anzi, a volte in modo confuso. Ad esempio, Noam Chomsky avvertiva il pericolo e l’inganno di chiamare intelligenza artificiale un semplice software dedito al furto della creatività altrui.
Allo stesso modo e per ragioni speculari, le parole vengono inghiottite dall’incedere del progresso, se di progresso dobbiamo davvero parlare. Sabrina D’Alessandro, in un grazioso libretto, Il libro delle parole altrimenti smarrite, ha fatto un punto d’onore di salvare alcune parole da un immeritato oblio.
Orwell avvertiva in 1984 che un linguaggio troppo ristretto limitava le possibilità del pensiero. Ma il processo per cui la lingua cambia e il progresso si afferma non è unilineare. È anzi contraddittorio e molto interessante.
Oppure perde senso una distinzione, oppure ci dimentichiamo che tale distinzione esiste al di sotto delle cose e delle parole. Personalmente, ad esempio, ho sempre letto la parola tinello ma non l’ho mai sentita usare, né l’ho mai usata (tranne che per cantare una strofa di Ma Tarzan lo fa…).
A pensarci, dopotutto, perché avrei dovuto? Esiste il tinello per distinguerlo dalla sala da pranzo. Ma io non ho mai avuto una sala da pranzo e nella quasi totalità delle case che visitavo, da bambino o in gioventù, c’era il soggiorno che fungeva allo scopo. A ben vedere in tutte o quasi tutte c’era anche una sorta di tinello perché solitamente in cucina o adiacente ad essa c’era un tavolo dove poter mangiare.
Ma mi viene da pensare che la scomparsa del tinello, la parola e la cosa, sia legata alla scomparsa della sala da pranzo, intesa come luogo specifico della casa, legato ad una certa ritualità borghese, a una sua idea del decoro e della rappresentanza familiare di fronte agli ospiti. Il soggiorno – che probabilmente in un’epoca precedente era una stanza specifica per intrattenersi e parlare (parlour), fare salotto ecc. – ha inglobato tutto. Si è fatto di necessità virtù. Meno stanze, meno spese. Forse si è ottenuto così un decoro a buon mercato ma il padrone di casa oggi mangia più come la servitù di un tempo che come il signore di cui pretende essere l’erede.