Denise Villa ci sorprende con il suo terzo romanzo, Quel che tornò di noi, che ci immerge nelle atmosfere belliche della grande guerra. Un tema che a primo colpo d’occhio ci può sembrare lontano da noi e dai nostri tempi. Ed è per questo che la incontriamo, per farci raccontare da cosa nasce questo bisogno di narrare una storia dei primi del ‘900.

Denise Villa, questo è il tuo terzo romanzo, i precedenti erano ambientati in un paesino dell’hinterland milanese ed erano vicende corali che coinvolgevano gli abitanti di una corte. Anche questo tratta lo stesso argomento?
No, questo ha un’ambientazione un poco diversa, vi sono diversi flashback che raccontano le retrovie del Piave durante l’ultimo anno di conflitto della grande guerra. Poi la storia si sposta in un anonimo paese lombardo, per poi proseguire in Inghilterra e Stati Uniti.

Di cosa parli nello specifico?
Racconto la storia di Olivia, una giovane donna che ha prestato servizio al fronte come crocerossina volontaria. Rientrata a casa, Olivia fatica a scindere le esperienze belliche con la ripresa della quotidianità, ma nonostante ciò si mette al servizio dei concittadini (aiutandoli durante la pandemia) e dà il suo supporto agli amici.

Quindi i tuoi protagonisti sono personaggi umili, non eroi?
Esattamente. Quando si pensa alla guerra si citano le perdite di vite umane, ma si dimentica la totalità degli offesi (feriti fisicamente o mentalmente) e le loro difficoltà a ritornare alla vita di un tempo. In una Italia dove i soldati sopravvissuti venivano visti come reietti o traditori – in particolare quelli sopravvissuti ai campi di prigionia austriaci – e i giovani rimasti mutilati venivano chiamati mostri o scemi di guerra, non deve esser stato semplice trovare la motivazione per ricominciare.

La guerra, l’influenza spagnola, mi sembra di ritrovare tante analogie con i tempi odierni.
Sì, infatti. Sono passati cento anni e ancora ricadiamo negli stessi errori. La ricerca dell’untore, la malfidenza, le sofferenze dei combattenti e le ferite inferte ad interi Paesi.
Ora capisco il senso del titolo Quel che tornò di noi.
Infatti nel mio racconto narro la storia di quelli che sono tornati a casa lasciando sul campo di combattimento qualcosa di loro, che fossero arti o parti del volto, l’ingenuità o perfino la sanità mentale. Le guerre non finiscono col cessare delle belligeranze, gli strascichi si fanno sentire per gli anni a venire.

“Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire”.

Jean-Paul Sartre
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