Dal 7 al 9 Maggio presso il Teatro Off Off di Roma Diario di un pazzo, da Gogol, di e con Francesco Meoni che incontriamo oggi.

Questa sua avventura parte da lontano… ci racconti l’inizio.
Ho voluto chiudere un  cerchio, cominciato in una piccolo teatro dell’ Orologio, dove agli inizi della mia carriera  vidi un attore magnifico che raccontava una storia dove sapientemente erano dosate ironia e drammaticità, la vita mi aveva quasi portato al passaggio di testimone per mano di Mario Moretti, autore di diario di un pazzo,  con cui avrei dovuto rifare proprio all’ Orologio, lo spettacolo che per tanti anni con un successo clamoroso, aveva portato in scena  uno strepitoso Flavio Bucci. Le cose però non andarono cosi, oggi, passati venti anni da quel desiderio interrotto,  l’amico (Fabrizio Gifuni ) che  sedeva al mio fianco a teatro in quegli anni mi ha suggerito di concretizzare quel  sogno di chiudere quel cerchio ed eccomi qua …

Come ha recepito questa sorta di testimone ideale dal grande Flavio Bucci?
Non ho voluto alterare di troppo il racconto di Gogol. Rispetto l’adattamento di  Moretti che ha quasi trenta anni , lo ho reso solo più moderno nella scrittura e rispetto allo spettacolo di Bucci  ho voluto dare una nota più astratta,  non ha una collocazione ammobiliata cosi che la stanza del nostro protagonista è la sua testa, perché questa storia parla ad ognuno di noi, ci racconta  di  emarginazione e di solitudine e  non si può restare insensibili alle parole del nostro antieroe. Quanto siamo condizionati oggi dalla società, dai modelli che ci propina, dai desideri che ci instilla, siamo cosi sicuri di non potere anche noi finire in un altrove…  Per questo a mio avviso il testo è molto attuale.

Che tipo di attualità ha donato a un testo che ha come fulcro il confine tra normalità e follia, così amato dal teatro e dotato di così grande rinnovamento nella società di oggi?
Quella di Aksentij Ivanovic è una scelta di sopravvivenza. Credo che trovandosi di fronte ad un bivio Gogol abbia scelto di percorrere una strada diversa:  bene, il mondo non mi vuole e allora io mi metto al di sopra del mondo, trovo questo “logico“ nella follia, la lucida follia di questo personaggio ci intenerisce.

Da memorie del sottosuolo in poi la letteratura russa ci ha regalato ritratti incommensurabili di grandi solitari… in che termini ha rielaborato la solitudine secondo Gogol?
Nella sua immensa solitudine ha sempre soluzioni per deviare la strada secondo una logica tutta sua che poi è la logica di Gogol? Anche esso pieno di complessi e anche esso vittima di una deriva che lo porterà  a  farsi riformatore religioso e a sprofondare in una follia mistica. Insomma scelte di solitudini e pazzie  convergenti… Mi sembra coerente.

Come mai anche gli attori più bravi si autoproducono (almeno a teatro, a Roma?)
Bella domanda… è molto semplice  esiste tanta gente brava  nei nostri teatri ma non esiste per il mercato , per questa storia legata ai ”nomi“. Io penso che non sempre il talento vada di pari passo con la notorietà e non ne faccio un discorso personale, mi sento ancora cosi insicuro dei mei mezzi dopo 35 anni di teatro… che ogni tanto ho bisogno di sfidarmi per sentire che esisto… ma se voglio raccontare una  storia come ho già fatto in precedenza,  a 60 anni passati devo “pagare”… ops pardon,  suona meglio produrla   per raccontarla… c’è qualcosa che non torna… Mancano poi sempre di più, oltre le produzioni, le figure che distribuiscono gli spettacoli, tu metti in piedi uno progetto teatrale  e magari finisce dopo pochi giorni perché non ha mercato  e perché  non ha mercato? Perché non sei un nome …insomma un cane che si morde la coda… c’è qualcosa che non torna… ma anche questo, per restare in tema, è follemente coerente…

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