Uno spettacolo per parlare di camorra: L’imparata di Roberto Iannucci con la regia di Felice della Corte al Teatro Marconi di Roma dal 12 al 22 Ottobre. Ne parliamo con i protagonisti: Teresa del Vecchio e Antonio Grosso.

Teresa, che modello di donna propone la tua “madre di un sospettato collaboratore di giustizia”?
Un modello spietato, che non rispetta i canoni di un’umanità e di un senso materno. Inoltre è una madre che non si fa guidare nelle sue azioni da un senso di giustizia lecito, ma legato ad un sistema violento e feroce. Questa madre alla fine dello spettacolo farà una scelta estrema ma finalizzata alla salvezza della famiglia in quanto tale, dove il figlio diventerà il capro espiatorio, la vittima predestinata che deve salvare tutti gli altri componenti della famiglia.

Teresa, dalle commedie al cinema al dramma in teatro, dove ti riconosci maggiormente?
In tutto. Quando da bambina sognavo di fare questo mestiere mi immaginavo di passare continuamente dal cinema al teatro trasformandomi da un personaggio all’altro, e questo è diventato realtà quindi non posso che provare una gioia immensa. Lo spettacolo che sto facendo mi sta piacendo tantissimo, l’ho amato fin dal primo momento nonostante mi svuoti perché ci entro dentro completamente ogni volta che lo faccio.

Parlare di camorra, Vincenzo uomo deluso e debole

Antonio, parlaci del cuore di questa storia attraverso il personaggio che interpreti, Vincenzo…
Questo è uno spettacolo che ho desiderato fortemente fare, capita raramente che io prenda parte a spettacoli scritti da altri, ma non per presunzione ma per mancanza di tempo in quanto la compagnia di cui faccio parte mi porta costantemente in giro per tutta Italia. L’imparata è uno spettacolo diverso da quelli che solitamente si vedono a teatro e soprattutto il ruolo che interpreto è molto diverso da quelli che solitamente rivesto, per questo ho desiderato prenderne parte.

Vincenzo è un personaggio bellissimo che fa parte di una storia altrettanto bella scritta da Roberto Iannucci. Ho lavorato molto sul personaggio di Vincenzo anche con il regista Felice Della Corte. Vincenzo è un personaggio pieno di paure, di dubbi, di rabbia, di violenza; è un uomo deluso, si sente abbandonato e quindi debole. La debolezza è la sua caratteristica principale ed è paradossale per un camorrista essere debole.

Antonio, sei anche regista di fortunatissimi spettacoli come “Una compagnia di pazzi”… raccontaci qualcosa dell’esperienza e dei progetti futuri in questa veste.
È da qualche anno che ho intrapreso la carriera di regista, avrei potuto farlo prima ma ho aspettato il momento giusto. Ho una compagnia di attori con la quale lavoro da più di dieci anni, con loro c’è una grandissima sintonia e ci capiamo sempre al volo, sanno perfettamente cosa voglio da regista. Una compagnia di pazzi è uno spettacolo che faccio da tanti anni con la mia compagnia, con loro abbiamo anche girato l’Italia con il fortunatissimo Minchia Signor Tenente, oltre 550 repliche.

In cantiere c’è un nuovo progetto per la prossima stagione che vede protagonista un’attrice molto conosciuta che ora non ne svelerò l’identità per scaramanzia. È la mia prima commedia d’amore perché di solito tratto di più temi sociali.

Lo spettacolo teatrale come veicolo di messaggi di valore

A entrambi, quanto ritieni che spettacoli come questo possano portare messaggi di valore? Teresa:
Questo spettacolo porta con sé un grande messaggio: quando si è inseriti in un contesto malavitoso e criminale, se ne è talmente risucchiati che il rischio è quello di commettere azioni estreme, quasi disumane. Non ci si dovrebbe nemmeno avvicinare a contesti di questo tipo, anzi non dovrebbero proprio esistere. Credo che l’autore abbia scritto questo testo proprio con l’intento di mostrare a tutti cosa è disposto a fare chi è dentro un contesto malavitoso, ecco perché parlare di camorra. Inserire la famiglia in un sistema camorristico e mafioso significa mettere tutti in una situazione di estremo pericolo, basta davvero che una pedina non faccia la mossa giusta e tutto potrebbe crollare.

Antonio:
L’imparata porta con sé un grande messaggio di valore, non per quella che è la linearità della drammaturgia perché è uno spettacolo molto duro. L’insegnamento che si cela dietro alla storia è grande: quando una persona sceglie una strada sbagliata come quella camorristica, poi alla fine la scelta errata ti si ritorce sempre contro e ne paghi le conseguenze a caro prezzo.

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