Lasciateci cantare, perché ne siamo fieri. Caro MiBACT ti scrivo…
Il mio Babbo Natale quest'anno si chiamerà MiBACT. Ci provo così, con una letterina di Natale, nella speranza che mi risponda.
Il mio Babbo Natale quest'anno si chiamerà MiBACT. Ci provo così, con una letterina di Natale, nella speranza che mi risponda.
Non sono così sicuro del fatto che quest’anno il buon vecchio Babbo Natale dalla barba bianca e dal cappello rosso sarà l’unico destinatario delle tanto care letterine. Penso piuttosto che nel 2020 ognuno avrà un proprio Babbo Natale personale a cui rivolgersi, con ogni probabilità in modo accorato più che emozionato.
Il mio Babbo Natale, per esempio, si chiamerà MiBACT. Proviamoci così. Magari a una letterina di Natale risponderà, perché per amor del vero non pare che risponda a molto altro.
Proviamoci così, proprio con un “Caro Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per il prossimo Natale mi piacerebbe tanto ricevere…” riempiendo lo spazio che segue nei tanti modi possibili, per esempio con “il contributo di mille euro che mi hai promesso a Ferragosto; oppure per cominciare mi andrebbe bene anche l’altro contributo che mi hai promesso, quei mille euro una tantum”.
Proviamoci con la trasparenza e l’innocenza dei bambini, perché pare che organizzarsi in associazioni di categoria o in movimenti nati spontaneamente non sia uno strumento così efficace. Pare che l’unione sottoscritta di oltre cinquemila lavoratori tra manager, produttori, artisti, musicisti, tecnici, consulenti, promoter, etichette discografiche, agenzie di booking, proprietari di live club e uffici stampa non sia un segnale abbastanza visibile. Pare che una piazza metropolitana riempita di bauli di produzione in sciopero forzato fatichi in fondo a non risultare poco più che una creativa e originale modalità di lamentarsi; d’altronde ce lo hanno anche detto pubblicamente, noi siamo quelli che fanno divertire, e a questo punto anche nel modo di protestare.
Caro MiBACT, quanto è difficile farti accettare il nostro status di industria; e quanto è ardua l’impresa di far presente che questa industria impiegava nel 2019 oltre quattrocentomila persone (l’uso dell’imperfetto è voluto); quanto è dura ricordarti che anche queste persone vivono con mutui, con affitti, con figli, con scuole e tasse da pagare. Forse non ci riconosci perché non ci vedi mai, visto che da sempre operiamo orgogliosamente dietro le quinte. Forse non lo sai che dietro a ogni banco audio c’è un tecnico super specializzato che lo fa funzionare, e che prima della costruzione dei palcoscenici vivono progetti ingegneristici che durano mesi. Forse non lo sai che senza il lavoro di una label discografica una canzone non potrebbe venire alla luce. Però è così, caro Ministro, cari uffici del Ministero, caro MiBACT. Noi siamo quelli che lavorano per la musica, e per il prossimo Natale non vi chiediamo altro che di riconoscerci lo status che meritiamo, ossia quello di un’industria a tutti gli effetti, garantendoci l’accesso agli ammortizzatori sociali, l’agevolazione fiscale, i contributi d’emergenza, un risarcimento delle perdite, e magari perché no, una riforma definitiva del settore.
E se proprio non potete mantenere la promessa degli indennizzi, perché magari al momento avete le mani occupate con i colleghi del cinema o delle associazioni sportive, almeno lasciateci cantare, perché ne siamo fieri. E siamo fieri perché siamo consapevoli, del nostro valore, di essere lavoratori esperti, di creare un indotto, di generare PIL, e di fare tutto questo al servizio di un bene troppo spesso sottovalutato e accantonato ma così eminentemente universale come la musica.
Abbiamo dimostrato in questi lunghi nove mesi di saper abbassare la testa e stringere i denti davanti alle disposizioni. Abbiamo anche dimostrato di poterci organizzare per gestire le folle in regime di sicurezza. E poi abbiamo dimostrato di saper aspettare ancora in silenzio. Ma ora quel tempo è finito. Le famiglie di migliaia di persone sono al tracollo e il 30% degli addetti all’industria musicale si è arreso al dover abbandonare il settore per poter sopravvivere.
Lasciateci cantare, prima di dover amaramente scoprire che il silenzio non è poi così piacevole.
A questo proposito, caro MiBACT, siccome io il silenzio non lo voglio sentire, alzo il volume sul brano nuovo di Tricarico, uscito proprio mentre scrivo: si intitola Mi Manchi Negli Occhi. Ognuno saprà in cuor suo a chi o a cosa dedicarlo.